Per un territorio digitale senza violenza maschilista

Navigare in internet, reinventare tecnologie, proteggersi collettivamente e costruire futurutopias, sempre a partire da visioni femministe

di Maria Teresa Messidoro (*)

Territorio digitale senza violenza

“Reconocer la tecnoviolencia machista, documentar, reportar, bloquear, denunciar, a veces ignorar”.

Bisogna riconoscere la “tecnoviolenza maschilista, documentare, catalogarla, bloccarla, denunciare e a volte ignorare”.

Questi sono alcuni suggerimenti contenuti nel “kit de cuidados digitales para periodistas feministas”, un agile strumento di denuncia e sostegno mutuo realizzato a giugno dalla Red de periodistas feministas de Latinoamérica y el Caribe. (1)

Uno strumento oggi quanto mai necessario.

Sandra Xinico è una comunicatrice maya-kakchiquel guatemalteca originaria di Patzùn, un piccolo paese indigeno che dista soltanto 80 km dalla capitale. Confessa in una intervista che internet le ha dimostrato quanto sia radicato il razzismo e il disprezzo nei confronti delle donne maya che osano esprimersi politicamente in Guatemala. Sandra è giornalista e si è conquistata un posto di lavoro nel giornale digitale La Hora, un mezzo di comunicazione nazionale, grazie ai numerosi commenti che pubblicava costantemente sulla sua pagina facebook.

Quest’anno, ha scritto un articolo sul 12 dicembre, quando nel suo paese si celebra il Dia de la Virgen de Guadalupe: ha denunciato come molte famiglie cattoliche, ancora oggi, mascherano i propri figli come “inditos”, mantenendo viva una tradizione imposta dalla colonizzazione, colma di stereotipi e pregiudizi. (2)

Proprio questo articolo ha suscitato reazioni negative: Xinica ha ricevuto via internet una valanga di insulti ed accuse di mancanza di rispetto nei confronti della religione.

Ma non si è arresa, cercando invece di crearsi da sola meccanismi di resilienza e autodifesa di fronte all’ondata di attacchi digitali che riceve. Cosciente che queste persone che l’aggrediscono potrebbero materializzarsi nella vita reale, materializzando anche le aggressioni e le intimidazioni.

Il suo caso non è isolato.

Recentemente, un sito web centroamericano schierato apertamente a favore del diritto delle donne di decidere sul proprio corpo, ha subito ingerenze e commenti maschilisti, fino alla minaccia di accaparrarsi con la forza il controllo del sito e rubare così tutta la lista dei contatti.

Mariela Flores Villalobos è la direttrice dell’associazione peruviana Hiperderecho: dall’inizio della pandemia sono sicuramente aumentate le denunce di casi di violenza in internet, soprattutto nei confronti della donne. Ciò dovuto anche al fatto che trascorrendo più tempo in questo spazio virtuale, le donne poco a poco prendono coscienza delle dinamiche di queste nuove relazioni e incominciano ad identificare i casi di violenza a cui sono sottoposte, anche purtroppo in internet. (3)

Luisa Ortiz è invece cofondatrice e direttrice esecutiva dell’associazione Vita-activa (4), che presta assistenza a migranti, lavoratrici sessuali e giornalisti negli Stati Uniti e nel continente latinoamericano; nel suo lavoro, ha dovuto mettersi in gioco con i nuovi strumenti di comunicazione.

Con i vantaggi e svantaggi del caso.

Preparandosi ad un incontro live su Instagram, Luisa afferma «sono atterrita, perché da un lato è molto emozionante, dall’altra la parola più consona che mi viene in mente è denudarsi. Perché noi attiviste, ci stiamo mettendo in gioco fin nel profondo, esponendoci maggiormente alle violenze maschiliste e patriarcali, oggi anche virtuali».

Ma fortunatamente non ci si arrende, anzi.

La stessa Mariela Flores Villalobos sostiene che «internet è comunque uno spazio in cui incontrarsi come donne, conoscersi e formare una comunità. Ciò che succede nello spazio digitale è reale. Che sia positivo o negativo non importa, ma è realtà. Se spegniamo il computer o il cellulare, non per questo smettiamo di essere connesse. Oggi, a causa della pandemia, ci sentiamo ogni giorno più insicure, senza sapere cosa ci aspetta domani: allora dobbiamo recuperare lo spazio digitale proprio per scoprire, o riscoprire, come possiamo agire per costruire un altro futuro».

In sintesi, le donne hanno il compito di recuperare il controllo delle proprie narrazioni, dei propri corpi digitali, così come degli spazi di lavoro e di socializzazione in questa epoca di chiusure e controllo sociale.

Solo raccontando le proprie storie in prima persona, camminando verso infrastrutture autonome e  ritrovandosi in spazi più sicuri, si potrà vincere la battaglia contro le violenze digitali. (5)

E dare un significato ancora più ampio al concetto di corpo territorio sviluppato dal femminismo comunitario latinoamericano negli ultimi anni.

Transhackfemminismo

Sempre nell’ottica di un nuovo approccio femminista al territorio digitale, molto interessante è anche il contributo del transhackfemminismo.

Tatiana Avendaño, colombiana, filosofa, praticante di sicurezza digitale, ci aiuta a comprendere cosa significa: trans si riferisce alla trasformazione, alla trasgressione ed alla transitorietà.

Hack invece ha il senso di produrre qualcosa di nuovo, capovolgendo gli strumenti esistenti per usarli in modi differenti da quelli tradizionali.

«Possiamo e dobbiamo hackeare non soltanto la tecnologia, ma anche i corpi, le leggi, le cose, i mercati, le regole di comportamento», ha detto durante l’incontro virtuale “Hackfeminismo utopico”, organizzato recentemente dallo spazio Internet Ciudadana, nel ciclo “Tendencias y alternativas de la era digital”.

Perché, ha aggiunto nello stesso seminario Loreto Bravo, messicana, del programma Acompañamento en Seguridad Digital di Digital Defenders Partnership, è chiaro che le multinazionali che controllano le tecnologie digitali sono strettamente vincolate ad una logica coloniale, capitalista e eteropatriarcale.

L’idea dominante della iperconnessione, anche attraverso le reti della quinta generazione e l’internet delle cose, trapassa la frontiera personale-intima e invade i nostri corpi e le nostre menti.

E’ necessario dunque ripartire dalla vita comunitaria, reinventando le tecnologie, affinché permettano, prima di tutto alle donne, di esercitare la libertà di difendersi, proteggersi e avanzare in forma collettiva.

Si introduce quindi il concetto di futurotopías (6), cioè la ricerca di quegli scenari liberatori, che ci porteranno a prefigurare nuovi tipi di tecnologie, tecnoscienze e infrastrutture necessarie per ri-immaginare e realizzare trasformazioni sistemiche.

Proprio Tatiana Avendaño, in un laboratorio di formazione collettiva, dal titolo “futurotopías trans-andinas”, proposto questa estate, si poneva come obiettivo “stimolare nei partecipanto la ridefinizione delle proprie tecnologie e le altre specie, come strategia metodologica per lo sviluppo di progetti creativi, in un esercizio trasgressore e politico”.

Di fronte ad un mondo che va di male in peggio, dove le opzioni e i futuri che ci propongono oscillano sempre di più tra cinismo e distopia, le transhackfemministe intravvedono nelle futurotopie un percorso alternativo, i cui passi sono politiche di decrescita, visioni femministe, immaginari finalmente liberatori e speculazioni comunitarie, in cui c’è spazio per azioni sorridenti e una tenerezza radicale. (7)

Anche noi possiamo intraprenderlo.

 

  1. https://latfem.org/kit-de-cuidados-digitales-para-periodistas-feministas/ vedere anche il manuale “Mantén la calma y defiende el territorio digital”, a cura di Iniciativa Mesoamericana de Mujeres Defensoras de Derechos Humanos, https://im-defensoras.org/2020/08/manten-la-calma-y-defiende-el-territorio-digital-guia-de-seguridad-informatica/
  2. In Messico il “Dia de los Inditos” si realizza ogni 12 gennaio nel Santuario della Virgen de Guadalupe a León, in Guatemala si mantiene invece la tradizione del 12 dicembre.
  3. https://hiperderecho.org/
  4. vita-activa.org
  5. Le testimonianze qui esposte sono contenute in https://www.alainet.org/es/articulo/209048 vedere anche https://www.alainet.org/es/articulo/208541
  6. In Brasile esiste la piattaforma digitale https://futurotopia.com/, un sito di economia alternativa.
  7. https://www.pikaramagazine.com/2020/05/trolls-pandemicos/. Molto interessante è il lavoro dell’associazione guatemalteca Ciberfem, www.ciberfemgt.org

Anche in Europa si stanno sviluppando iniziative che si ispirano al transhackfemminismo, vedere l’appuntamento del Ecletic Tech Carnival nel 2018 in Italia e nel 2019 in Grecia.

https://www.zic.it/lhacking-e-femminista-arriva-electric-tech-carnival/  https://eclectictechcarnival.org/ETC2019/etc2019/

(*) Vicepresidente Associazione Lisangà culture in movimento, www.lisanga.org

Teresa Messidoro

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