Percorsi di educazione popolare in America latina

Le escuelitas degli zapatisti e le scuole negli assentamentos dei Sem terra rappresentano due delle forme più avanzate di istruzione in un continente dove i movimenti sociali, e anche i governi progressisti, ritengono la conoscenza uno strumento fondamentale per tutelare le fasce sociali più deboli e sfruttate e difendere i propri diritti.

di David Lifodi

In America latina l’educazione popolare è sorta agli inizi degli anni sessanta del Novecento, grazie al Movimiento de Cultura Popular di Paulo Freire, in Brasile, e il suo carattere fortemente emancipatore ha fatto si che entrasse rapidamente in contatto con la Teologia della Liberazione, il femminismo popolare e la comunicazione alternativa e comunitaria.

L’alfabetizzazione e l’istruzione di giovani e adulti rappresentavano, allora come oggi, il principale impulso per la formazione delle fasce sociali più povere del continente latinoamericano, non a caso, tra i primi passi della rivoluzione cubana e di quella sandinista vi fu la costituzione di brigate composte perlopiù da giovani e impegnate ad insegnare a leggere e a scrivere a gran parte dei loro connazionali, soprattutto nelle aree rurali di Cuba e del Nicaragua. L’impegno per ridurre l’analfabetismo è stato assunto anche dai governi lulisti in Brasile, dal chavismo in Venezuela (la Misión Robinson nei primi anni Duemila ha reso il paese “territorio libero dall’analfabetismo”, grazie anche al sostegno del governo cubano al piano di alfabetizzazione) e da Evo Morales in Bolivia (ancora grazie al metodo cubano Yo si puedo). Oggi, i dirigenti sindacali e contadini e i quadri delle organizzazioni popolari sono i primi a sostenere che il campesinado, le comunità indigene e i movimenti sociali abbiano bisogno di una costante formazione, fondamentale per assumere un ruolo da protagonisti nei processi partecipativi in relazione ai diritti umani, alla sovranità alimentare, all’agroecologia.

“I paradigmi emancipatori dell’educazione popolare coinvolgono una dimensione gnoseologica (interpretazione critica), una dimensione politica (opzione alternativa) e una dimensione pratica (che orienta le azioni individuali e collettive)”: così si era espresso nel 2013 l’educatore popolare colombiano Alfonso Castillo Torres, docente dell’Universidad Pedagógica Nacional nel suo articolo La educación popular latinoamericana: contextos y desafíos actuales, sottolineando che “il rinnovamento del paradigma significa rafforzare la coscienza critica e le soggettività ribelli”.

Soprattutto a seguito del periodo successivo alla caduta delle dittature militari, dagli anni Novanta, l’educazione popolare venne ritenuta un baluardo insostituibile di fronte agli alti indici di povertà, disuguaglianza sociale e disoccupazione, diventando sempre più una bandiera di lotta dei molteplici movimenti sociali indigeni e contadini, rurali e urbani che poi giocheranno un ruolo da protagonisti nei primi forum sociali di Porto Alegre. È in questo contesto che l’educazione popolare mette in discussione il sistema educativo egemonico (dai penguinos cileni, che nel 2006, chiedevano la riforma completa della Ley Organica Constitucional y Enseñanza, emanata dal dittatore Pinochet il 10 marzo 1990, proprio l’ultimo giorno prima di lasciare il potere, fino agli studenti universitari messicani e brasiliani che reclamano un’istruzione pubblica, gratuita e di qualità), contribuisce a sostenere le lotte delle organizzazioni popolari, assume un carattere di rottura rispetto ai processi di esclusione sociale mai del tutto sconfitti in America latina e getta le basi per pratiche comunitarie quali la costruzione collettiva di reti di conoscenza e il dialogo tra diverse forme di sapere. In breve tempo, l’educazione popolare diviene una delle frecce nella faretra dei popoli oppressi, sfruttati e discriminati sia nell’America latina rurale sia in quella urbana.

Ancora Alfonso Castillo Torres sottolinea che l’educazione popolare esprime l’urgenza di democratizzare la democrazia, di radicalizzarla, di moltiplicare le esperienze di vigilanza cittadina nei confronti dei governi all’insegna della giustizia sociale e di un processo di partecipazione in termini non escludenti.

Tra le esperienze di educazione popolare latinoamericane più significative vi sono senza dubbio quelle delle escuelitas zapatiste, nei municipi autonomi del Chiapas e delle scuole negli assentamentos, gli insediamenti del Movimento Sem terra in Brasile.

Definite come portatrici di una nuovo modo di fare politica, le escuelitas vantano come aspetto principale quello dell’autonomia poiché, in quanto situate nei Municipi autonomi ribelli zapatisti (Marez), non accettano sussidi statali. A questo proposito, è interessante ciò che racconta l’ex subcomandante Marcos, oggi Galeano, quando il piccolo nucleo di insurgentes nascostosi per anni nella Selva Lacandona entrò in contatto con le comunità indigene. “Il contatto con i popoli rappresentò un processo di rieducazione molto forte e più terribile di un elettroshock”. Il processo di rieducazione, inizialmente interpretato secondo l’etica politica del principio “servire invece che dirigere”, all’insegna del mandar obedeciendo (il popolo decide e il governo obbedisce) avrebbe avuto un inevitabile e benefico impatto, anche sulle modalità di istruzione poi diffusesi gradualmente tramite le escuelitas.

Le escuelitas rappresentano uno spazio dove le comunità autonome sperimentano, in concreto, che un altro mondo è possibile, come emerge dalla testimonianza diretta di Carlos A. Ventura Callejas: “Le lezioni avvengo in maniera pratica e teorica. Non è la logica occidentale a dominare l’istruzione e le forme di apprendimento. Nelle escuelitas zapatistas apprendiamo che la teoria si trasforma in pratica, nel condividere e costruire l’autonomia. E, viceversa, la pratica si trasforma in teoria secondo ciò di cui il popolo necessita”, in base alla formula del comandare obbedendo. Nelle scuole zapatiste si lavora insieme, in maniera condivisa.

A proposito delle escuelitas zapatistas, è lo stesso Marcos a precisarne le caratteristiche: “Dalla Scuola non deriva la militanza, l’appartenenza organica, la soggezione al comando, il fanatismo. Quello che verrà dalla Scuola è qualcosa che è qualcosa che spetta solo a voi decidere… . Nelle montagne del Chiapas non si prendono in considerazione i curricula accademici né i calendari di anzianità, mai cuori. Verrà gente con diverse lauree e chi non ha fatto nemmeno la scuola materna” .

Il tipo di istruzione tradizionale è rifiutato anche dal Movimento Sem terra, che individua una stretta relazione tra povertà, latifondo, disuguaglianze sociali e analfabetismo e, proprio per questi motivi, ritiene indispensabile la pedagogia liberatrice di Paulo Freire, mutuata dai senza terra nella pedagogia di lotta. Coscientizzazione e liberazione sono gli assi portanti dell’educazione popolare dei sem terra. La prima rappresenta, per l’essere umano, la possibilità di inserirsi in un processo storico come soggetto. La seconda consiste nella necessità di trasformare la situazione reale caratterizzata dall’oppressione.

L’opera più celebre di Paulo Freire, Pedagogia dell’oppresso, scritta nel 1968, quando l’autore si trovava in esilio in Cile, e pubblicata per la prima volta in Brasile solo nel 1974, definisce l’educazione popolare come l’opportunità per un’istruzione realmente democratica. Per i senza terra l’educazione tradizionale non comunica nulla, non condivide e, per questo, finisce per mantenere saldi i principi di una società capitalista.

In una vecchia intervista rilasciata nel dicembre 2010 al sito web del Comitato italiano di appoggio al Mst, Adelar João Pizetta, membro del cordinamento pedagogico della Scuola nazionale Florestan Fernades e dirigente dei senza terra, indica he la scuola ha il compito di mantenere viva la fiamma della trasformazione sociale: “In un paese come il Brasile, se non si riesce a creare un senso critico generalizzato rispetto alle possibilità di cambiamento (e per questo, lo studio – con obiettivi politici – è fondamentale), i lavoratori non saranno capaci di costruire strumenti organizzativi di collettività e di lotte capaci di realizzare questi cambiamenti nella società”.

Oggi, i vari incontri tematici che sono organizzati dai movimenti sociali latinoamericani sull’agroecologia, sulle pratiche di sviluppo alternative all’estrattivismo e alle centrali idroelettriche, sulla funzione delle radio comunitarie, sul femminismo e su molti altri aspetti indicano che la conoscenza, l’istruzione e l’educazione sono considerati aspetti imprescindibili per rispondere all’offensiva dell’oligarchia, delle multinazionali e, più in generale, del neoliberismo. L’educazione popolare è uno strumento di emancipazione dei popoli, nasce dal popolo ed è per il popolo.

 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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