Parapiglia a Ventimiglia

ovvero migranti, Caritas, vescovo, sindaci, polizia e noborders… la partita continua?

di Angelo Maddalena

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L’altro ieri sono andato a vedere cosa succedeva alla frontiera, dopo aver saputo della nottata “scombussolante” alla parrocchia di San Nicola dov’erano ospitati circa 100 migranti da due giorni, cioè da quando il vescovo Suetta aveva dato disponibilità di ospitarli nelle parrocchie di Ventimiglia e anche, in prospettiva, di allestire un campo di accoglienza negli spazi del seminario diocesano di Bordighera.

«Ma la notte no» direbbe una nota canzone, cioè quella notte fra il 30 e il 31 maggio è arrivato lo scompiglio: i poliziotti sono entrati nella parrocchia e hanno portato via 15 cosiddetti noborders, che sostengono i migranti da ormai un anno a Ventimiglia. Di quelli condotti in caserma e rimasti lì per quasi tutta la notte, 11 hanno ricevuto un foglio di via dal Comune di Ventimiglia, e almeno una di loro da tutto il territorio della provincia di Imperia, di cui Ventimiglia fa parte. Il pretesto per l’irruzione della polizia in parrocchia era che un soggetto non identificato (molto probabilmente un infiltrato, poco probabilmente un noborder) aveva preso un estintore e lo aveva spruzzato su una macchina della Croce Rossa, della serie: “non spruzzate sulla croce rossa”. Al di là di tutto, l’accanimento contro i noborders dura da diversi mesi in zona Ventimiglia e già a marzo articoli al vetriolo (su «La Stampa» come sul «Secolo» e altri quotidiani locali) attaccavano i noborders, i quali in realtà sono stati sempre in prima linea nella difesa e nel sostegno legale e materiale dei migranti. Evidentemente la semplice autogestione delle solidarietà dà fastidio, al punto che il sindaco di Ventimiglia è arrivato a emanare un’ordinanza con multe fino a 200 euro contro chi fornisce sostegno alimentare ai migranti.

La mattina del 31 maggio quindi i 100 migranti, spaventati da questa situazione (non erano stati toccati direttamente anche se si dice che qualche poliziotto li avesse minacciati di fare la stessa cosa con loro l’indomani) decidono di tentare disperatamente di raggiungere la frontiera con la Francia. Com’era prevedibile sono stati bloccati (era successo un mese fa e altre volte negli ultimi mesi) da un cordone di polizia all’Annunziata, cioè il “valico” di Ventimiglia Alta verso Menton. Lì sono rimasti fermi per alcune ore, tenendo in mano uno striscione con scritto in inglese: «Negli ultimi tre giorni 700 persone uccise dalle frontiere. Sono nostri fratelli e sorelle. Apriamo le frontiere».

Io e Sergio siamo arrivati alle 12 e 30: almeno tre furgoni della Polizia erano piazzati sul Ponte di Tenda (direzione Nizza) e altri vigili bloccavano l’ingresso alla galleria per Menton. La situazione all’Annunziata era molto delicata, rispetto a precedenti simili in cui c’erano solidali italiani ed europei, ovviamente con noborders di varia provenienza. Adesso i migranti sono da soli e allo sbando, anche a causa dei noborders “fermati” la notte precedente: si possono contare sulle dita di una mano e ovviamente stanchissimi della nottata. Ci sono giornalisti video e di carta stampata, ma appostati nella stradina che sale verso Ventimiglia Alta. C’è il direttore della Caritas di Ventimiglia e altri pochi solidali. La polizia intanto comincia ad arrivare anche da sotto, e c’è chi teme, oltre a un “effetto panino” per i solidali, due autobus pronti per deportare i migranti ormai ingabbiati in quella situazione. Loro se ne stanno chi seduto per terra chi in piedi, in un’attesa “passiva” ma decisi ad andare in Francia. Qualcuno dice che dopo aver superato il deserto, la Libia e il mare, per loro una carica della polizia è niente.

A un certo punto il direttore della Caritas e altri collaboratori arrivano con cibo per i migranti, che però lo rifiutano. Una voce dice «abbiamo fame di giustizia». Forse vogliono proporre uno sciopero della fame? Il gesto ha imbarazzato un po’ quelli della Caritas e qualcuno dei noborders ha espresso dubbi sull’efficienza e la possibile ambiguità della Caritas in questo frangente.

Poi quando si temeva una carica o una deportazione, vedendo sempre più carabinieri e poliziotti in avvicinamento, io e Sergio abbiamo provato a scendere giù per raggiungere un bar dove mangiare un panino. Tre poliziotti ci hanno fermato e ci hanno detto che non potevamo andar via se non mostravamo i documenti (molto probabilmente, col senno di poi, significava portarci in caserma con possibile foglio di via) al che io ho tirato fuori l’asso della manica o il colpo alla Roberto Baggio dicendo: «Sono un giornalista». Quindi uno di loro ha telefonato al commissariato per chiedere se potevamo passare. «Giornalista di cosa?» mi ha chiesto e io: «Per la rivista “Sette giorni” della diocesi di Piazza Armerina». Così ci siamo salvati da un possibile foglio di via! Sergio sembrava più giornalista di me perché aveva la macchina fotografica, però era più spaventato di me…perché più cosciente!

Dopo il break-panino al bar di Ventimiglia Alta, io timoroso – e consigliato da M. appostato in un punto lontano e che faceva da vedetta – avrei scelto di andar via ma Sergio mi ha proposto di tornare all’Annunziata attraversando la città Alta, appostandoci con i giornalisti (ormai immedesimato nella parte, lui!). Così abbiamo fatto e giunti al punto abbiamo ritrovato la situazione di prima. Io vedevo Maurizio, il direttore della Caritas, che faceva la spola fra i migranti e i poliziotti, quindi si sperava in un accordo o una mediazione che finalmente è arrivata verso le 15 e 30: la Caritas garantisce per i migranti e li ospita momentaneamente nei suoi spazi, quindi nessuno di loro sarà deportato o identificato.

Tornando giù alla testa del corteo, mi sono perso Sergio che si era fermato alla macchina. Fra poliziotti che ci scortavano, io che camminavo alla testa del corteo con Cristian della Caritas, lo striscione dietro di noi sostenuto da alcuni fratelli neri, il sole e il mare, mi era venuta voglia di camminare fino alla Caritas! Nel frattempo il vescovo stava trattando con il prefetto per poterli ospitare nel seminario di Bordighera. Ma Pallanca, sindaco di Bordighera, già aveva fatto sapere ai giornali la sua contrarietà, perché il “Sacro Turismo Estivo” potrebbe risentirne. Ci si mette anche il Toti di turno, governatore della Liguria, appellandosi alla “Sacra Legalità”. E poi l’inevitabile assessore leghista della regione Liguria, Sonia Viale. E’ dell’ultima ora la notizia che Pallanca vorrebbe proporre per Bordighera la stessa ordinanza di Alassio che inchioda i migranti e li caccia dai territori se non sono in grado di fornire un certificato sanitario: ordinanza che, oltre a essere impraticabile e pretestuosamente razzista, vìola alcuni articoli della Costituzione Italiana e del codice deontologico dei medici, come fanno notare quelli di Mdf, cioè Medici senza frontiere.

La partita è aperta, i perdenti per adesso sono soprattutto i noborders, oltre che, ça va sans dire, i migranti. L’accanimento contro i noborders è arrivato a toccare cime inusitate fra il 31 maggio e il 1° giugno quando i poliziotti hanno fermato T. e A. ai quali hanno dato fogli di via con queste motivazioni: «si stava dirigendo verso una corteo non autorizzato» e «perché è stato visto più volte mentre parlava con africani migranti». E’ vero che si potrà fare ricorso e vincerlo facilmente viste le motivazioni inconsistenti, ma è pur vero che tempi e costi legali dei ricorsi non sono brevi né leggeri. Tutto ciò rientra in un arraffazzonato e ridicolo “piano Alfano” che ha comportato la chiusura del Campo di accoglienza che c’era a Ventimiglia fino a un mese fa dietro la stazione e la deportazione di tutti i migranti “vaganti” a Ventimiglia e dintorni.

Due cose sono da sapere: ne sono stati spediti a Genova, Torino e in Sicilia centinaia nell’ultimo mese, compresi i 100 rispediti indietro dalla Francia, la quale gioca un ruolo parecchio imbarazzante e aspro con la politica sull’immigrazione: un Paese che ha invaso e colonizzato mezzo mondo e, forse in “coerenza” con tutto ciò, fa muso duro nei confronti di persone che provengono paradossalmente da ex colonie francesi e che vanno via anche perché gli interventi militari francesi in Libia, Mali e altri Paesi non si sa se hanno provocato più pace o più instabilità. L’altra cosa è che qualcuno di quelli deportati in Sicilia, per la precisione a Trapani, è tornato dopo poco tempo a Ventimiglia e qualcuno è anche arrivato a Parigi! Questo per dire l’inutilità di politiche dure e rigide, che servono solo a chi vuole nascondere la realtà delle cose e vendere illusioni più o meno elettorali.

Il giovane sindaco di Ventimiglia, che su «La Stampa» del 1° giugno viene dipinto come «sempre vicino ai migranti» (presente per poco tempo al presidio dell’Annunziata, noi non lo abbiamo visto) è quello che nell’ultimo mese ha sbraitato chiamando a raccolta Renzi, Alfano e gli amministratori della Regione Liguria, perché sostanzialmente incapace e inadatto a gestire la situazione, che richiederebbe un minimo di coraggio e di antiretorica, mentre lui si è spinto ad autosospendersi dal Pd perché non ha visto vicinanza da parte del partito negli ultimi mesi. Forse doveva dimettersi da sindaco, come dice qualcuno, anziché dal Pd.

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Un altro elemento importante è quello del «rifiuto» dei migranti di farsi prendere le impronte digitali, cioè farsi identificare. Sono successe cose vergognose (non più tardi di due mesi fa) da parte di poliziotti francesi che hanno “quasi torturato” con pinze ai genitali migranti che rifiutavano di farsi identificare. Per evitare che si pensi a qualcosa di “capriccioso”, chiariamo: il rifiuto dell’identificazione è dovuto anche e soprattutto al fatto che comporterebbe un vincolo internazionale, cioè l’impossibilità di fare richiesta di asilo politico in Francia o altri Paesi, perché la richiesta potrebbe essere inoltrata solo in Italia, cosa che per chi vuol fare richiesta in altri Paesi sarebbe parecchio penalizzante anche perché i tempi per il riconoscimento dello status di rifugiato politico in Italia possono essere parecchio lunghi, mesi se non anni. Adesso fra il vescovo Suetta e altri parroci che propongono accoglienza incondizionata, la Caritas che media, e i noborders che si rinforzano “da fuori” (ne arrivano a dar man forte e manifestano anche in diverse città) la partita è ancora aperta.

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L’illusione di mettere il bavaglio al vento non è da sostenere, basti annotare che da 100 che erano il 31 maggio a oggi i migranti qui sono già almeno triplicati, e non c’è piano Alfano o sindaco ottuso o amministratore leghista che tengano; anche Alfano stesso in una lettera di un po’ di giorni fa scritta a Ioculano (sindaco di Ventimiglia) diceva che in Sicilia arrivano migliaia di corpi stremati o senza vita nelle ultime settimane, e non è perché la riviera dei fiori deve garantire vacanze fruttuose ai commercianti e ai vari affaristi che ci possiamo preoccupare di 200 vite che stazionano a Ventimiglia come fossero un guaio internazionale. A maggior ragione quando pensiamo che nel Cara di Mineo, in Sicilia, quasi tremila persone vivono in un campo aperto, da dove ne scappano 100 al giorno, eppure non si sente parlare di Mineo come fosse un problema nazionale. Il turismo uccide il territorio, come altri fattori che riempiono le tasche di pochi e danno l’illusione di benessere per tutti, avvelenando e spazzando via la vita vera e la complessità della realtà. Un mondo di turisti non è possibile e neanche sostenibile, sicuramente nemmeno auspicabile. Un mondo di viaggiatori poveri e perseguitati, indifesi e comunque resistenti e fieri, come gli occhi e i sorrisi di molti fratelli africani incontrati l’altro ieri, invece è la cruda realtà, da non nascondere né dimenticare.

Una riflessione importante potrebbe essere quella che riguarda il vescovo Suetta, che aveva già mediato l’anno scorso dopo lo sgombero dei migranti dai Balzi Rossi. È un gesto che incoraggia chi vorrebbe una Chiesa più vicina ai poveri concretamente “alla Bergoglio”, senza voler mitizzare troppo il papa. Qualcuno pensa che il vescovo sia anche mediaticamente “opportunista” però bisogna riconoscere che gesti del genere sono comunque meritevoli di nota e di apprezzamento. Bisogna vedere se saprà “disobbedire” al prefetto e andare avanti fino in fondo.

LE FOTOGRAFIE sono di Sergio Campilli

Redazione
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2 commenti

  • domenico stimolo

    Uno scritto molto bello su una repressione in atto.
    Avanti, con la Costituzione in mano, costruita sul sangue dei martiri caduti per la libertà.

  • Bravo Angelo! Sei sempre nel posto giusto per difendere ciò’ che e’ giusto difendere. Ci vogliono più’ “free spirits” come te che sono la portavoce di quello che accade realmente. (il resto…solo pubblica relazioni, come diceva Orwell. Keep on trekking my friend!

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