Puglia: per la prevenzione dei morti e degli infortuni sul lavoro

Due proposte di Vito Totire e Maurizio Portaluri (*)

Spesso le notizie di morti sul lavoro vengono commentate, anche dal presidente della Repubblica, con il solito e rituale «mai più»; è ben evidente che “ricordarsi” dei morti è preferibile alla indifferenza totale ma dobbiamo anche evitare l’impotenza, la rassegnazione, la mera reiterazione di “buoni propositi”. Alcuni eventi luttuosi hanno funestato il mondo del lavoro del territorio pugliese in questi ultimi anni: qualche anno fa i morti a Molfetta, poi la strage della fabbrica di fuochi artificiali a Modugno, la strage ferroviaria di Andria, i braccianti morti di fatica; purtroppo si potrebbe continuare… Se questi eventi luttuosi rievocano vero rammarico e vero sentimento di lutto dobbiamo fare in modo che le cose cambino.

Una prima proposta concreta che vogliamo avanzare prende spunto da un’esperienza in Toscana organizzata, come purtroppo spesso succede, “dopo” una strage invece che ”prima”; in questo caso è stata quella della fabbrica tessile a Prato che ha causato 9 morti nel dicembre 2013.

La nostra ipotesi (iniziale) è: organizzare una èquipe regionale di 25 operatori – 5 per provincia – più un congruo numero di mediatori culturali, che abbiano come programma e obiettivo il monitoraggio delle situazioni di rischio esistenti e “disperse” nel territorio, in agricoltura ed in altri comparti (edilizia, fuochi artificiali o altro). Il primo atto potrebbe essere la convocazione di udienze conoscitive territoriali a partire dai siti più problematici; ulteriori situazioni di rischio sono più stabili e facili da identificare e dunque possono e devono essere ricondotte all’azione ordinaria dei servizi ispettivi territoriali della medicina del lavoro delle Asl; risulta peraltro l’esistenza di programmi o progetti di intervento per Taranto connessi evidentemente alla presenza morbigena dell’Ilva.

L’equipe regionale, articolata in sottogruppi provinciali, dovrebbe avere questi compiti: a) in primis, come già detto, l’organizzazione di incontri conoscitivi con lavoratori, sindacati, imprenditori e associazioni di immigrati; b) disegnare una mappa del rischio territoriale, a cominciare da agricoltura, edilizia, trasporti, produzione e deposito di fuochi artificiali; c) individuare priorità di interventi organizzati sia con azioni di informazione e divulgazione – nei primi 6 mesi del progetto – sia, in rapida successione, con azioni ispettive (è necessario che tutti gli operatori siano investiti del ruolo di ufficiali di polizia giudiziaria); d) l’azione dovrà vertere su: analisi del rischio infortunistico (mezzi motorizzati , attrezzature manuali, vestiario, scale, reti, ecc.) e del rischio sanitario (alimentazione, ddppii, vestiario, condizioni di alloggio); valutazione della idoneità al lavoro con contestuale verifica della idoneità e/o della necessità di aggiornamento degli attuali protocolli di idoneità sanitaria; supporto al ricollocamento lavorativo per i lavoratori risultati non idonei; valutazione delle condizioni di distress anche ai sensi dell’articolo 28 del decreto 81/2008 con particolare attenzione dunque alle differenze di genere, di età e di cultura.

Una seconda proposta è la costituzione di una commissione di inchiesta sulle stragi di Modugno (fuochi artificiali) e di Andria (ferroviaria). Dunque proponiamo – oltre alla èquipe regionale per il monitoraggio del rischio in agricoltura – la costituzione di una commissione di inchiesta regionale sulla strage di Modugno e su quella di Andria, che abbiano come oggetto (la prima) il tema della produzione/uso/consumo di fuochi pirotecnici e la sicurezza nei trasporti (la seconda); se garantire trasporti efficienti è un servizio ineludibile in una società moderna, per quel che riguarda i fuochi pirotecnici la commissione deve darsi come obiettivo non solo la valutazione dell’evento di Modugno (nessuna “competizione” con l’inchiesta della Procura della Repubblica) ma anche un progetto di fattibilità per il bando della produzione di merci nocive e inquinanti come questa. Una commissione regionale di questo tipo fu costituita al tempo della strage della Mecnavi di Ravenna del 13 marzo 1987; evento tragico che fu ovviamente anche oggetto di indagine penale (a conferma della impossibilità di fare “doppioni”). Per la strage di Modugno invece – pur in presenza di un procedimento penale che non intendiamo assolutamente sottovalutare, ma che consideriamo non esaustivo – occorre uscire dal generale silenzio a livello sociopolitico che sta accompagnando questo tragico evento; per “silenzio” ovviamente non intendiamo che la notizia non sia trapelata ma che la discussione sulle cause e sui provvedimenti da adottare è stata assolutamente assente; nella immediatezza della strage abbiamo assistito alla solita enunciazione di buoni propositi da parte delle istituzioni: si annunciò l’imminente varo di nuove e più stringenti norme di sicurezza; si vede purtroppo la situazione non è divenuta accettabile se abbiamo dovuto prendere atto di un ennesimo morto sul lavoro, recentissimo, questa volta a San Severo, sempre nel comparto dei fuochi artificiali; anzi secondo dichiarazioni di rappresentanti dei vigili del fuoco – coeve al luttuoso episodio – si sarebbero verificati in Puglia un grave evento grave ogni anno, nello stesso comparto.

Anche per la strage ferroviaria di Andria abbiamo registrato un silenzio – non altrettanto eclatante forse, ma analogo – come se fosse più degno di notizia il reintegro del capostazione piuttosto che l’interrogativo generale sulla evitabilità della strage. Tuttora viene presentata come grande novità l’installazione su tratte ferroviarie (stiamo parlando sempre del territorio pugliese) del sistema di vigilanza denominato SCMT, il che evidenzia almeno due cose: a) che se viene annunciata l’arrivo dello SCMT significa ovviamente che quella tratta ne era priva; 2) che esistono sistemi di vigilanza ancora più efficaci dello SCMT e che occorre spiegare perché a questo punto (2017) ancora si debba ripiegare su strumenti già superati in termini di sicurezza.

Queste due nostre proposte nascono dalla riflessione sulla situazione attuale e sulle buone prassi già adottate (con buoni risultati) in altre circostanze: il potenziamento dei servizi di vigilanza è sempre stata una idea dichiarata valida a parole quanto trascurata nei fatti; si tratta di una idea/proposta che riemerge sempre “dopo” un evento tragico come appunto è successo a Prato e che invece dobbiamo affermare e concretizzare prima, se vogliamo davvero fare prevenzione e non funerali.

04 novembre 2017

(*) Vito Totire (circolo Chico Mendes – Bologna) è medico della Prevenzione; Maurizio Portaluri (associazione Salute Pubblica – Brindisi) è medico oncologo.

FOTO da http://www.brundarte.it/2015/10/23/cose-e-oggetti-del-nostro-passato-per-non-dimenticare/. Lu mmbili (o lu mummulu) – oggetto di uso contadino: veniva riempito di acqua e messo nel pozzo a rinfrescarsi per poi essere portato in campagna in quanto  manteneva l’acqua sempre fresca. Risultava perciò molto utile quando si lavorava nei campi per circa dodici ore al giorno e si aveva l’esigenza di bere e rinfrescarsi.

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