Perché il servizio sanitario in Puglia non può…

essere davvero pubblico?

Una protesta e proposta di Associazione Salute Pubblica

Un Servizio Sanitario come quello italiano, che quest’anno compie 40 anni, nato per offrire a tutti indistintamente e gratuitamente prevenzione, cure e riabilitazione è diventato di difficile accesso per quei cittadini che, per scelta o per impossibilità, non vogliono pagare di tasca propria prestazioni che già finanziano con la tassazione diretta oppure non vogliono andare in Pronto soccorso dove, dopo lunghe attese, riescono comunque a essere sottoposti a qualche semplice indagine fruibile ambulatorialmente solo dopo molti mesi o, infine, non vogliono o non possono rivolgersi a qualche “santo” in terra. Lunghi tempi di attesa che scoraggiano i più deboli e sprovveduti e alimentano canali paralleli a pagamento. Il fenomeno è così conclamato da essere ritenuto ormai normale. Tanto che di fronte alla proposta di legge regionale che porta il nome del consigliere Fabiano Amati, la reazione più veemente è dei sindacati medici ospedalieri e di qualche presidente di Ordine dei medici anche se a non tutti i medici garba la situazione attuale. Qualcosa bisogna cambiare! La proposta di legge Amati vorrebbe applicare in Puglia un principio già attuato in Emilia Romagna, quello per cui i tempi di attesa per una visita nel Servizio Sanitario Regionale non devono essere superiori a quelli della stessa prestazione erogata privatamente dallo stesso medico pubblico. Un principio equo e giusto che viene praticato già nel privato: a nessun medico che lavori in una struttura privata infatti è permesso di svolgere la stessa prestazione in un’altra struttura. Perché questo deve essere permesso a un medico il cui lavoro è finanziato con l’erario? Il rapporto di lavoro del medico pubblico è viziato da un conflitto di interesse legalizzato, quello della libera professione che altera inevitabilmente la mission pubblica dell’ente che pure la permette. Non staremo qui a ripercorrere le tesi sui presunti vantaggi e pregi derivanti al Servizio Pubblico dalla pratica della libera professione, intra o extra moenia che sia, propugnate dai loro sostenitori. Pur non ritenendola l’unica causa della lunghezza a volta spropositata dei tempi di attesa, dobbiamo però rilevare che dove si sospende la libera professione in caso di inaccettabili prolungamenti delle attese, le prestazioni pubbliche tornano a essere erogate in tempi accettabili.

E’ necessario quindi organizzare una mobilitazione di quanti sono maggiormente interessati a che il Servizio Sanitario torni a fornire le sue prestazioni in tempi compatibili con il diritto alla cura, senza aggravi di spesa per i cittadini, e in prospettiva si avvalga di medici dedicati solo alla sua crescita e al suo sviluppo.

Chiediamo ad associazioni e singoli di sottoscrivere questo appello in vista di una manifestazione da tenersi a Bari presso la Regione Puglia nelle prossime settimane. Le adesioni devono inviarsi a salutepubblicapress@gmail.com

LA VIGNETTA – scelta dalla redazione della bottega – è di GIULIANO SPAGNUL.

Redazione
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