«Perché nessuno se ne accorge?»

di Daniela Pia   

Laura (la chiamerò così): istituto professionale, un metro e quaranta per trentacinque chili. Stamane mentre mi accingevo a uscire dall’aula Laura mi ha consegnato di straforo un foglio protocollo a quadretti: «se vuole leggerlo professoressa» mi ha detto. Dalle prime righe ho intuito l’urlo e prima di custodirlo fra le pagine della mia agenda le ho chiesto di scriverci sopra il numero di cellulare. Mi ha chiesto «perché?» e le ho detto «per poterti rispondere subito». Tornata a casa ho trascurato ogni altra attività e ho iniziato a leggere:  

«Perché nessuno se ne accorge? Voglio dire, passiamo 9 mesi a scuola, cinque giorni a settimana, per cinque ore. Ci guardate in faccia, ci chiedete Come va?, ci interrogate e ci stressate. Per quanto alcuni professori ci capiscano, nessuno guarda mai oltre la facciata. Stiamo morendo dentro, cari professori. Moriamo dentro perché viviamo in una società in cui le cose materiali importano più delle opinioni. Viviamo in città in cui se non sei vestito firmato e hai interessi diversi dalla discoteca, sei considerato un poveraccio. Vorrei tanto che, per una volta, apriste gli occhi: guardando in prima fila vedrete una ragazza che, per colpa delle malelingue ha rischiato seriamente di finire anoressica. Guardate per terra e troverete l’alunna più brava e intelligente della classe che, con la scusa della dieta, non riesce a smettere di perdere chili. Guardate nell’ultima e scoprirete una ragazza che ha un disperato bisogno di comprensione per essere salvata. Guardatela bene e forse noterete i graffi sul braccio, gli occhi spenti, la paura di non valere abbastanza, di deludere i propri genitori, di restare sola.

Perché è questo che siamo: una generazione impaurita e fragile, di cui nessuno si occupa.

Perché farlo? Ci insegnate il francese, l’inglese, la matematica. Ma chi si occupa di insegnarci come affrontare quelle che per noi sono le vere difficoltà? Chi si è mai fermato un attimo a pensare se uno dei suoi studenti ha tentato il suicidio? Io me lo chiedo ogni giorno se uno dei miei compagni ci ha provato.

Aprite gli occhi: che senso hanno tutti i progetti sul “fumo dannoso” quando quelli come me non sanno nemmeno se arriveranno a domani?

Guardatemi, non ho paura di qualcosa che potrebbe farmi venire un tumore. Ho paura di non svegliarmi domattina perché qualcosa è andato storto oggi.

Perché vi comportate come se queste fossero solo favole?

L’autolesionismo è per quei ragazzi che vengono chiamati Emo”, “L’anoressia può essere fermata”.

Siamo adulti? Parliamo seriamente. Son cose serie. L’ autolesionismo non è così semplice, così come non lo sono i disturbi alimentari.

Cari professori, vi invito a fare un giro nella mia testa.

Tenetevi forte, perché vi farà paura: è quasi tutto buio. I mostri divorano la mia autostima, la mia speranza, la mia vita».

Ho avuto bisogno di tempo, di nuvole e spazio, di silenzio e vuoto, ho dovuto sgombrare le incombenze e accogliere la donna in miniatura che cercava il contatto. Mi sono chiesta: questo è un deserto cui manca l’acqua o è un terreno fertile nel quale piantare semi che producano fiori? Chi sono i giardinieri? Quali gli strumenti? Dove i medicamenti? Questo che viene invocato è un (nostro) lavoro? Se lo si racconta verrà percepito come finzione? Quanto tempo occorrerà per occuparsene? Si può fare contemporaneamente al “Dolce stil novo”? Può togliere tempo alla lotta fra papato e impero? Come lo valuterà l’Invalsi? Quale prezzo dovrà pagare chi se ne prenderà cura? Come corazzarsi per non ammalarsi ? Come quantificare la disponibilità a prendersi cura del «male di vivere» che attanaglia queste creature che sono i nostri studenti, figlie e figli?

Quanti e quali politici, poco onorevolmente continueranno, dal pulpito del loro assenteismo (37% di assenze in Parlamento) a pontificare su ciò che dovrebbe fare chi svolge professioni di cura come noi insegnanti? Quante Ilaria Capua – cioè deputate poco civicamente sceltasi per pronunciare offensive reprimende verso il Corpo (sfatto) docente – saremo ancora in grado di tollerare ?

Non mi sento in grado di azzardare risposte.

L’unica risposta alla quale sento di dover rivolgere la mia attenzione ora è quella che rivolgerò a Laura: «Carissima fanciulla con le gambe sempre ripiegate dentro la sedia, affinché non si noti che non toccano terra da sedie minuscole, vorrei saperti dire che lo sguardo che ti rivolgo non è solo quello del docente. Vorrei che tu sapessi che ci sono occhi capaci di afferrare la bellezza del tuo volto, delle parole che hai saputo scrivere. Mani che sanno maneggiare il cristallo dei tuoi dolori e sanare le ferite dei tuoi compagni. Vorrei poterti offrire la bellezza di ciò che non è sfiorato dalle mani degli esseri umani. Ciò che per le donne e gli uomini che sarete diverrà balsamo: luci e ombre; fiato e albe; tramonti e sospiri. So che non saranno le mie parole a darti tregua, così come so che dovrai toccare le cicatrici, sfiorare il cordone che è stato sangue, ricordare che quello è stato. Dovrai appuntarti sul petto la medaglia dei sopravvissuti alle angosce continue per darti le risposte che chiedi a noi. Solo così saprai riconoscere quali semi sono stati seminati. Quali occhi vi hanno osservato. Quali pensieri hanno accompagnato le pose che hai assunto. So che, nel tempo, troverai le risposte e saprai riconoscere la malinconia che si è compiuta nei cocci che hai creduto di aver seminato per prima e che hanno già dato raccolto. Questa è la strada Laura. Fatta di trincee, Noia sublime, pause e libri. Bagagli di parole e vite precedenti dove ci incontriamo. Insegnanti e studenti».

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

7 commenti

  • maledetta Daniela, benedetta Daniela, mi hai fatto piangere come un vitello.
    E’ un grandissimo, dolente, terribile urlo quello di «Laura»; una bella, sofferta, necessaria risposta la tua.
    Spero che… qualcosa cambi nella testa, nel cuoricino di chi leggerà questo post così vero.
    Passando a cose ben meno importanti ma degne di interesse. Ignoravo sinceramente chi fosse Ilaria Capua ma c’è sempre qualche Ilaria (più spesso un Ilario) a pontificare su tutto ciò che ignora. Vedo che costei sostiene: «Il corpo docente è profondamente sottoutilizzato. Perché i professori lavorano 18 ore a settimana e hanno un giorno libero: questo oggigiorno non lo può fare nessun lavoratore. Occorre utilizzare gli insegnanti facendoli lavorare qualche ora in più a settimana: per contribuire al recupero degli allievi più fragili, per organizzare dei centri estivi, per andare incontro alle famiglie e ai bisogni della società odierna, diversa da quella di 20/30/40 anni fa, quando la scuola è stata arricchita di un corpo insegnante così numeroso. Penso che nessun lavoratore abbia così tanti privilegi. I docenti dicono di essere pagati poco, ma secondo me non sono poi pagati così tanto poco. Se ci fossero le iniziative a cui ho accennato, sarebbe un uso di una grandissima risorsa, altrimenti sprecata e sottoutilizzata, ai danni di tutto il Paese (AUDIO)».
    INTERVISTA qui
    http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=32402
    Ai danni di tutto il Paese… nientemeno. Questo tipo di Ilarie e di Ilari non hanno idea di cosa sia il lavoro degli e delle insegnanti che amano il loro mestiere o di quanta fatica ci sia fuori dalle ore in classe; tanto meno hanno idea di come sia stata ridotta la scuola dagli ultimi governi e Parlamenti; fingono anche di non sapere che i molti soldi tolti alla scuola in questi anni sono andati e stanno andando per esempio agli F-35, ai sommergibili, alle portaerei. E ai ricchi.
    Soldi tolti alla scuola pubblica per darli alle private. Soldi sottratti alla scuola, all’istruzione per darli alle forze armate. E altri soldi tolti ai poveri (e ai ceti medi) per darli ai ricchi. Ma le Ilarie e gli Ilari chissà dove vivono.

  • e non riesco a smettere di piangere….

  • L’attenzione alle “Laure” si mantiene silenziosa e non eclatante, con la tenacia anche professionale di sopportare e affrontare quotidianamente le pestilenziali e roboanti “Ilarie” di turno. Che si continui a tendere mani e a trattenere ceffoni (rispettivamente alle Laure e per le Ilarie) non cedendo agli sproloqui ma insistendo con le parole adatte e con gli esempi da un lato e con vigore e intransigenza dall’altro, “perché qualcuna/o se ne accorga!”. Grazie Daniela, grazie Daniele 🙂

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