QUANDO IL NEMICO SI AVVICINA – 2

DESCRIZIONE TERZA

Il fumo degli incendi crepita sulla città, consuma vecchie ciabatte puzzolenti; scava nei nidi ingloriosi e tra lenzuola macchiate da nevrotiche estasi da vie di fatto;

caccia dai cessi donne incazzate da morire con la merda del mondo, in lite perpetua con il colon ribelle, e i mariti che vanno a puttane. La topa domestica è fatta solo per pisciare (sospiro).
Infine compaiono gli invasori per rastrellare le sacche di resistenza e dare luogo all’inferno del Nuovo Mondo.

DESCRIZIONE QUARTA

Procedono su carri immensi, larghi quanto dieci isolati dell’infima Megalopoli, divorando interiora e fegati palpitanti. Buoi maculati li trascinano per strade deserte, seminando di escrementi attorcigliati le loro peste. Muggiscono di spavento tra il lacerare delle esplosioni, e lo sfrigolio dei laser di latta e le grida degli uomini violentati. I buoi mangiano instancabilmente, ruminando tutto ciò che trovano sul loro cammino e dormono tra una sosta e l’altra. Sono particolarmente golosi di libri. Sono capaci di soggiornare giorni e giorni davanti alle biblioteche in attesa dello sgombero. Vandali in hot-pants con accendini-raggio-della-morte salgono vecchie scale e lanciano sotto volumi e pandette insieme a bibliotecari rinsecchiti, mummie ripescate dal crogiolo della morte. I buoi si assiepano sul mucchio e brucano le pagine sfarfallanti fino a scoppiare. Poi defecano ponderose alchimie filosofiche, espellendo rifiuti ideologici in noumeno di merda, dense elaborazione cerebrointestinali asfittiche.
Sui carri si accalcano incongruenze vocianti e inurbane. Sono gli ultimi barbari venuti a travolgere la nostra tranquilla esistenza. Sorgono dai profondi anfratti dell’inconscio collettivo materializzati dalla cattiva coscienza di milioni di operatori di borsa (a meno che non siano effetto di sedute spiritiche in salotti bene).
Parlano come programmatori della Microsoft o appassionati intellettuali infognati sulla Teoria dei Quanta. Dicono continuamente “Centralizzare, Organizzazione e Collettivo” e anche “Dominio, Potere, Egemonia”. Hanno proibito termini quali “Individuale, Libertà, Privato” e pronunciano con disprezzo “Autorità, Comando, Culodipietra”. Leggono ponderosi trattati in dodici tomi e ne discutono per ore sfidandosi in incontri all’ultimo sangue, faide in cui periscono migliaia di loro. Si uccidono dentro Chiese sconsacrate con ampi sorrisi e vibrolame che fanno coagulare istantaneamente il sangue. Usano pure caschi lancia incubi e missili ultrasonici all’albumina. Recitano turpi considerazioni sul Cielo e la Terra e si abbandonano a riti orgiastici al calar del sole nelle topaie scavate nel tufo e nel bandone, laggiù a Brasilia, nei quartieri malfamati e nelle bidonvilles.
Non nascondono i loro scopi. Si sentono sufficientemente preparati a schiacciarci senza diversioni e temporeggiamenti tattici.
Brevemente: si propongono di sostituire la loro civiltà alla nostra; di comprime e annullare il nostro spazio vitale; di impedirci di migliorare la razza; di abolire persino i Lion Clubs e di convincerci che lo fanno per il nostro bene. In prospettiva meditano l’eliminazione fisica dell’Umanità organizzando progrom giganteschi in ogni anfratto dell’Universo, o di polverizzarla immettendola in un qualche Black Hole infernale divora Galassie, uno di quelli veramente tosti, anche se al momento facciamo comodo ai loro vizi antropofagi.
Sono terribili durante i raptus cannibalistici. Balzano all’improvviso addosso all’ignaro da sacrificare e gli succhiano le cervella in un amen. Poi irrorano le frattaglie con le pistole a raggi e le indottrinano con microfilm di citazioni tratte dalla propaganda ufficiale. Divorano poi il tutto masticando a bocca aperta, tipo vecchia fattoria.
Portano ad abbeverare gli animali nelle acquasantiere delle cattedrali gotiche e accroccano prodigi di ogni genere (soprattutto logici) per sbalordire gli ingenui. Sono ingambissima in questo. Sfruttano abilmente ogni più piccolo successo, con risultati che, per quanto effimeri, lasciano allibiti. La gente non può, non deve esserne intimamente convinta. Non lo è, infatti. Ogni volta che riconquistiamo i nostri territori le nebbie dell’inganno, frutto prevalente della costrizione, si dissolvono con la rapidità del lampo. Molti si pentono, qualcuno viene perdonato, vi è persino chi sceglie di entrare nelle nostre file. La severità allora stempera in indulgenza. Sappiamo che non è colpa loro, ma del regime di viltà in cui sono stati allevati. Non hanno saputo resistere all’abile combinazione di lusinghe e di Terrore, di promesse vuote e di minacce (basta un niente per trasformare un qualsiasi malcapitato in gelatina di brodo a doppio gradimento). Cos’altro possiamo fare se non punire i più colpevoli?
Anche le nostre valorose organizzazioni civiche (squadre di civili esasperate) hanno agenti in seno al nemico. Ne inviamo centinaia al giorno, con scarsi risultati, per la verità. Ma non desistiamo. Un paio di noi sono riusciti ad infiltrarsi, e non disperiamo, nel breve volgere di qualche anno, di costituire in loco una vera e propria sesta colonna.

DESCRIZIONE QUINTA
Giungono a bordo di piatti volanti in nuovi materiali ceramici; o su aerostati trascinati in teletrasporto dalle insinuazioni del pensiero. I veicoli sono decorati da micidiali artisti kitsch con la erre moscia e manie naturalistiche. I piatti laboratori attrezzatissimi grandi quanto una Forrestal idropica. Lì dentro scienziati insigni di Galassie lontane (rapiti anche alla Terra) passano le giornate in interminabili partite a scacchi e scopone scientifico a punteggio 41.041. Masticano chewing-gum e si radono continuamente cercando di darsi l’aspetto più decoroso possibile. Appaiono ugualmente una manica di vagabondi, un’orda di maniaci delle Teoria in visita al manicomio provinciale.
Quello commesso ai loro danni è il crimine capitale del nemico: la circonvenzione dell’intelligenza; anzi, della superintelligenza. Uomini eccezionali, gente alla Nietzsche spenta per inedia corticolare e atrofia da eccesso di attività manuale. Con il pretesto della “rieducazione” li fanno sgobbare come demoni, come schiavi mesopotamici destinati all’Altare. Un sacco di sapienza sprecata. Ma le piovre di Antares, così come i compari Lamellibranchi di Sirio e Arturo, non stimano la speculazione. Possedendo già ogni possibile arma di distruzione, non hanno altro interesse che nel combattere e distruggere, per imporre la mostruosa pervertita disciplina del neo-Mandarinato (la loro disciplina).
Tra queste teste balzane, zavorrate da egoistiche ideologie di massa, c’è il nostro teorico dell’arma Zeta, anche lui appecoronato alla marmaglia, nel caccame incredibile. Il nostro è un genio inventato nei laboratori farmagenetici della Free University di Berlino, or sono cinquanta anni. E’ un tizio alto, dinoccolato, biondo, pelle chiarissima, gran bevitore di sidro e grappa mescolati (una cosa orrenda). Peccato averlo perduto! Piangono in continuazione quelli del Centro Operativo Matacena. L’arma Z è la nostra ultima speranza. Una carta pericolosa ma inevitabile, la carta su cui giocare tutto, la sicurezza definitiva per il Nord e per l’Occidente, ultima spiaggia per le nostre convinzioni. In effetti, così come stanno le cose, abbiamo pochissime possibilità di vincere. Il nemico è cento volte più motivato di noi, più unito e sicuro di se stesso. Sono criminale esperti, provati ad ogni intemperie. Hanno agenti ovunque, e sostegni dappertutto. Sono forti (avanzano a valanga). Non abbastanza forti però da resistere all’arma Zeta!
Un’impresa disperata la nostra. Sapevamo poco dei loro metodi di detenzione e quasi nulla sull’esistenza di prigioni mobili costruite su lastroni di ghiaccio alla deriva nello spazio; o dei domicili coatti su aeronavi giganti lunghe milioni di chilometri. Cercavamo per cercare più che altro, per non morire di disperazione. Ma ecco che interviene la Mafia internazionale (hanno diramazioni ovunque, piccoli bruni baffuti divoratori di lupini e olive far¬cite che si puliscono il naso con le dita, blaterando in dia¬letto) e l’impossibile diventa facile. Ci si mette in mezzo anche gente granosa a cui si stringe lo sfintere dalla paura, per cui possono essere assoldati gli elementi migliori sul mercato, duri di Johannesburg, Santiago e Damasco. In un batter d’occhio otte¬niamo le informazioni necessarie. I dati identificativi dell’aeronave, il nuovo visus dell’inventore, rotta e tempi di attesa. Quelli del Centro Matacena contattano Downing Street e deliberano di costituire un commando. Incaricati sono due loffi incredibili, istruttori a Pian del Voglio e Sasardi Viejo. Il primo è un tipo ombroso e carogna che da piccolo scriveva “lavami” sulle auto in sosta impolverate. Successivamente è stato Fedelissimo al servizio della Repubblica, ma per delle inezie su cui non vale la pena soffermarsi, ha ben presto date le dimissioni optando per un lungo viaggio in Medio Oriente. L’altro è uno sceicco (figlio) cacciato di casa a calci per imbecillità congenita, e un eccesso di litigiosità che vanamente cercò di stemperare con un soggiorno coatto tra i freaks di Metanopoli.
I due acchiappano i loro uomini e dicono:
– Brutte teste di cazzo rottinculo, vi va di menare le mani?
Naturalmente sì, rispondono. Che cazzo ci stiamo a fare dalle parti di San Babila a palpare ragazze-dai-denti-disciabola che passano? Figli! È una brutta storia questa, gironzolare senza sapere dove sbattere la testa, E COME MENARE LE MANI!
I due insistono.
– Allora, rincoglioniti figli di puttana. C’è l’occasione di mandarsi per le ossa qualcuna delle bambolone del Volga. Che ne dite?
Loro dicono che va bene, anche se sembra pericoloso. Purché ci siano grana e cammelle di buona razza in abbondanza. Grana ce n’è, a pacchi; troie di lusso quante se ne vuole. D’accordo, dunque. E partono. E s’infognano nella più pazzesca e sgangherata avventura dai tempi degli Argonauti (da sola meriterebbe un intero romanzo, ma in effetti entra solo marginalmente nella nostra). In pochi su un vecchio aereo dei primo anni ‘90 per una missione da un milione di anni luce, con un paio di teletrasporti sottratti ai depositi segreti degli invasori, uno schermo antiradar, qualche hot-machine, più una dum-dum di quelle pesanti rumorose da far paura. Arrivano in un baleno sul tipo e lo aggranfano a regola d’arte. La coppia di finti guardiani-guardie-del-corpo è liquidata come niente e il vecchio pazzoide frullapidocchi ritorna al suo posto di lavoro, rapidamente, tipo Entebbe.
Naturalmente racconto le cose alla buona, nei termini incerti in cui è stato possibile ricostruirle. Testimoni diretti della scena non ve ne sono e le fonti ufficiali fanno capire che è meglio tenere il becco chiuso.
Acqua in bocca quindi. E lasciamo che parli il racconto, non solo i particolari che lo costituiscono.

Da quello che è stato possibile accertare (le testimonianze sono scarse e poco attendibili) i rapitori sono giunti all’alba precipitandosi dall’alto tramite cinture antigravità di fabbricazione Europea, realizzando una sorpresa totale. I militari presenti sembra non abbiano sparato né con i disintegratori di ordinanza, né con i Mab-Molotov. Il fuoco incrociato e crudele degli aggressori li ha seminati all’istante sul¬l’asfalto. Unica testimonianza quella di vecchia signora insonne che dichiara di aver visto alcuni energumeni mascherati trascinare dentro un’ambulanza un suo vicino recalcitrante. La persona rapita non accupava alcun posto di rilievo nella vita politica, artistica o finanziaria della città, per cui restano oscuri i motivi dell’operazione banditesca. La Questura avanza l’ipotesi di un infausto scambio di persona.

(segue)

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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