«Qualcosa là fuori»

Zaffiro e Acciaio alle prese con la catastrofe del clima e in più Donald Trump: per la settima volta di Johnny Sheetmetal in bottega una recensione/racconto del bel romanzo di Bruno Arpaia

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Titolo: «QUALCOSA, LA’ FUORI»

Autore: BRUNO ARPAIA

Editore: GUANDA

Tutte le anomalie verranno regolate dalle forze che controllano ogni dimensione. Ovunque ci sia vita non verranno usati elementi transuranici pesanti. Sono disponibili i pesi atomici medi: Oro, Piombo, Rame, Giaietto, Diamante, Radio, Zaffiro, Argento e Acciaio. Sono stati assegnati Zaffiro e Acciaio.

PROLOGO

Messaggio in codice da Radio a Zaffiro e Acciaio, protocollo numero 345 bis. Segnalata interferenza dimensionale su arco 2015-2080 d. C. (numerazione cristiana). Evoluzione climatica non adeguatamente controllata, effetti disastrosi. Possibile intrusione di realtà fittizia su orizzonte degli eventi. Fattore di rischio K5. Nodo svincolante: elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti d’America. Si richiede di indagare.

QUALCOSA…

* «Insieme a tre di noi, siete stati scelti per andare a negoziare con gli svizzeri. Per lasciarci usare il loro corridoio umanitario, vogliono essere sicuri che questa sia una colonna di civili, anche se protetta da persone armate. Non hanno mai visto tanti migranti insieme, perciò saranno diffidenti, sospettosi. Se qualcuno di loro vi farà domande strane, rispondete con decisione, ma dicendo la verità. E’ tutto chiaro?» *

Una ragazza dai lineamenti sudamericani stava per dire qualcosa, quando fu interrotta da Irina, una delle guide. «E voi due da dove diavolo spuntate fuori?».

Si girarono tutti verso i due intrusi. Si capiva subito che non c’entravano nulla con il gruppo dei migranti, per i loro abiti puliti e di ottima fattura, anche se un po’ antiquati, che li facevano sembrare due invitati a un party degli anni ’70. Lui era in completo nero con farfallino e camicia bianca, lei vestiva un elegante abito a fiori, il cui colore azzurro faceva pendant con gli occhi.

«Non preoccupatevi, ce ne andremo subito. Siamo qui per farvi qualche domanda», disse l’uomo.

Yasmina portò la mano alla pistola. «Siete delle spie…».

«Non siamo delle spie. Dobbiamo fare una piccola indagine».

«Non c’è tempo per le indagini, ora. Se volete aggregarvi sappiate che…».

La donna fissò Yasmina, e sembrò che l’atmosfera d’un tratto cambiasse. In mezzo al gruppo di profughi, Livio Delmastro sentì sciogliersi la tensione. Si chiese cosa ci facesse lì, dove stessero andando davvero.

«Grazie, Zaffiro. Ora, per favore, fate venire la capogruppo».

Poco dopo comparve Rocìo, che dopo un breve istante di perplessità, contagiata dalla generale atmosfera rilassata indotta da Zaffiro, rispose docilmente alle domande.

«Perché voi guide siete tutte donne?», chiese Acciaio.

Rocìo abbassò gli occhi. «Non lo sappiamo».

«Com’è possibile che non lo sappiate? Dove sono gli uomini, alla TransHope?».

«Occupano solo i posti dirigenziali», rispose Irina, con una smorfia.

«E lasciano fare il lavoro sporco a voi?».

«Risultiamo più convincenti quando si tratta di trovare nuovi clienti per i viaggi della speranza. La gente si fida di più».

«La gente si fida di più…» L’uomo e la donna si scambiarono un’occhiata d’intesa.

«Avete mai sentito parlare di un personaggio di nome Donald Trump?».

Tutti i presenti si scambiarono sguardi perplessi. Livio Delmastro ebbe una strana impressione. Che quei due personaggi non facessero parte del mondo reale, ma fossero delle specie di proiezioni olografiche.

«Non conosciamo nessun Donald Trump».

Questa è la prova, Zaffiro.

Non è la prova. Siamo decenni avanti. Molti di loro probabilmente non hanno mai letto un libro di storia.

Vuoi scherzare? Se fossimo sulla linea temporale corretta, tutti ricorderebbero il nome dell’uomo che una volta eletto presidente degli Stati Uniti diede inizio alla catastrofe.

Eppure sento molto dolore, molta sofferenza, Acciaio. E’ ben resa, è violenta. E’ vera.

Poco dopo la comitiva delle guide e dei profughi scelti s’incamminarono alla volta della casamatta posta sul confine, dove avrebbero discusso con la capoposto svizzera per contrattare il passaggio. I due strani personaggi li seguirono a distanza. Il sole batteva caldo, e nel vestito stretto Acciaio sudava.

Anche questo sole sembra reale, accidenti.

Non questo paesaggio, Acciaio. Dove sono gli alpeggi, le baite, gli animali al pascolo?

Siamo in un romanzo, cara. E’ tutta una finzione.

Eppure sembra così vero.

Non li lasciarono entrare subito. La voce della capoposto, dalla casamatta, attraverso un altoparlante, li interrogò con una voce gracchiante. A un certo punto si innervosì.

* «Com’è possibile che non sappiate neppure quanti siete?»

«Parecchi sono morti nel cammino», rispose Rocìo. «Tenere bene il conto non è facile…» *

«Scusi!» s’intromise Acciaio, urlando per farsi sentire. «Anche lì alla casamatta siete tutte donne?».

Le teste della comitiva si girarono a guardarli. Livio Delmastro ebbe un sorriso. Rocìo mise su una smorfia di disappunto.

«Chi siete voi due?», s’informò la voce.

«Due profughi curiosi. Come mai siete tutte donne?».

«Qui sono io che faccio le domande. Voi due siete strani. Quegli abiti non vanno bene: se mai vi faremo passare, ve li sequestreremo».

«Avete mai sentito parlare di un uomo chiamato Donald Trump?».

In tutta risposta si udì un rumore secco, crepitante. Il terreno ai piedi di Zaffiro e Acciaio sembrò esplodere i mille piccoli vulcani. I due indietreggiarono; Acciaio mise su un sorriso di scherno.

Il nome di quell’uomo funziona sempre bene.

…LA’ FUORI

* «Ma tu a chi vuoi prendere per il culo? Porti tuo figlio in ospedale e non hai la money card?». Il poliziotto era passato al tu, e non era buon segno. «Avanti, caccia subito i soldi o ti arresto.» *

Il sole di Napoli batteva ancora più spietato, quella mattina. Via Pessina sembrava deserta. Leila non ce la faceva più: la preoccupazione per Matìas, febbricitante, che stava portando in ospedale su consiglio di un amico medico; l’esasperazione degli anni trascorsi in quella città, in cui la sua vita era andata a catafascio; il rapporto con Livio e la sua famiglia, sempre più difficile. Matìas cominciò a piagnucolare. Stava per rispondere spinta dalla pancia, dalla rabbia, dalla disperazione, quando udì alle sue spalle una voce di donna.

«Fermati!».

Fu come se quell’istante si congelasse. Il poliziotto continuava a guardarla, i denti guasti stretti in un ghigno, il tatuaggio sul collo un monito minaccioso, immobile come una statua. Le auto erano ferme, Matìas non piagnucolava più. Forse anche la Terra aveva smesso di girare.

Solo lei poteva muoversi, e quella donna dagli occhi come il cielo, e quell’uomo elegante e nervoso, che le era accanto in mezzo alla strada.

«Chi siete? Cosa sta succedendo?».

«Non importa chi siamo» le disse l’uomo attraverso il finestrino aperto. «Vogliamo solo rivolgerti una domanda».

«Perché tutto si è fermato?».

«Perché siamo in un flashback. Tutto questo è già avvenuto, e noi siamo in grado di scomporlo e di esaminarlo più in profondità».

«Non capisco…». La voce di quell’uomo era tagliente come metallo. La donna invece la guardava dritto in faccia, e sembrava capirla. Sembrava vivere la sua stessa sofferenza.

«Cara, non ti faremo del male. Tra poco ti lasceremo… andare».

Qualcosa nel suo tono spaventò Leila.

«Devo correre in ospedale, mio figlio sta male».

«Invece tuo figlio non ha niente di grave. Perché hai telefonato a Vìctor? Potevi evitare di uscire, non sarebbe successo nulla…».

«Ora smettila, Zaffiro. Siamo qui soltanto per farle una domanda. Non possiamo influenzare il dipanarsi degli eventi».

La donna guardò l’uomo e increspò le belle labbra disegnate dal rossetto.

«Ora mi ascolti: conosce un uomo di nome Donald Trump?».

Leila non fu sicura di aver capito la domanda.

«Le ho chiesto se ha mai sentito parlare di un certo Donald Trump» ripeté l’uomo.

Leila frugò nella memoria. Scosse la testa. Le sembrava che tutto il passato prima dell’arrivo a Napoli, prima dell’università in California, prima dell’incontro con Livio, fosse un foglio bianco.

Anche nei flashback, più vicini temporalmente all’elezione di Donald Trump, nessuno sembra ricordare nulla.

Però non vuol dire che non sia la realtà, Acciaio.

Ah no? Di cos’hai ancora bisogno? Ti pare realistica la Napoli che ci circonda?

Sono confusa. Salviamo questa donna. Salviamola, ti scongiuro.

Lo sai che non è possibile. Ora la lasceremo andare, e assisteremo alla sua morte.

Ti prego…

E non sarà una vera morte, perché siamo dentro un romanzo, Zaffiro, non ti è ancora chiaro?

Ho paura, Acciaio. Una paura che si prova soltanto di fronte alle cose della vita, le cose reali.

Lasciamola andare. Se lei morirà come deve morire, siamo in un romanzo, e il futuro si può ancora cambiare. Se invece sopravviverà, o se succederà qualcosa di imprevisto, allora avrai ragione tu: allora è la vita.

Leila batté le palpebre. I due misteriosi personaggi erano spariti. Forse non erano mai esistiti. Si girò verso il poliziotto. Udì il piagnucolare di Matìas. La rabbia la sommerse nuovamente.

* «Ma vaffanculo, figlio di puttana», urlò, e ordinò al computer di ripartire.

L’agente sparò subito. Tre colpi rabbiosi, un quarto. La macchina percorse pochi metri e si fermò contro un segnale stradale già mezzo divelto.*

Zaffiro e Acciaio erano in piedi di fianco all’auto. Zaffiro piangeva. Nel silenzio totale che avvolgeva la scena, un silenzio come se al mondo non ci fosse più nessuno, Acciaio si avvicinò e aprì lo sportello.

«Guarda, Zaffiro» disse.

La donna si avvicinò. Il sedile guidatore, quello passeggero, i sedili posteriori, erano vuoti. Nessuna traccia di Leila, del figlio Matìas, di nessun altro.

Siamo in un romanzo, questa è la prova.

Hai ragione. L’autore non ha voluto mostrare lo scempio dei loro corpi morti.

Non è per questo. Semplicemente, i personaggi inventati quando muoiono spariscono, perché non avendo un corpo fisico, non possono lasciare un cadavere.

Allora il futuro non è questo…

No. Potrà essere meglio, ma forse anche peggio.

EPILOGO

Acciaio, mi senti?

Forte e chiaro come sempre.

Era solo un romanzo, per fortuna. Eppure era così vero.

Si. Anch’io, che notoriamente sono meno sensibile di te, sentivo qualcosa… angoscia, sofferenza. Soprattutto disperazione.

L’autore è stato molto abile, anche se il tema non è così originale. La pubblicazione risale a qualche tempo prima l’elezione di Donald Trump. Pensi che sia un caso?

Non conta nulla. Piuttosto, considerando gli avvenimenti di quella bolla temporale, mi viene da pensare a un altra considerazione.

Quale?

Mettendo in scena i cambiamenti climatici, precipitandoli con notevole credibilità scientifica, ha creato una realtà in cui semplicemente il Sud del mondo si è spostato un po’ più a Nord.

Hai ragione. Il confine sud della Germania invece delle coste dell’Africa settentrionale.

Il Mar Baltico invece del Mar Mediterraneo.

Migranti italiani, spagnoli, tedeschi, invece di profughi siriani e africani.

Ogni volta che assisto a queste scene, Acciaio, ogni volta che m’intrufolo in romanzi come questo, mi viene in mente un’altra storia.

Quale?

Furore” di John Steinbeck. Tutto fu già scritto là. E in ogni profugo che sbarca sulle coste dell’Italia, io rivedo il fantasma di Tom Joad.

I coevi dell’autore di questo romanzo hanno la memoria corta.

Forse è colpa del tempo, Acciaio. Ci si mette di traverso e fa sbiadire i ricordi.

Soprattutto quelli negativi, macchiati dalla colpa.

Ora basta chiacchierare. Lo scrivi tu il rapporto per Radio, o lo scrivo io?

Scriviamolo insieme. Tanto è la stessa cosa.

(*) le parti in corsivo delimitate dagli asterischi sono tratte direttamente dal romanzo.

NOTA SUL MISTERIOSO JOHNNY

Come qualcuna/o sa – dai 6 precedenti post in “bottega” – «Johnny Sheetmetal» è lo pseudonimo scelto da un collaboratore del Marte-dì. Ogni mese rumina un racconto/recensione, ovviamente con idee, protagonisti e ambientazioni diverse ma in stretta relazione al libro “censito” … sempre muovendosi nei vasti territori del fantastico meglio se “italico”. Diamo appuntamento a Sheetmetal per agosto? Per settembre? Boh. Ne frattempo se avete consigli per altri libri da recentare, cioè da recensire/raccontare sono ben accetti da Johnny, chiunque sia. (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

2 commenti

  • Tre o quattro mesi dopo, non si sa come, Zaffiro e Acciaio riuscirono a intercettare l’autore. Lo bloccarono contro un muro e, prima che lui potesse reagire, gli chiesero a bruciapelo:
    “Cosa sai di Donald Trump?”
    L’autore inarcò le sopracciglia, sorpreso dalla domanda. Poi, cercando di togliersi dal braccio la mano di Zaffiro che lo teneva fermo, disse: “Quando stavo scrivendo il libro, Donald Trump non era nemmeno all’orizzonte delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti…”
    Zaffiro e Acciaio si scambiarono una rapida occhiata. “Non ti crediamo” dissero. Poi gli diedero due fogli che avevano scritto. “Leggi questo” gli intimarono prima di lasciarlo libero e di andarsene. Non avevano fatto nemmeno dieci passi, quando sentirono l’autore urlare: Ehi, voi due… Ma che cazzo dite? Al vertice della TransHope ci sono delle donne… Controllate bene.”

  • «Perché voi guide siete tutte donne?», chiese Acciaio.
    Rocìo abbassò gli occhi. «Non lo sappiamo».
    «Com’è possibile che non lo sappiate? Dove sono gli uomini, alla TransHope?».
    «Occupano solo i posti dirigenziali», rispose Irina, con una smorfia.
    Si sentì il rumore di uno schiaffo. Era stata la mano di Zaffiro a muoversi e impattare sulla guancia di Irina, in una frazione di secondo. «Bugiarda!», le urlò.
    Sul viso di Irina, deformato dalla sorpresa, la guancia cominciò a prendere un colore scarlatto.
    «Calmati, cara…», cercò Acciaio di blandire la compagna.
    «Calmati un corno! Abbiamo fatto una figura barbina con l’autore del romanzo per colpa sua. E adesso deve darci una spiegazione. Perché sostieni che al vertice della TransHope ci sono delle donne, quando non è vero, eh? Avanti: rispondi! Perché? »
    «Lasciate che sia io a darvi qualche spiegazione», s’intromise Rocìo. «Irina sta attraversando un momento particolare, e…»
    «Smettila, Rocìo!», reagì d’un tratto Irina. «Volete sapere il motivo della mia risposta? Non c’è nessun motivo. In quel momento mi andava di rispondere così, tutto lì!», sbottò. «E poi chi siete voi due? Perché avrei dovuto dirvi la verità? Spiegatemelo, una buona volta!»
    Zaffiro e Acciaio se ne tornarono al quartier generale con la coda tra le gambe. Per l’ennesima volta erano riconfermati nell’impressione che da sempre avevano: e cioè che nei buoni romanzi i personaggi erano più imprevedibili che nella vita reale. Guai fidarsi delle loro parole senza avere delle controprove.

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