Quando sarò vecchia

1

di Daniela Pia – 

Quando sarò vecchia racconterò ai miei nipoti di un tempo in cui la parola libertà aveva un senso, anche a scuola. Figlia di conquiste di generazioni coraggiose che si spesero per cancellare privilegi, nepotismi e regalie. Mi guarderanno, lo so, i miei nipoti, stupiti come quella ragazzina di cui parlava Asimov nel suo ” chissà come si divertivano” -l’insegnante meccanico, già in funzione, la stava aspettando. Era in funzione sempre alla stessa ora, tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, perché la mamma diceva che le bambine imparavano meglio se imparavano a orari regolari.
Lo schermo era illuminato e diceva – Oggi la lezione di aritmetica è sull’addizione delle frazioni proprie. Prego inserire il compito di ieri nell’apposita fessura.
Margie obbedì, con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che avevano da studiare.
E i maestri erano persone… L’insegnante meccanico faceva lampeggiare sullo schermo: – Quando addizioniamo le frazioni 1/2 + 1/4…
Margie stava pensando ai bambini di quei tempi, e a come dovevano amare la scuola. Chissà, stava pensando, come si divertivano!-

Non si divertiranno più , dopo questo Ddl, gli/le insegnanti. Lavoratori che hanno offerto alla scuola della Repubblica la loro inventiva, competenze professionali adattabili a studenti/esse così diversi fra loro. Quelli che posero i più fragili e i loro bisogni al primo posto delle loro mattine, e sere e anche notti. Quelli che spesero la vita nello studio per offrire un piatto fragrante di cibo per la testa e l’anima. Quelli capaci di “sobillare” i ragazzi invitandoli a coltivare e spendere le loro competenze critiche,  a dubitare. Sempre,  di tutto e di tutti.

Insegnanti: uomini e donne non certo perfetti, in quanto umani. Imbarcatisi, tuttavia, nella traversata del mare Scuola Pubblica, con la curiosità e il desiderio di giungere a vedere la terra, luogo in cui avviare la semina di cui non avrebbero visto tutti i frutti. Anzi sapendo che ne avrebbe visto pochi. Gente capace comunque di intuire la bellezza dello scavare solchi per poter poi seminare in una stagione magica e ricca di speranza.

Romanticherie, pensano alcuni. Anacronismi urlano altri. Vecchiume lo definisce una certa visione manageristica dell’esistenza. E dell’istruzione.

Ma sono sicura che se mai arriverò a questa “ultima Thule” chiamata Pensione, l’isola nella quale osservare, finalmente, la lentezza del grano che cresce godendo della gestazione delle stagioni , mi prenderò in grembo i miei nipotini e racconterò loro la favola bella di un tempo in cui speranza e scuola andavano a braccetto, e sfilavano sotto il vessillo dell’articolo 33 di una carta, chiamata Costituzione, confusa sempre più spesso -da certa politica-  con la carta igienica.

Ma poiché sarò una nonna accorta e previdente, morirò prima, lasciando così un barlume di speranza ai piccini immaginati. Poi, mentre viaggerò nel mio purgatorio, osserverò il sudore della fronte mia pagare le prebende e i privilegi ai carnefici dell’Istruzione pubblica. Allora coltiverò una gramigna pestilenziale e la farò attecchire fra la marmaglia sinistra che morirà soffocata dal suo potere. Lentamente. Ne avrò tutto il tempo e il godimento. E nessun rimpianto.

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *