Pena di morte: Arabia Saudita e Texas

Due articoli ripresi dal “Foglio di Collegamento” del Comitato Paul Rougeau (a seguire il sommario del numero 254) e una segnazione per la nuova edizione del libro «Il tritacarne»

Il principe ereditario Mohammed bin Salman, l’uomo più potente dell’Arabia Saudita

BIN SALMAN VUOLE VENDICARE KHASHOGGI, MA È STATO LUI AD UCCIDERLO

Il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman, di fatto la massima autorità del Paese, ha ordinato l’uccisione del noto giornalista Jamal Khashoggi, suo avversario politico, e ha tentato in tutti i modi di far ricadere la colpa dell’omicidio su altri chiedendo per loro la pena di morte

ll 15 novembre Saud al-Mojeb, pubblico ministero in Arabia Saudita, ha dichiarato in conferenza stampa a Riyadh di aver incriminato 11 dei 21 sospettati dell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi avvenuto il 2 ottobre all’interno del consolato saudita ad Istanbul. Per 5 dei quali chiede la pena di morte. Khashoggi, saudita, era entrato nel consolato, temendo per la propria incolumità, per chiedere il nulla osta per sposarsi con la sua fidanzata turca Hatice Cengiz (1)

Saud al-Mojeb ha dichiarato che “il generale Ahmed al-Assiri, ex vice capo dell’intelligence saudita, aveva solo ordinato a una squadra di 15 uomini in missione ad Istanbul di costringere Khashoggi a tornare in Arabia Saudita”.

La squadra è stata divisa in tre gruppi: un gruppo di negoziatori, un gruppo di intelligence e un gruppo di logistica” ha aggiunto.

Sarebbe stato il capo della squadra dei negoziatori a ordinare l’omicidio del giornalista del Washington Post.

Il 17 novembre la Cia è arrivata a una conclusione che smentisce il governo di Riad e mette in imbarazzo il presidente Trump fortemente legato al governo saudita: a ordinare l’uccisione di Jamal Khashoggi nel consolato di Riad a Istanbul è stato proprio il principe ereditario Mohammed bin Salman (di fatto la massima autorità nel Paese). Lo scrive il Washington Post. La valutazione dell’agenzia di intelligence Usa è la più autorevole tra quelle che legano il principe Salman al delitto e complica gli sforzi dell’amministrazione Trump di salvare le relazioni con il suo stretto alleato in Medio Oriente. 

Donald Trump, consapevole delle critiche che piovono sugli Stati Uniti, assicura di aspettarsi che si giunga alla verità e che il segretario di Stato Mike Pompeo gli fornirà un rapporto completo al suo ritorno dagli incontri avuti in Arabia Saudita e in Turchia. Il Washington Post, giornale per il quale Khashoggi scriveva, lo accusa di compiere un’ “operazione di ripulitura diplomatica” per coprire Mohammed bin Salman.

(1) Vedi n. 253

GARCIA NON UCCISE IL POLIZIOTTO, MA IL TEXAS LO HA UCCISO

In Texas si può essere condannati a morte per omicidio anche se non si è ucciso nessuno

Un membro della famigerata banda “dei 7 del Texas” è stato ‘giustiziato’ il 4 dicembre.

Il 47-enne Joseph Garcia ha ricevuto l’iniezione letale nella camera della morte situata nel vecchio carcere texano di Huntsville. Era stato condannato alla pena capitale in seguito all’uccisione di Aubrey Hawkins, un poliziotto di 29 anni, avvenuta la vigilia di Natale del 2000.

Era stato condannato in base all’ingiusta Law of Parties (legge sulle complicità) vigente in Texas (1) secondo la quale chi partecipa a un’azione delittuosa compiuta da più persone può essere ritenuto responsabile dei reati compiuti dai complici.

Il direttore del carcere gli ha chiesto se avesse un’ultima dichiarazione da fare e Garcia ha risposto: “Sì, signore”.

“Caro Padre celeste, ti prego di perdonarli, perché non sanno quello che fanno” ha cominciato Garcia.

Si è fermato quindi per circa un minuto, mentre il rombo delle motociclette guidate da un gruppo di motociclisti sostenitori della polizia poteva essere udito all’interno della camera della morte.

“Per alcuni di voi…” ha detto Garcia, fermandosi di nuovo quando l’iniezione di pentobarbitale era già iniziata.

“Hanno già cominciato e non ho ancora finito” ha esclamato. 

Josef ha boccheggiato 3 volte e russato due volte prima che ogni movimento si fermasse. È stato dichiarato morto alle 18 e 43.

Dopo l’esecuzione, Toby Shook, accusatore nel processo contro Joseph Garcia, ha dichiarato che, non potendosi stabilire quale pistola fosse stata utilizzata per sparare ad Hawkins, i detenuti sono stati considerati come gruppo organizzato che ha agito insieme per commettere la rapina e l’ omicidio. Shook ha detto che il caso di Garcia è un chiaro esempio del perché la legge sulle complicità sia in alcuni casi necessaria.

La vicenda che ha portato all’esecuzione di Garcia cominciò mentre lui stava scontando una condanna a 50 anni per un omicidio (che lui sosteneva di aver commesso per legittima difesa) in un carcere di massima sicurezza nei pressi di San Antonio e decise di partecipare a un’evasione di massa che avvenne il 13 dicembre del 2000. Lui e altri 6 detenuti presero alcuni ostaggi, irruppero nell’armeria della prigione, si armarono e fuggirono a bordo di un furgone del carcere. Dopo aver commesso due rapine nei pressi di Houston, si diressero verso Dallas sfuggendo a una massiccia caccia all’uomo condotta con elicotteri e cani.

Il 24 dicembre, dopo una rapina compiuta in un negozio, furono affrontati dal poliziotto Aubrey Hawkins. Iniziò una sparatoria fra il poliziotto e i complici. Hawkins fu colpito 11 volte e trascinato per alcuni metri da un SUV mentre gli evasi fuggivano in preda al panico.

Per la cattura dei 7 fuggitivi fu promessa una taglia milionaria. Gli evasi furono infine catturati in un parcheggio di caravan in Colorado in cui vivevano dicendosi pellegrini cristiani. In realtà di evasi ne furono catturati 6, perché uno di loro si uccise per evitare la cattura. I 6 arrestati sono stati tutti condannati a morte. Anche Joseph Garcia che probabilmente non aveva sparato al poliziotto.

Dei 6 condannati a morte, 4 sono già stati uccisi. All’esecuzione di Garcia seguirà quella del complice Patrick Murphy già programmata per il prossimo 28 marzo.

(1) Ricordiamo che il texano Kenneth Elyasi Foster Jr., un condannato a morte da noi adottato, fu processato in base alla Law of Parties per essere stato alla guida di un’auto da cui scese un compagno che uccise un automobilista dopo un tentativo di rapina e un alterco. Kenneth arrivò a poche ore dall’esecuzione il 30 agosto 2007 quando fu graziato dal governatore Rick Perry (unica grazia concessa liberamente di propria iniziativa da Perry). Vedi numero 152.

NUOVA EDIZIONE DE “IL TRITACARNE” A VENT’ANNI DALLA SUA USCITA (*)

Recensione di Antonio Landino

Nel 2009 mi occupai della recensione del secondo libro di Karl Louis Guillen (un detenuto che, in Arizona, era in attesa di una probabile sentenza definitiva, quella finale ed irrimediabile): “Il sangue d’altri” e “Arma di controllo” integrati insieme formavano il libro uscito in Italia.

Sì, stiamo parlando d’America e di pena di morte. Allora intitolai la recensione “L’uomo che non c’è” (1) poiché l’Autore trasmetteva da un altro universo, a spizzichi e bocconi (ma in maniera terribilmente esaustiva, lucida e coinvolgente) tutto quello che riusciva a far filtrare attraverso quella spugnosa e massificante attesa che accomuna uomini e cose e che di notte si nasconde, pudica ed accogliente come “la vergine di Norimberga” sotto una coperta a stelle e strisce sempre più corta. E allora? O ti copri la faccia o ti copri il sedere.

Karl non ha mai fatto nessuna delle due cose, durante tutta la sua carcerazione. Ed il suo messaggio viene diffuso ancora, in modo vivido e attuale, nell’attuale seconda edizione de “Il tritacarne”. Coi suoi odori e rumori che ci fa ri-convivere a occhi aperti in modo intenso e coinvolgente, altre volte come una cronaca tesa, cupa, spesso claustrofobica. Rituali imposti, soprusi, vessazioni, con tutto un umiliante corollario che ci lascia soltanto immaginare l’irriferibile, comparato al sottobosco emozionale, ai rimpianti e i sospiri. Decisamente una delle migliori esposizioni orrorifiche mai così prima a portata di sdegno, persino per chi – come noi – da anni se ne occupa… ma, una volta tanto, se ne può parlare in altra maniera.

Da qualche tempo Karl è fuori (2), con 20 anni di galera espiata sul groppone, alquanto ammaccato e con qualche souvenir indelebile dentro e addosso, ma ancora con parecchio da dire e da dare in questa sua seconda vita. La nuova edizione de “Il tritacarne” contiene qualche nuova nota iniziale con la presentazione di Riccardo Noury (portavoce di Amnesty International). La vecchia prefazione di Massimo Carlotto non sgramma neanche adesso e i tipi di Multimage si difendono bene e hanno ancora voglia di ripetersi.

Gli States hanno fatto pagare a Karl un conto salatissimo per qualcosa a cui era estraneo, e lo hanno isolato dal resto del mondo; affetti, speranze, progetti, tutto separato da una cella lasciata fuori dalle sbarre, lui lasciato marcire a incubare pensieri ora tetri ora slegati. Ma ora Karl è fuori. E non chiede nessuna rivalsa, perché non ha ottenuto lo scontrino per ciò che gli hanno fatto arbitrariamente pagare… e neanche di essere rimborsato per il Tempo che gli hanno rubato. Il suo “conto” da presentare non è un risarcimento in denaro ma sono le sue pagine, i momenti, lo spartire le privazioni… e lo presenta a tutti, lo illustra e lo perora nell’unico modo che ormai conosce, che ha dovuto imparare sulla sua pelle per salvarsela. E che lo ha portato a non essere più “L’uomo che non c’è”. Adesso si batte anche per quelli che ha lasciato dietro le sbarre. Potevamo essere noi. Forse siamo noi.

Un bentornato, quindi, a Karl. Col suo strascicante bagaglio emozionale, con la sua voglia sempre evolutiva, col suo amore negato e la sua fedele testardaggine di rinascita. Le allegorie sono migliori della coperta corta, ogni giorno che ci si sveglia sotto il cielo. E lui si sveglia… e ci sveglia, con addosso un futuro già presente. Grazie, Karl, per questo dono che hai deciso di farci. Hai reso la nostra vita più libera semplicemente sopravvivendo.

(1) V. n. 173

(2) Dopo la sua liberazione Karl Guillen preferisce vivere in Italia, paese in cui spesso tiene conferenze in cui denuncia il sistema che ha tentato di stritolarlo riuscendoci solo in parte (v. n. 222).

(*) Potete acquistare Il tritacarne in libreria o chiedendolo a noi all’indirizzo e-mail prougeau@tiscali.it (ve lo diamo scontato al prezzo di 10 euro mentre il suo prezzo di copertina è di 12 euro).

PRESENTAZIONE DEL NUMERO 254 (il sommario è riportato sotto).

Si tratta di un numero particolarmente ampio che riguarda gli avvenimenti di nostro interesse accaduti nell’arco di due mesi: novembre e dicembre.

Di avvenimenti di nostro interesse brutti o raccapriccianti ne sono successi parecchi: la cottura sulla sedia elettrica del Tennessee di David Earl Miller, l’uccisione del valoroso giornalista saudita Jamal Khashoggi, proditoriamente sequestrato e fatto a pezzi per ordine del principe ereditario Mohammed bin Salman. O il tentativo di introdurre la pena di morte per i crimini ordinari in Israele, Paese che fino ad ora, ricordando le tragedie provocate dal nazismo, si era astenuto dal farlo…

Ma apriamo il numero parlando della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani proclamata 70 anni fa gettando una luce sul mondo appena uscito dal flagello della Seconda Guerra Mondiale. Un documento che, se recepito nella lettera e nello spirito, farebbe scomparire dalla faccia della Terra le più gravi tragedie provocate dagli uomini.

Leggendo il verbale della nostra Assemblea tenutasi a Roma il 1° dicembre, capirete che abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, anche finanziario, per portare avanti le nostre iniziative. Lavorano per il Comitato solo soci che lo fanno a titolo completamente gratuito, ma le spese ci sono… Non vi abbiamo mandato, come fanno tutte e le associazioni, un massaggio sotto Natale per chiedere soldi. Ma se condividete quello che facciamo, pagate la quota sociale o magari, di tanto in tanto, mandateci qualche soldino.

Cordiali saluti e auguri per il 2019!

Giuseppe Lodoli per il Comitato Paul Rougeau

SOMMARIO

Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Messo a morte in Texas il messicano Roberto Moreno Ramos

Garcia non uccise il poliziotto, ma il Texas lo ha ucciso

Sulla sedia elettrica del Tennessee dopo 36 anni dalla condanna

Il forcaiolo Donald Trump contestato in Pennsylvania

Bin Salman vuole vendicare Khashoggi, ma è stato lui ad ucciderlo

Diminuzione delle condanne capitali e delle esecuzioni in Texas

Tommy Zeigler, nel braccio della morte della Florida da 42 anni

Esecuzioni in Bielorussia, unico stato europeo mantenitore

Pena di morte per i cittadini palestinesi in Israele?

Impiccata in Iran la giovane Sharareh

La Malaysia sta per abolire la pena di morte

Amnesty sostanzialmente ottimista dopo il voto per la moratoria

Dal verbale dell’assemblea del Comitato Rougeau (1°/12/2018)

Nuova edizione de “Il Tritacarne” a 20 anni dall’uscita 17

Notiziario: Arabia Saudita, Florida, Iran, Pakistan, Zambia, Zimbabwe

I numeri arretrati del Foglio di Collegamento, cui si collegano gli articoli pubblicati in seguito, si trovano nel nostro sito, vedi: www.comitatopaulrougeau.org/fogli-di-collegamento-precedenti

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 dicembre 2018

AIUTIAMOCI A TROVARE NUOVI ADERENTI

E’ di vitale importanza per il Comitato potersi giovare dell’entusiasmo e delle risorse personali di nuovi aderenti. Pertanto facciamo affidamento sui nostri soci pregandoli di trovare altre persone sensibili alla problematica della pena di morte disposte ad iscriversi alla nostra associazione.

Se ogni socio riuscisse ad ottenere l’iscrizione di un’altra persona, l’efficacia della nostra azione aumenterebbe enormemente !

ISTRUZIONI PER ISCRIVERSI AL COMITATO PAUL ROUGEAU

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Le quote associative annuali sono le seguenti:

Socio Ordinario € 35

Socio Sostenitore € 70

Per ricevere il Foglio di Collegamento su carta, aggiungere all’anno € 18

L’edizione e-mail del Foglio di Collegamento è gratuita, chiedila a: prougeau@tiscali.it

Versa la quota associativa sul ccp 45648003 intestato al Comitato Paul Rougeau (viale Pubblico Passeggio 46, 29100 Piacenza – IBAN: IT31Q0760112600000045648003) specificando la causale.

Redazione
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