Parole per la mia Bagdad

Una poesia di S. H. (esule in Italia). il commento di Lella Di Marco e una noticina della “bottega”

PAROLE PER LA MIA BAGDAD

Dove sei?

Dov’è quello che cerco?

Eri la mia amica fidata in ogni difficoltà

Colei che mi indicava sempre la strada da percorrere

Dov’è l’albero le cui foglie scosse dal vento accarezzavano il mio volto

 

Adesso dico

Meglio morire

Prima di sapere che la mia Bagdad è stata distrutta

E il monumento a Mausur (*) suo fondatore abbattuto

 

Adesso dico

Meglio morire

Che vedere straripare il Tigri e l’Eufrate ingrossati dal sangue del suo popolo

 

Adesso dico

Meglio morire

Che vedere la mia patria affondata nel sangue dei suoi figli

 

Adesso dico

Meglio morire

Che vedere le case dei miei fratelli e delle mie sorelle

Ridotte a cumuli di macerie ai bordi delle strade

 

Adesso dico

Meglio morire

Che assistere ad ulteriori avanzate dei soldati americani

Pronti a cambiare l’aspetto del tuo TRONO e a

Saccheggiare il tuo forziere carico di pietre preziose

Quello che in passato ti ha dato fama e riconoscimento fra tutti i popoli

 

ADESSO DICO

PERCHE’ GLI UOMINI E LE DONNE DEL MONDO

RIMANGONO INDIFFERENTI DI FRONTE ALLA DISTRUZIONE

DI UN PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE?

 

QUANDO L’ARROGANZA E LA DEBOLEZZA DEL POTERE DECIDONO CHE AMMAZZARE E DISTRUGGERE PERSONE E PAESI SIA L’UNICA SOLUZIONE PER RAFFORZARSI

di Lella Di Marco

La presenza USA nel Vicino Oriente (il cosiddetto Medio Oriente) genera terrore, instabilità, morti, reazioni terroristiche e recrudescenze integraliste, oltre ad alimentare preoccupazione per l’Europa intera. Intanto si rafforza la nostra presa di coscienza della scarsa influenza politica dell’Ue e della totale inconsistenza di mediazione politica del governo italiano.

L’irresponsabile attacco di Trump lascia senza parole… Altri iraniani e iracheni saranno costretti a lasciare il loro Paese.

La preoccupazione è di tutti/e anche in Italia. Ma il governo è sordo: per esempio è inascoltata, da mesi, la protesta di artisti e intellettuali iraniani (circa 800) che chiedono al governo italiano sostegno per agevolare i movimenti: ritardi o negazione di visti, l’ambasciata italiana in Iran insignificante e nessuna posizione politica rispetto alla negazione di ogni diritto in quel Paese. Ottima accoglienza invece viene riservata ai rappresentanti governativi iraniani, venuti in Italia in visita ufficiale: addirittura con i nudi marmorei del Quirinale coperti da veli per non turbare le “sensibilità islamiche”. Eppure, in Iran ci sono ribellioni, proteste delle donne e contrasti violenti di cui si tace con la micidiale complicità dei mezzi di informazione.

E questo anche per l’Iraq. Un Paese estremamente trasformato negli ultimi anni, con la presenza massiccia di statunitensi che gestiscono servizi e attività imprenditoriali assieme ai cinesi, mentre gli iracheni giovani emigrano.

Questi sono i racconti che ci vengono fatti da amici/amiche migranti a Bologna: incompresi dolore e solitudine, incomunicabili le lacerazioni, i lutti, le perdite.

Ogni parola appare inadeguata per esprimere lo sdegno e contrastare il degrado. Eppure chi è fuoruscito da Iran e Iraq non abbandona il campo ma cerca di lasciare segni della cultura, dei sentimenti, dei progetti. Nonostante tutto.

Per questo ho riportato le parole di S. H. – un’amica irachena, ingegnere nucleare – che nello studio, nella conoscenza e nell’impegno riconosce il senso della sua vita. Attualmente è impegnata nell’accoglienza dei profughi curdi in Iraq. Da anni assiste allo scempio delle città più significative del suo Paese. Ritengo che dalla forza di questi esuli abbiamo molto da imparare.

(*) La città tonda di Manṣūr è il nucleo originario della capitale califfale abbaside: fu edificato nella parte occidentale della vecchia Bagdad per ospitare il palazzo di al-Manṣūr.

L’IMMAGINE – ripresa da Wikipedia – E’ UNA VECCHIA MAPPA DI BAGDAD. LE FOTO (da www.dinamopress.it) SONO DI ARIANNA PAGANI.

NOTA DELLA “BOTTEGA”

I media parlano solo adesso dell’Iraq, dove però la mobilitazione popolare è grandissima (e quasi sempre pacifica) – senza distinzione confessionale o etnica – contro il sistema politico che dal 2003 ha alimentato le divisioni su base confessionale. Ma tutto è oscurato ai nostri sguardi dai media internazionali nonostante quasi 500 morti e 20mila feriti, senza contare attivisti/e, avvocati, difensori per i diritti umani che vengono uccisi, minacciati e costretti alla fuga dalle “forze di sicurezza”. Come racconta Sara Manisera qui: www.dinamopress.it/news/ne-gli-usa-ne-liran-accanto-ai-cittadini-irachen/?fbclid=IwAR2hK9wVJ_ZF4v7H6xEGxgO2w8QG608ay01Tt5pHh5PwOwujMSZ8N2flokU

 

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