Panama: sporchi affari di Finmeccanica e Impregilo

di David Lifodi

Il recente filo diretto instauratosi tra Italia e Panama non rende onore al nostro paese. Alla presidenza di Ricardo Martinelli, padre padrone dello stato centroamericano, originario della Lucchesia e fautore di politiche antisindacali (oltre a molte altre nefandezze), si aggiungono adesso le mega-tangenti Finmeccanica per l’acquisto di radar ed elicotteri. Per non farsi mancare niente scoviamo anche un’altra impresa italiana, leader nel settore delle grandi opere infrastrutturali, coinvolta nell’ampliamento del Canale di Panama: si tratta di Impregilo. In questo intrigo di commesse truccate, appalti regalati e diritti dei lavoratori calpestati, l’Italia non ci fa una bella figura.

Da almeno un paio d’anni i diritti civili, politici e sociali a Panama sono scomparsi. Il nostro quasi connazionale Martinelli, giunto al potere nel maggio 2009 acapo del partito di destra Acción por el Cambio, in breve tempo ha varato la Ley30, ribattezzata significativamente “Ley de Muerte” (ma anche “Ley Chorizo”), una serie di norme capestro che, inserite furbescamente all’interno di una riforma dedicata alla legislazione in materia di aviazione commerciale, vietano tra le altre cose il diritto di sciopero e negano la valutazione d’impatto ambientale sulle grandi opere in essere. Proprietario di una redditizia catena di supermercati, la Super99, Martinelli nel corso degli anni ha attaccato la stampa indipendente, autorizzato la costruzione di miniere a cielo aperto in territorio indigeno, cancellato i diritti civili. E’ in questo contesto che sono maturati gli eventi degli ultimi tempi, dall’affaire Finmeccanica allo scandalo in cui è coinvolta Impregilo. Risale a metà dicembre un articolo del quotidiano online panamense La Estrella, in cui si racconta che Finmeccanica avrebbe corrotto politici locali per ottenere commesse militari a prezzi gonfiati: l’impresa italiana avrebbe disposto di un fondo specifico, significativamente denominato “Fondo Negro”, per condurre operazioni del genere. E così l’acquisto di 19 radar e 6 elicotteri viene pagato da Panama ad un prezzo quasi quadruplo rispetto a quello effettuato da Yemen e Turchia per un numero di mezzi militari più o meno simile. Inoltre, rileva La Estrella, il contratto firmato tra Martinelli e Finmeccanica non è soggetto ad alcuna gara d’appalto, ma ancora più perplessi lascia l’accordo preso tra il presidente panamense e le filiali di Finmeccanica, tra cui Agusta, Telespazio e Selex, allora diretta da Marina Grossi, moglie dell’ex manager della stessa Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini. Su questa notizia così succulenta proveniente dall’istmo si butta Il Fatto Quotidiano, ed emerge la figura di Valter Lavitola, rifugiatosi come latitante proprio nel paese centroamericano e principale artefice della trattativa per l’acquisto di radar ed elicotteri tra Finmeccanica e Panama in qualità di consulente della stessa holding italiana. Parafrasando un fortunato slogan elettorale che ha contribuito alla sua elezione, Martinelli gestisce il paese “come un supermercato” e, nonostante le sospette tangenti sulle commesse Finmeccanica, un paese sempre più impoverito e sull’orlo costante dell’esplosione sociale, decide di aprire l’appalto per i lavori del Canale di Panama al consorzio Unidos por el Canal, che comprende l’italiana Impregilo. Contrariamente a quanto accaduto con il caso Finmeccanica, stavolta la gara d’appalto viene effettivamente svolta, ma al ribasso, tanto da lasciare con un palmo di naso la multinazionale statunitense Bechtel, impegnata nella “ricostruzione” dell’Irak grazie alle raccomandazioni della famiglia Bush. Unidos por el Canal, e di conseguenza Impregilo, sono state premiate grazie alla loro politica di forte limitazione dei diritti sindacali e al reclutamento selvaggio di operai in cerca di un lavoro in seguito agli effetti nocivi della Ley 30. Il termine dei lavori è previsto per il 2014. Ricapitolando: un presidente di origine italiana sospettato di affari loschi con Finmeccanica, appalti al ribasso per favorire Impregilo e, infine, una gestione del paese con il pugno di ferro. Qui comincia la seconda parte della storia, quella più degna e sicuramente edificante, che vede come protagonista il Frente Nacional porla Defensa de los Derechos Económicos y Sociales de Panamá (Frenadeso), un coordinamento di movimenti popolari che adesso chiede di ricostruire il paese sulla base di una nuova Costituente. Il Frenadeso, insieme al Partido Alternativa Popular (Pap), pretende che sia scritta la parola fine sui meccanismi che generano esclusione sociale e povertà per la maggior parte della popolazione panamense, ma non sarà un’impresa facile. Secondo i dati in possesso della Confederazione Sindacale Internazionale, Panama ha sempre rifiutato di riconoscere il Convenio 87 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, quello che riconosce il diritto dei lavoratori a riunirsi in organizzazioni sindacali. Conforta però la forza del Frenadeso ed il vasto movimento di opposizione alla Ley 30, composto da un’intera popolazione in resistenza contro le politiche neoliberiste adottate dal governo negli ultimi anni.

Il presidente Martinelli per adesso tace, sia per la situazione imbarazzante in cui si trova (dalla presenza di Lavitola nel suo paese agli scandali targati Finmeccanica e Impregilo) sia per una propaganda governativa così forte da sviare l’attenzione dai guai in cui si è cacciato, mentre le brutte storie legate alle due imprese italiane testimoniano una volta di più la loro opacità ed i loro traffici poco chiari.

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