Pesticidi dentro gli aerei

di Saverio Pipitone (*)

«Oh, un altro! Che succede lassù? Ho in cura parecchi assistenti di volo» disse il neurologo di Sydney quando nel 2013 diagnosticò il Parkinson a Brett Vollus, steward dal 1986 della compagnia di bandiera australiana Qantas. Senza familiarità genetica e non capacitandosi del perché contrasse la malattia, Brett indagò tra i colleghi, scoprendo casi analoghi oltre la media e giunse alla conclusione di un legame con i pesticidi. Per quasi 20 anni, nei voli a lungo raggio, aveva spruzzato – su base settimanale o quindicinale – insetticida nell’aereo con una bomboletta spray in ogni mano, privo di mascherina o protezione per coprirsi almeno bocca e naso.

La pratica è chiamata “Disinfezione Aeromobile” per prevenire la diffusione di insetti che trasmettono malaria, febbre gialla, dengue, encefalite giapponese e altre infezioni, a difesa della salubrità pubblica. È regolamentata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dall’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) con due opzioni: aerosol ad azione rapida con passeggeri a bordo; metodo residuo a aereo vuoto con effetti fino a 56 giorni, ma che lascia spesso gli interni bagnati. L’irrorazione è eseguita dalle compagnie aeree internazionali come Air Canada, British Airways, Air New Zealand, Northwest Airlines, Swiss Air Lines, Virgin Atlantic, United e Delta. La richiedono vari Paesi fra cui Australia, Nuova Zelanda, Barbados, Cile, Giamaica, Fiji, India, Madagascar, Panama, Seychelles, Uruguay e Tanzania.

Il trattamento gassoso è implicitamente accettato dai viaggiatori nel momento che acquistano il biglietto e le autorità regolatorie asseriscono che, se fatto in modo appropriato, non nuoce alla salute; l’importante per loro è che non sia spruzzato direttamente sulla pelle o negli occhi.

Dal 1940 al 1980 è stato usato il DDT, per poi passare al clorpirifos e più di recente alla permetrina o fenotrina della famiglia dei piretroidi sintetici, tutti perturbatori tossici sugli esseri viventi.

Uno studio del 2012 degli scienziati Clifford Weisel e Sastry Isukapalli (in www.acer-coe.org ) ha documentato che l’applicazione di insetticidi in aereo provoca elevati livelli di inalazione, ingestione e assorbimento cutaneo di piretroidi da parte dell’equipaggio e dei passeggeri.

Una hostess di un vettore intercontinentale, con cui ho parlato e che vuole restare anonima, spiega: «Disinfettiamo la cabina e il bagagliaio degli aerei nei Paesi dove la malaria è un pericolo come in Tanzania e India. A volte, se non è altrimenti possibile, lo facciamo con i passeggeri a bordo. Consigliamo di coprirsi il viso e solo per First o Business Class distribuiamo asciugamani».

Testimonianze sugli effetti della disinfezione aerea sono state nel tempo riportate da diversi giornali. Iniziamo con le hostess californiane Diana Brown-Dodson e Gracie Lerno, che hanno quantificato un’esposizione ai pesticidi rispettivamente di circa 150 volte in 6 anni e di 840 volte dal 1979, che le costrinse a ritirarsi per patologie cardiocircolatorie. Ci sono i coniugi sessantenni Dorazio Richard (chirurgo) e Sharon (immobiliarista), con due nipoti adolescenti, che su un volo dall’Australia alla California ebbero improvvisi malori quali dolori di stomaco, irritazioni cutanee, prurito agli occhi, nausea, vertigini ed emicrania (Chris Woodyard – Usa Today). Proseguiamo con l’assistente di volo statunitense Pat Rinker che, dopo una carriera trentennale, negli ultimi 4 anni di volo accusò gravi problemi di asma (Don McIntosh – nwLaborPress). C’è poi Petra Haluska che su un aereo atterrato in Australia chiese cosa stavano spruzzando e, quando si oppose fermamente, intervennero 6 poliziotti (Erin Elizabeth –www.healthnutnews.com). Il reporter Markab Algedi vide, sul volo Los Angeles-Sydney, lo spargimento pesticida con attacchi di tosse fra i passeggeri (www.themindunleashed.com). Finiamo con lo steward australiano Ian White della Qantas, che si domandava sempre se quegli spray avrebbero avuto qualche effetto su di lui; dopo 36 anni, andò in pensione e gli venne il Parkinson (Matthew Benns – Daily Telegraph) come il collega Brett Vollus.

Tornando alla storia di Brett, a causa dei sintomi della patologia non poté più lavorare, licenziandosi. Un giorno cadde e finì in ospedale, la TAC gli rilevò un tumore maligno al cervello. Nel frattempo, si era rivolto all’avvocata Tanya Segelov, all’epoca partner dello studio legale Turner Freeman: avviarono nel 2014 una querela nei confronti dello Stato australiano del Nuovo Galles del Sud, che avrebbe dovuto sapere dei rischi per l’equipaggio. Ho contattato i legali, chiedendo gli aggiornamenti: l’avvocata ha ricevuto e letto l’e-mail ma non ha risposto; lo studio dice invece di non potere assistermi, scusandosi per l’inconveniente.

Forse la causa legale non ha avuto un seguito. Di certo il 18 maggio 2015 nella Chiesa cattolica di St Mary nel sobborgo Upper Coomera della città di Gold Coast è stato celebrato con parenti e amici il funerale di Brett Vollus, deceduto il 12 maggio a 53 anni (era nato il 28 luglio 1961). Biondo e occhi azzurri, 1,70 di altezza per 78 chili, lo ricordano come un australiano doc. Aspirava alla carriera di attore, fu concorrente a “Chi vuol essere milionario” e comparsa nel film “Gallipoli”, nutrendo altresì la passione per la chiaroveggenza: si faceva chiamare Angel In The Sky.

(*) saveriopipitone.blogspot.com

NELLA FOTO IN ALTO Brett Vollus.

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