Piantiamo alberi, ovunque

di Maria Rita D’Orsogna (*)

Foto di by Picography tratta da Pixabay

 

Sul pianeta ci sono tre trilioni di alberi, la metà di quanto ce ne fossero prima dell’arrivo dell’uomo. Il metodo migliore per cominciare a combattere i cambiamenti climatici? Piantare miliardi di alberi in tutto il mondo: non ci vogliono grandi ordini dall’alto, non servono mega impianti e neanche grandi investimenti. Qualcuno ha già cominciato

 

 

Il metodo migliore per combattere i cambiamenti climatici? Piantare miliardi di alberi in tutto il mondo. Non è la prima volta che si parla del potere benefico degli alberi, in questo pianeta i cui ritmi e gli equilibri naturali cambiano troppo in fretta, ma è importante continuare a sottolineare questo fatto, specie in Italia, dove pare che abbattere alberi sia diventato lo sport nazionale. E non solo piantare alberi è il metodo migliore per fermare i cambiamenti climatici, ma è anche quello più economico. Impianti per sequestrare la CO2? Carbon Tax? Accordi internazionali? No, la risposta è piantare alberi!

La litania è lunga: gli alberi crescono e assorbono CO2 i cui livelli aumentano sempre più su questi pianeta. Se ci fosse un programma mondiale per la piantumazione degli alberi, molte cose potrebbero migliorare. Sulla terra ci sono circa 1,7 miliardi di ettari senza alberi, l’equivalente della superficie totale di Usa e Cina assieme. Si potrebbero qui piantare alberelli nativi, che crescono in modo naturale, senza troppi accorgimenti, e senza soldi per la loro cura. La stima è che ci vorrebbero trenta centesimi ad albero se si scelgono le specie giuste. Si potrebbero riforestare zone tropicali, si potrebbero piantare più alberi nei pascoli, nelle città, lungo le strade.

Il numero di 1,7 miliardi di ettari su cui si potrebbero piantare alberi arriva dall’analisi di circa 80.000 immagini ad alta risoluzione da Google Earth. Sistemi di intelligenza artificiale hanno poi messo assieme le foto con dieci tipi diversi di terriccio, topografia e clima per creare una mappa di dove gli alberi possano crescere meglio. L’analisi mostra che circa 8,7 miliardi di ettari di terra possono sostenere una foresta, e che circa 5,5 miliardi già hanno alberi. Di quel che resta, circa 3.2 miliardi di ettari senza alberi, 1,5 ettari sono usati per agricoltura intensiva e appunto, 1,7 miliardi di terreno sparsamente “verdeggiante”.

La riforestazione dunque, urbana e selvaggia, su questi terreni è il metodo migliore per abbassare i livelli di CO2, dice Tom Crowther dell’ETH di Zurigo, l’autore principale dello studio che ha pubblicato su Science. La riforestazione aiuterà a fermare i cambiamenti climatici e aiuterà a contenere i danni provocati dalle emissioni dalle fonti fossili.

 

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Certo ci vorranno anni per una riforestazione completa, ma a volerlo sarebbe il modo ottimale. Intanto, non ci vogliono grandi ordini dall’alto o la costruzione di mega impianti. Basta solo volerlo. Tutti possiamo piantare alberi, arrabbiarci con i nostri comuni quando vogliono abbatterne, partecipare o organizzare eventi di riforestazione nei campi abbandonati, gettare semi. I siti ottimali che sono stati identificati da Crowther dell’ETH si trovano in Russia, Canada, Cina, Usa, Brasile e Australia. In realtà iniziative di piantumazione esistono già a livello globale, incluso il Bonn Challenge, appoggiato da quarantotto paesi che si pone l’obiettivo si ripiantare trecentocinquanta milioni di ettari di foresta entro il 2030. Ma si può fare molto di più secondo Crowther. In cima alla sua lista c’è il Brasile. Crowther dice che gli alberi possono essere piantati vicino a piantagioni di caffè e di frutta creando “agro-foreste”.

Sul pianeta ci sono tre trilioni di alberi la metà di quanto ce ne fossero prima dell’arrivo dell’uomo. Abbiamo molta strada da fare.

(*) Fisico e docente all’Università statale della California, cura diversi blog (come questo, dove l’articolo è stato pubblicato con il titolo completo «India: Piantare alberi è il miglior modo per fermare i cambiamenti climatici». Consapevole dell’importanza dell’informazione indipendente, Maria Rita ha autorizzato con piacere Comune a pubblicare i suoi interventi (ed è da lì che la “bottega” lo ha ripreso).

Redazione
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2 commenti

  • ADRIANO CANDIOLI

    SONO PERFETTAMENTE D’ACCORDO , NEL MIO PICCOLO HO PIANTATO CIRCA 200 ALBERI RECUPERANDO UNO SPAZIO DI OLTRE 2000 MQ NELLA ZONA DI ROMA EUR

  • Daniele Barbieri

    segnalo da “riforma.it” del 31 luglio 2019
    Eredità verdi tra Amazzonia e Africa
    di Marco Magnano
    L’iniziativa dell’Etiopia, che in un giorno ha piantato 350 milioni di alberi, contrasta con la deregolamentazione del Brasile di Bolsonaro. Eppure, gli alberi sono fondamentali per il contrasto alla crisi climatica
    L’albero è spesso considerato un simbolo di vita, e la realtà non è così lontana dalla metafora: le foreste, in particolare quelle lungo l’Equatore, assorbono attraverso le foglie un’enorme quantità di anidride carbonica, uno dei principali agenti del riscaldamento globale, oltre ad agire come regolatrici delle precipitazioni.
    Eppure, ogni minuto un luogo chiave come la Foresta amazzonica perde una porzione di superficie pari a un campo da calcio. A dirlo sono le immagini satellitari analizzate dall’Inpe, l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile. Il ritmo della deforestazione è raddoppiato da quando si è insediato il governo di Jair Bolsonaro, il presidente eletto alla fine del 2018 con la promessa, tra le tante, di ridurre i vincoli per gli allevatori e gli imprenditori in Amazzonia. Bolsonaro, rappresentante dell’estrema destra e del mondo della finanza, ha quindi deciso di invertire la tendenza attestata negli ultimi quindici anni, quando al Palácio do Planalto di Brasilia sedevano i rappresentanti del PT, il Partito dei lavoratori, che aveva cercato di ridurre la deforestazione attraverso un lavoro coordinato delle agenzie federali a scopo preventivo e un sistema di multe e di provvedimenti repressivi. Con Bolsonaro, questa politica è cambiata, in linea con la posizione negazionista sul cambiamento climatico che accomuna il presidente brasiliano alla cosiddetta alt-right statunitense, al punto da accusare la propria agenzia spaziale di mentire solo per rovinare la reputazione internazionale del Brasile.
    Diecimila chilometri più a est, in Africa, c’è invece un Paese che vuole andare in direzione contraria: l’Etiopia di Abiy Ahmed Ali, che lunedì 29 luglio ha annunciato di aver cominciato a costruire un’eredità verde per le future generazioni piantando 350 milioni di alberi in dodici ore. L’iniziativa è il primo passo di un progetto più ampio, chiamato appunto Green legacy, che prevede da qui alla fine dell’estate la semina di quattro miliardi di alberi, 40 per ogni cittadino etiope, in uno sforzo che ha lo scopo di contrastare la deforestazione e mitigare il cambiamento climatico in un Paese che da anni soffre di sistematiche siccità e disastri ambientali in cui l’uomo gioca un ruolo da protagonista: un secolo fa il territorio etiope era coperto al 35% da foreste, oggi è soltanto il 4%.
    Secondo i ricercatori del Politecnico federale di Zurigo, considerato uno tra i più importanti centri di ricerca al mondo, piantare alberi è nettamente lo strumento più potente ed economico per contrastare la crisi climatica, fino ad assorbire due terzi delle emissioni globali legate all’attività umana.
    La ricerca, realizzata nel 2019 dall’istituto svizzero e guidata dal professor Tom Crowther, si basa sull’analisi delle immagini satellitari e l’incrocio delle immagini con dieci differenti categorie di terreno, fattori climatici e topografia, e ha provato a calcolare quanti alberi potrebbero essere piantati senza danneggiare le coltivazioni o le aree urbane.
    La conclusione è che ci sono almeno 1,7 miliardi di ettari di terreni privi di alberi e nei quali le condizioni climatiche potrebbero permettere di piantare 1.200 miliardi di alberi. Si tratta dell’11% delle terre emerse, un territorio pari alla somma di Stati Uniti e Cina messi insieme. In una precedente ricerca, Crowther aveva calcolato con lo stesso sistema che nel mondo oggi ci siano circa 3.000 miliardi di alberi, circa la metà rispetto all’epoca preindustriale, e che dieci miliari di piante vengano rimosse ogni anno.
    Anche se il suo potenziale è enorme, la semina di nuovi alberi non può tuttavia essere vista come la soluzione universale alla crisi climatica, innanzitutto perché richiede molto tempo, circa un secolo, prima di entrare a regime, e il tempo rimane un fattore fondamentale proprio perché sta per scadere. Inoltre, non tutti concordano sulle stime pubblicate da Crowther, secondo cui la capacità di assorbimento dei nuovi alberi è di circa 200 miliardi di tonnellate di carbonio. Simon Lewis, ricercatore dello University College di Londra, afferma che il carbonio già presente nel terreno prima che l’albero venga piantato non è stato inserito nel calcolo e che secondo l’Ipcc, Intergovernmental Panel on Climate Change, il potenziale di assorbimento a regime sia soltanto di 57 miliardi di tonnellate. Ma il vantaggio, secondo il gruppo di ricerca guidato da Crowther, è che questa «è una soluzione climatica che non richiede che il presidente Trump decida immediatamente di credere nel cambiamento climatico», aggiungendo che la tecnica «è disponibile sin da subito, è la più economica e chiunque di noi può essere coinvolto». La metà delle aree in cui potrebbe avvenire la riforestazione è concentrata nel sei Paesi più grandi del mondo: Russia, Canada, Cina, Stati Uniti, Brasile e Australia.
    In realtà, esiste già un’iniziativa di riforestazione chiamata Bonn Challenge, che nasce nel 2011 con l’obiettivo di ristabilire 150 milioni di ettari di superficie deforestata entro il 2020 e 350 milioni di ettari entro il 2030. All’iniziativa aderiscono 48 Paesi, tra cui proprio l’Etiopia, e a oggi l’obiettivo previsto per il prossimo anno è stato raggiunto e ampiamente superato, dando qualche speranza a un’iniziativa dal valore non soltanto simbolico.
    Intanto, mentre leggevate questo articolo, quattro ettari di foresta amazzonica hanno smesso di esistere.

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