Peter Handke e Jaime Gil de Biedma

due poesie bellissime,

di franz (*)

 

De vita beata

En un viejo país ineficiente,
algo así como España entre dos guerras
civiles, en un pueblo junto al mar,
poseer una casa y poca hacienda
y memoria ninguna. No leer,
no sufrir, no escribir, no pagar cuentas,
y vivir como un noble arruinado
entre las ruinas de mi inteligencia.

De vita beata

In un vecchio paese inefficiente,
un po’ come la Spagna tra due guerre
civili, in un paesino sul mare,
possedere una casa e pochi beni
e memoria nessuna. Non leggere,
non soffrire, non scrivere, non pagare conti,
e vivere come un nobile decaduto
fra le rovine della mia intelligenza.

da qui

 

Quando il bambino era bambino – Peter Handke

Quando il bambino era bambino,
andava con le braccia a penzoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume fosse una corrente,
e questa pozzanghera il mare.
Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere bambino,
tutto era per lui animato,
e tutte le anime erano una.
Quando il bambino era bambino,
non aveva opinione su niente,
non aveva abitudini,
sedeva spesso a gambe incrociate,
e di colpo cambiava posizione,
aveva un vortice nei capelli
e non faceva facce da fotografare.
Quando il bambino era bambino,
era il tempo delle seguenti domande:
Perché io sono io e perché non tu?
Perché io sono qui e perché non là?
Quando è iniziato il tempo e dove finisce lo spazio?
È forse la vita sotto il sole nient’altro che un sogno?
Ciò che vedo, sento e odoro
è forse solo l’apparenza di un mondo di fronte al mondo?
Esiste realmente il male e persone che sono veramente cattive?
Come può essere, che io, che sono,
prima di essere, non ero,
e che io, che sono, un giorno
non sarò più quello che sono?
Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito.
E adesso mangia tutto ciò, e non solo per necessità.
Quando il bambino era bambino,
si svegliò una volta in un letto sconosciuto
e ora succede sempre così,
molte persone gli sembravano belle
e ora solo in qualche caso fortunato,
si immaginava chiaramente il Paradiso
e ora ne ha solo il presentimento,
non poteva pensare al nulla
e oggi rabbrividisce al solo pensiero.
Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo
e ora è tutto immerso nella cosa come allora solo
quando questa cosa è il suo lavoro.
Quando il bambino era bambino,
gli bastavano per nutrirsi mela, pane,
ed è ancora così.
Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano, come solo le bacche sanno cadere
e ora è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua
e ora è ancora così,
aveva su ogni montagna
la nostalgia di una montagna sempre più alta
e in ogni città
la nostalgia di una città sempre più grande,
prendeva sulla cima di un albero le ciliegie tutto euforico,
come è ancora oggi,
aveva timore verso ogni straniero
e ne ha tutt’ora,
aspettava la prima neve,
e la aspetta ancora.
Quando il bambino era bambino,
lanciava un bastone contro l’albero come una lancia,
e ancora oggi continua a vibrare.

da qui

 

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(*) così si presenta franz (rigorosamente minuscolo): «Ah, i libri! Sono bottiglie lanciate in mare, come nei film di pirati, i migliori sono mappe del tesoro, solo bisogna saper leggere quello che qualcuno, che non ci conosceva, ci ha donato. Credo davvero che quanto più s’allarga la nostra conoscenza dei buoni libri tanto più si restringe la cerchia degli esseri umani la cui compagnia ci è gradita. Noi siamo come nani sulle spalle di giganti e la lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. Una cosa è necessaria: non leggete come fanno i bambini per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Risponde qualcuno alla domanda sugli scrittori del momento: “Non so niente della letteratura di oggi, da tempo gli scrittori miei contemporanei sono i greci”. I libri non si scrivono sotto i riflettori e in allegre brigate, ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un libro è uno specchio. Se ci si guarda una scimmia, quella che compare non è evidentemente l’immagine di un apostolo».

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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