Pena di morte: storie da Egitto, Iran e Usa

quattro testi ripresi dal «Foglio di collegamento interno» del COMITATO PAUL ROUGEAU (252, settembre 2018); a seguire la presentazione e il sommario del nuovo numero

Zeinab Sekaanvand impiccata in Iran

 

IN UN PROCESSO DI MASSA IN EGITTO EMESSE 75 SENTENZE CAPITALI

Dopo il colpo di stato compiuto in Egitto dal generale Abd al-Fattah al-Sisi il 3 luglio 2013 vengono emesse a raffica sentenze capitali contro gli oppositori dell’attuale regime.

L’8 settembre sono state condannate a morte 75 persone che presero parte alle manifestazioni di protesta indette dalla Fratellanza Musulmana contro il governo egiziano del generale Abd al-Fattah al-Sisi il 14 agosto 2013 in due piazze del Cairo, piazza Rabaa al-Adawiya e piazza al-Nahda.

Le manifestazioni erano illegali perché – dopo il colpo di stato militare del 3 luglio 2013 del generale al-Sisi contro il governo eletto di Mohamed Morsi – la Fratellanza Musulmana era stata posta fuori legge.

Le manifestazioni furono represse nel sangue: 900 manifestanti furono uccisi dalle forze di sicurezza egiziane.

L’accusa durante il processo ha sostenuto che furono uccise dai manifestanti 17 persone, tra le quali 7 poliziotti.

Oltre alle 75 condanne capitali, sono stati inflitti 47 ergastoli e pesanti pene detentive a 612 persone per reati quali l’omicidio, la partecipazione a manifestazioni non autorizzate, l’incitamento a violare la legge e la partecipazione ad atti violenti.

Najia Bounaim, responsabile di Amnesty International per l’Africa del Nord, ha dichiarato: «Tali sentenze sono state emesse in un disgraziato processo di massa contro più di 700 persone, noi deploriamo la sentenza di oggi nei termini più duri. La pena di morte non deve essere contemplata in nessuna circostanza. Il fatto che a nessun poliziotto sia stato chiesto di render conto dell’uccisione di almeno 900 partecipanti alle proteste tenutesi nelle piazze Rabaa e Nahda mostra la giustizia farsa di questi processi. Le autorità egiziane devono vergognarsi. Chiediamo un nuovo processo in una corte imparziale con il pieno rispetto del diritto ad un processo equo, senza ricorso alla pena di morte […]»

Anche da Michelle Bachelet, Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani, è giunta una ferma condanna delle autorità egiziane. La Bachelet ha espresso la sua «estrema preoccupazione» per la sentenza che, se verrà eseguita, produrrà «una immensa e irreversibile violazione della giustizia».

«La conduzione del processo presso la Corte Penale del Cairo è stata largamente criticata» ha dichiarato Michelle Bachelet. «E giustamente. 739 persone sono state processate in massa, e non è stata consentita alcuna assistenza legale individuale. Per di più, agli accusati non è stato dato modo di presentare prove a difesa, e l’accusa non ha prodotto prove sufficienti della colpevolezza individuale. La evidente inosservanza dei diritti basilari degli accusati mette in forte dubbio la colpevolezza dei condannati. Speriamo che la Corte d’Appello egiziana voglia rivedere e annullare questa sentenza per assicurare che gli standard internazionali di giustizia vengano rispettati».

Notiamo che non si tratta dell’unico processo di massa celebrato in Egitto contro gli oppositori dell’attuale regime. Ve ne sono stati altri come il processo conclusosi il 24 marzo 2014 con 529 condanne a morte di oppositori che manifestarono un anno prima nella città di Minya (1).

Aggiungiamo che il 24 settembre la Corte di Cassazione egiziana ha confermato 115 pene detentive e 20 condanne a morte inflitte in precedenza ad appartenenti alla Fratellanza Musulmana. I condannati compirono un sanguinoso attacco contro una caserma della polizia nel distretto di Kerdasa un mese dopo la rimozione di Morsi. Per tale evento, nel 2014, furono in prima istanza condannate a morte 188 persone.

Rispetto alle numerosissime condanne a morte pronunciate dopo la caduta di Morsi sono state relativamente poche quelle eseguite fino ad ora: 32. I detenuti hanno superato le 60 mila unità, tra di essi vi è lo stesso Mohamed Morsi che dovrà passare decenni in galera.

(1) vedi numero 213

 

IMPICCATA IN IRAN ZEINAB SEKAANVAND

Riportiamo il breve comunicato di Amnesty International del 2 ottobre in cui si annuncia l’esecuzione di Zeinab Sekaanvand, una giovane iraniana accusata di aver ucciso – quando era ancora minorenne – il marito violento. L’esecuzione di Zeinab ha suscitato sdegno in tutto il mondo e anche numerosi media italiani ne hanno parlato. Scorgiamo qualche analogia tra il caso di Zeinab e quello di Noura Hussein che fortunatamente si è salvata dal capestro in Sudan (vedi numeri 249 e 250).

Iran: messa a morte donna accusata di aver ucciso il marito sposato a 15 anni

Zeinab Sekaanvand, una curda iraniana di 24 anni, è stata messa a morte nella città di Urmia all’alba del 2 ottobre. Era stata arrestata nel 2011, appena diciassettenne, per l’omicidio del marito che era stata costretta a sposare all’età di 15 anni.

Non solo Zeinab era minorenne al momento del reato, ma il suo processo era stato gravemente irregolare. Aveva avuto assistenza legale solo nelle fasi finali del procedimento, nel 2014, quando aveva ritrattato la confessione, resa a suo dire dopo che agenti di polizia l’avevano picchiata su ogni parte del corpo.

Il 29 settembre la donna era stata trasferita nel reparto ospedaliero della prigione di Urmia per essere sottoposta a un test di gravidanza, risultato negativo il giorno dopo. Di conseguenza, la direzione della prigione aveva contattato la famiglia per segnalare che l’ultima visita era stata fissata per il 1° ottobre. Qui, i suoi parenti avevano appreso che l’esecuzione sarebbe avvenuta il giorno dopo.

L’Iran è rimasto l’unico Paese al mondo a mettere a morte minorenni al momento del reato. Dal 2005 vi sono state circa 90 esecuzioni del genere, di cui almeno cinque nel 2018. Nei bracci della morte del Paese restano in attesa dell’esecuzione almeno altri 80 minorenni al momento del reato.

 

È MORTO CLARENCE BRANDLEY EX CONDANNATO A MORTE IN TEXAS

Il nero Clarence Brandley fu riconosciuto innocente e liberato dal braccio della morte del Texas, dopo aver sfiorato l’esecuzione. Ora è morto di malattia in ospedale… guadagnando 30 anni di vita.

Il Texas però non ha fatto in tempo a concedergli un indennizzo per l’ingiusta condanna del 1981.

Clarence Brandley fu condannato a morte in Texas nel 1981 dopo essere stato accusato dello stupro e dell’uccisione della studentessa 16-enne Cheryl Fergeson avvenuta nel 1980.

Tra i 5 bidelli sospettati dell’uccisione della Fergeson, solo Brandley era nero. Ciò bastò a concentrare i sospetti su di lui. «Dal momento che tu sei un negro, sei stato scelto tu» disse una guardia a Brandley. Dopo che un primo processo fu annullato, in un secondo processo Clarence Brandley fu condannato a morte da una giuria composta solo da bianchi.

Negli oltre nove anni passati nel braccio della morte, una volta il condannato giunse vicino all’esecuzione, sospesa con qualche giorno di anticipo sulla data stabilita.

Cadute tutte le prove a carico, anche per merito dei suoi avvocati e dei suoi sostenitori, Clarence Brandley fu messo in libertà nel 1990, diventando così il terzo condannato a morte ad uscire vivo dall’affollato braccio della morte del Texas.

Egli trovò una sistemazione, fondò una chiesa, fece vari lavoretti e… invecchiò.

Il 2 settembre scorso, Clarence Brandley è morto di morte naturale ricoverato in ospedale per una polmonite. Aveva 66 anni. Possiamo dire che ha guadagnato 30 anni di vita.

Ma per il Texas è morto troppo presto, prima che si concludesse l’iter, cominciato alcuni mesi fa, per riconoscerlo ufficialmente innocente e corrispondergli un indennizzo in denaro.

«La sua fu una delle prime esonerazioni» ha detto Robert Dunham, direttore del Death Penalty Information Center: «Si era nel momento in cui cominciava ad esser chiaro che se c’è la pena di morte vi è un rischio significativo di mandare degli innocenti nel braccio della morte».

La vicenda di Clarence Brandley ebbe una certa risonanza, ad essa si ispirarono un libro e un film. Il clamore intorno al suo caso aiutò a gettare luce sul problema delle condanne capitali errate.

ATTIVISSIMO  GRAVES  USCITO DAL BRACCIO DELLA MORTE DEL TEXAS

Anthony Graves, condannato a morte in Texas, riconosciuto innocente e liberato nel 2010, è diventato un infaticabile attivista per la riforma del sistema giudiziario. A differenza di Clarence Brandley ha avuto un congruo indennizzo dallo Stato per la sua ingiusta condanna: 1.400.000 dollari.

Clarence Brandley, di cui all’articolo precedente, fu il 3° condannato ad uscire vivo dal braccio della morte del Texas. A oggi gli esonerati dal braccio della morte del Texas sono in tutto 13. Il 12° esonerato, forse il più fortunato, fu Anthony Graves che fu liberato nel 2010 (1).

Graves è stato carcerato per 18 anni (6.640 giorni) per 12 dei quali nel braccio della morte.

Ora Graves tiene conferenze sulla pena capitale e sulla propria vicenda personale. Il 12 settembre è andato a parlare in un’università di San Antonio nel Texas (University of the Incarnate Word).

Roger Barnes, professore di sociologia in detta università, gli ha domandato «come hai fatto a sopravvivere ad un simile calvario?» riferendosi alla detenzione in isolamento, alla disperazione e alla depressione cui sono soggetti i condannati a morte.

Anthony Graves non solo è sopravvissuto al suo calvario ma è addirittura diventato un attivista per la riforma del sistema giudiziario. Ha anche scritto un libro di memorie, uscito all’inizio di quest’anno con il titolo Infinite hope (Speranza infinita) e il sottotitolo: How Wrongful Conviction, Solitary Confinement, and 12 Years on Death Row Failed to Kill My Soul («Come una condanna errata, la detenzione in isolamento e 12 anni nel braccio della morte non sono riusciti ad uccidere la mia anima»).

Graves dice che dopo il suo arresto, per un po’ di giorni per lui fu come vivere al rallentatore. «Era una cosa surreale ma si dimostrò una cosa che sapevo affrontare».

«Divenni cosciente del fatto che potevo farcela, che potevo uscire di lì e combattere per ottenere un migliore sistema di giustizia penale, in modo che in futuro non ci fossero più Anthony Graves».

Graves combatte contro un sistema di giustizia penale che ritiene sia diventato «il peggiore criminale nel nostro Paese» e che lo ha fatto molto soffrire.

A un certo momento nel 2000 erano stati assegnati al suo caso due avvocati d’ufficio ed era stata fissata per lui la data dell’esecuzione. In quei giorni – ha scritto in Infinite hope, – era come se «la pistola proverbiale fosse stata puntata alla mia testa. Ma non era come nel proverbio, quello che mi accadeva era molto reale e disgustoso… tutto quello che potevo udire era una voce che diceva: Anthony Graves, hai un appuntamento con la morte in Texas».

Quando finalmente emersero le prove che esonerarono Graves, ed egli fu liberato, il suo accusatore Cherles Sebasta fu giudicato reo di numerosi atti di scorrettezza procedurale, avendo alterato le prove, fuorviato i giurati e sollecitato false testimonianze. (2)

Occorre dire che, a differenza di Clarence Brandley, Anthony Graves ha ottenuto un risarcimento dallo Stato del Texas, pari a 1,4 milioni di dollari.

(1) Sulla vicenda di Anthony Graves v. numero 189 nonché 98, 100, 122, 144, 173, 184, 190.

(2) Cherles Sebasta nel 2015, dopo essere andato in pensione, è stato espulso dall’Ordine degli avvocati del Texas per le scorrettezze commesse (vedi n. 222: nel “Notiziario”)

PRESENTAZIONE DEL NUMERO 252 DEL «FOGLIO DI COLLEGAMENTO»

In questo numero si parla molto del Texas, Stato in cui la pena di morte imperversa ma nel quale si verifica anche qualche evento positivo, come il riconoscimento dell’innocenza di un condannato alla pena capitale e anche, addirittura, la corresponsione di un indennizzo a chi è stato ingiustamente condannato.

Se la pena di morte persiste negli Stati Uniti d’America, unico Paese dell’Occidente che la conserva, essa compie estesissimi orrori e ingiustizie in Paesi musulmani che a stento possiamo definire civili, a cominciare dall’Iran, dall’Iraq e dall’Egitto.

Parliamo di grandi Paesi come gli Stati Uniti e il Giappone ma anche, in senso positivo, di un piccolissimo Stato che, dalle Nazioni Unite, si affaccia sul mondo: il Vaticano.

Scorrete questo Foglio di Collegamento che contiene questo ed altro e, mi raccomando, rimaneteci sempre vicini.

Giuseppe Lodoli per il Comitato Paul Rougeau

PS. Il giorno 9 ottobre – dopo la chiusura di questo numero – abbiamo appreso che il repubblicano Brett Kavanaugh, scelto dal presidente Trump per far parte della Corte Suprema USA, è stato confermato dal Senato, sia pure con una votazione a strettissima maggioranza (una cosa del genere non si è mai verificata dopo il 1881). Nel prossimo numero parleremo di tale evento che potrebbe avere conseguenze molto negative per quanto riguarda la pena di morte.

S O M M A R I O

1 ) 26 settembre: il Texas uccide Troy Clark                   

2 ) 27 settembre: il Texas uccide Daniel Acker                     

3 ) È morto Clarence Brandley ex condannato a morte in Texas      

4 ) Attivissimo Graves uscito dal braccio della morte del Texas       

5 ) Sununu vanifica ancora una volta l’abolizione in New Hampshire  

6 ) Matrimonio nel braccio della morte dell’Oklahoma                      

7 ) L’esecuzione di Billy Irick in Tennessee è stata una tortura       

8 ) In un processo di massa in Egitto emesse 75 sentenze capitali    

9 ) Condannato a morte in Iraq il vice capo dell’ISIS                

10) Impiccata in Iran Zeinab Sekaanvand                   

11) Impiccato in Iran Ahmadnejad prigioniero politico curdo      

12) Pena di morte: una punizione largamente accettata in Giappone         

13) Assemblea Generale dell’ONU: il Vaticano chiede l’abolizione        

14) Aung San Suu Kyi indegna del Premio Nobel per la pace      

15) Notiziario: Egitto, Filippine, Florida, Indiana, Pakistan      

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Giuseppe Lodoli
Ex insegnante di fisica (senza educazione). Presidente del Comitato Paul Rougeau per il sostegno dei condannati a morte degli Stati Uniti.
Lavora in una scuola di Italiano per stranieri di Sabaudia (LT) (piu' che altro come bidello).

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