Per Antonietta Giacomelli

di Eleonora Cirant (*)

Scrittrice, attivista del movimento democratico cristiano, Antonietta Giacomelli nacque a Treviso nel 1857 e morì a Rovereto il 9 dicembre 1949. Partecipò alla stagione intensa della prima ondata del femminismo italiano, che si sviluppò fra l’ultimo decennio dell’800 e la prima guerra mondiale.

È in questo periodo che donne diverse per estrazione sociale e per cultura politica danno vita alle prime organizzazioni volte all’emancipazione delle donne. Si tratta di un femminismo trans-nazionale, realizzato attraverso una fitta rete di amicizie, di pratiche, di scambi, di contaminazioni. Anche in Italia operaie, borghesi e aristocratiche, socialiste, liberali e cattoliche si incontrano e si scontrano organizzando convegni, servizi di assistenza, comitati, giornali. Il lavoro da fare è immenso, il sistema del dominio maschile intatto e codificato per legge.

Antonietta Giacomelli riceve dalla famiglia d’origine una formazione che unisce al cristianesimo l’eredità mazziniana, una miscela di fede, aspirazione alla giustizia e spirito critico. Un anticonformismo dunque che le procurerà l’ostracismo della Chiesa cattolica (1).

È sulla sua attività di femminista che ci soffermeremo brevemente. A inizio Novecento la vediamo infatti impegnata nel Comitato contro la tratta delle bianche, importante organizzazione laica con sedi a Milano e Roma che ha lo scopo di analizzare il fenomeno della prostituzione e di contrastarlo attraverso opere concrete (ricoveri, inchieste, collaborazione con la polizia, intercettazione delle donne immigrate, formazione e istruzione per le giovani che intendono sottrarsi al lavoro sessuale, assistenza sociale, controllo del mercato del lavoro domestico, petizioni e proposte di legge). Per la prima volta nella storia, la prostituzione non è letta come una colpa delle donne ma come l’effetto della loro sottomissione e mancanza di autonomia economica.

E’ in questo ambiente che Antonietta stringe amicizia con Ersilia Bronzini Majno, di formazione socialista, fra le promotrici dell’Unione femminile nazionale, fondata a Milano nel 1899. Amicizia duratura, descritta da Roberta Fossati in un saggio contenuto in un prezioso volume collettivo curato da Emma Scaramuzza (2). Le lettere di Antonietta all’amica sono conservate presso gli archivi storici dell’Unione femminile nazionale, a Milano (https://unionefemminile.it/archivi/fondo-famiglia-majno/).

Ed è in quest’ambito di attività che la incontriamo come relatrice al Primo congresso nazionale delle donne italiane che si svolge a Roma nel 1908, dove tiene un intervento sul tema del «trattamento delle minorenni pericolanti o pericolate».

Pochi giorni dopo il Congresso di Roma, Antonietta Giacomelli partecipa a quello organizzato a Milano dall’Unione femminile: il Primo congresso nazionale di attività pratica femminile, che potremmo definire più “politico” di quello romano. Qui, sottolinea Graziella Gaballo, «furono trattati temi facenti parte di un “programma massimo” e venne  modulata la dimensione sociale e lavorativa della donna, considerata nei suoi diversi momenti: famiglia, istituzioni, pubblici uffici, impieghi, professioni. In particolare, si chiese l’abolizione di tutte le incapacità civili gravanti sulle donne» (3). In questa sede Antonietta Giacomelli presenta una relazione su «La donna nella famiglia».

Quello sul divorzio è uno dei temi di maggior conflitto all’interno del movimento, con una parte impegnata a reclamarlo e una parte contraria. Fra queste ultime la Giacomelli, che nel congresso milanese presenta un ordine del giorno opposto a quello della socialista Linda Malnati. Tali divergenze, scrive Gaballo, non provocano lacerazioni o spaccature ma sono «registrate come orientamenti diversi su un problema morale» (3). Le molte critiche che Antonietta Giacomelli riceve da parte cattolica per aver partecipato al convegno milanese non la scalfiscono minimamente. 

E’ invece la prima guerra mondiale a lacerare il movimento. L’instaurarsi dei regimi totalitari in tutta Europa darà poi il colpo di grazia. Ma – come scrive Fossati – «la rete capillare del movimento emancipazionista trovò il modo di preservarsi anche oltre il primo decennio del Novecento mantenendo vivo il lavoro sociale, considerato uno dei nuovi doveri delle donne. La filantropia razionale e modernizzata entrava come elemento fondamentale del progetto di piena cittadinanza femminile, che continuò a considerarla trasversale alle diverse appartenenze religiose e politiche» (2).

(*) Eleonora Cirant è documentalista all’Unione femminile nazionale

(1) http://www.treccani.it/enciclopedia/antonietta-giacomelli_%28Dizionario-Biografico%29/

(2) Roberta Fossati, Attiviste sociali di primo Novecento: un mondo coeso?, in: Emma Scaramuzza (a cura di), Politica e amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915), Franco Angeli, 2010

(3) Graziella Gaballo, Il nostro dovere. L’Unione femminile tra impegno sociale, guerra e fascismo (1899-1939), Joker, 2015

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

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