Philip Dick al capezzale di Obama

Svegliatevi dormienti. Così la cantata 140 del grande Bach e così il titolo italiano di un romanzo del nostro amato Philip Dick che torna buono nel tempo di Obama. A grande richiesta (ehm) recupero una mia recensione del 2008; tanto il libro basta ordinarlo o sbafarlo in biblioteca.

I dormienti del titolo sono i milioni di «inerti nei depositi governativi», ibernati nella speranza che il mercato del lavoro prima o poi abbia bisogno di loro. Profetico, visto che Dick scrive in pieno boom economico. Altro vaticinio… il presidente nero: qui non si chiama Obama ma James Briskin: ha «i baffoni a manubrio», è un idealista forse un po’ puritano e dunque destinato a perdere se… il caso [ma il fiuto a volte aiuta] non gli consentisse di trovare una magica soluzione per i dormienti e allo stesso tempo di trovarsi in un pasticcio tale che neanche il peggior nazista potrebbe immaginare.

«Svegliatevi dormienti» [Fanucci] è un eccellente Philip Dick datato 1966 ma ambientato nel 2080 dove «i col», insomma neri, meticci e chicanos, sono maggioranza. Sia in scenario realistico che in forma fantascientifica una delle domande che attraversa il romanzo è: «perché fingere che la razza non sia un problema?».

Quasi nulla si può raccontare senza togliere il gusto delle sorprese; come è ovvio in Dick il futuro è un gran casino: per puntare le armi ci sono le onde cerebrali; l’aborto è al centro di un durissimo scontro politico; i mutanti [memorabili questi Walt] controllano «il satellite del piacere»; chi crede «esista una sola Terra» si dovrà ricredere proprio come i seguaci di Tolomeo; ci si informa sui quotidiani omeostatici; naturalmente le mode variano molto in fretta [andare a caccia di grossi ragni scava-trincee è «acqua passata, ora vanno di nuovo le falene»]; i trapianti di organi sono un lucroso affare; e torna una delle più inquietanti domande dickiane, ovvero se «vincere» sia proprio così importante. Quanto a «una forma limitata di viaggio nel tempo» è possibile solo per un difetto di fabbricazione ma è proprio da qui che nascono i guai; forse quelle piccole porte non si aprono solo nella dimensione temporale ma anche in quella di una evoluzione parallela. Di più non si può dire; certo ci voleva la perfidia di Philip Dick per fare avvenire il più sconcertante evento della storia umana in un pidocchioso negozio di riparazioni anziché nel più luccicante dei laboratori. Non perdetevi la geniale battuta sugli emigrati quasi in chiusura del capitolo 11. Un grande Dick, sospeso fra incubo e speranza.

A proposito: un nero alla Casa Bianca era stato già immaginato nel 1926 da Monteiro Lobato, uno scrittore brasiliano di favole – la parola fantascienza non era in voga. Lo ha tradotto nel 2008 Controluce: ci propone – ma guarda un po’ – gli Usa come unico impero mondiale con la campagna elettorale fra un conservatore bianco, il leader nero Jim Roy e una donna, miss Evelyn Astor. Ci sono anche shopping, tele-lavoro e altre profezie azzeccate. Interessante ma ci si arrabbia per i contenuti razzisti.

UNA BREVE NOTA

Se chi passa su codesto blog di Marte perchè incapricciato (incapricciante? raccapricciante?) della fantascienza avesse una “rota” improvvisa, può ascoltare molte mie vecchie recensioni in caccialfotone.wordpress.com/sci-fi in voce; oppure leggerle su www.carta.org (si digita “ozio” e poi “futuri” oppure si cerca Daniele Barbieri). La più completa analisi, almeno in italiano, sulla figura del presidente nella fantascienza (e dintorni) è invece nell’ultimo capitolo del libro «Di futuri ce n’è tanti» [8 sentieri attraverso la buona fantascienza] che ho scritto con Riccardo Mancini e pubblicato nel 2006 da Avverbi: se vi state chiedendo qualcosa tipo “ma la fantascienza ha immaginato un personaggio così ridicolo e pericoloso come il signor P2-1816 alias Silvio Berlusconi?”… la risposta è : “sì”, leggere per credere.

Redazione
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2 commenti

  • Me lo segno. Come ho già detto non avevo mai letto fantascienza prima di assistere alla presentazione del libro Di futuri ce n’è tanti (corsivo).
    Rimasi tanto colpita dal brano del confessionale che arrivata a casa scrissi quel mio racconto di Xxhissa… Chissà, magari il mio futuro è nella sci-fi.

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