Questione di civiltà: un appello da Messina

 di Pietro Saitta (*)

Care/i tutte/i,

dentro un campo sportivo dell’università di Messina, il Palanebiolo, è stato creato da circa due mesi una specie di centro informale per l’accoglienza dei rifugiati politici e dei richiedenti asilo.

Si tratta in pratica di una grande tendopoli dove vengono ospitati uomini, donne e bambini. Da settimane, insieme a uno sparuto gruppo di colleghi e qualche associazione, mi sto impegnando per fare chiudere questo obbrobrio e fare spostare le persone dentro un residence universitario.

In questi giorni sto facendo circolare un documento, rivolto al rettore e al senato accademico, che potete leggere qui sotto.

Una vera solidarietà per i profughi all’università di Messina. Lettera aperta al rettore Navarra su emergenza immigrazione e ateneo

Nell’ottobre 2013, in seguito a quello che è forse il più eclatante naufragio sinora avvenuto al largo di Lampedusa, il Comune di Messina si dichiara, pur nell’assenza di strutture idonee, disponibile a ospitare alcuni richiedenti asilo approdati nell’isola. La prefettura di Messina chiede all’Università degli studi di Messina di rendere disponibile allo scopo parte del proprio patrimonio immobiliare. La “Commissione Sicurezza” della prefettura, dopo avere scartato un residence universitario perché inidoneo ai fini della sorveglianza, individua in quella che è una struttura sportiva d’eccellenza, il Palanebiolo, il sito adatto a ospitare la prima ondata di richiedenti asilo.

Fra ottobre e dicembre un primo gruppo di 180 uomini e minori viene accolto in una camerata approntata dentro un campo da basket al chiuso. Com’è prevedibile, il Palanebiolo non dispone di servizi igienici idonei ad accogliere questa massa di persone e finisce presto col presentare gravi problemi igienico-sanitari. Vengono identificati presunti casi di scabbia e le persone sospettate di esserne affette vengono isolate nell’anticamera dei bagni. I volontari che si sono mobilitati per prestare assistenza legale scoprono, a tre settimane dall’arrivo dei richiedenti asilo, decine di casi riguardanti persone con ferite e traumi riportati nel corso del lungo viaggio verso la Sicilia e altre patologie non adeguatamente curate. Il caso più eclatante, ma non certamente l’unico, riguarda un giovane che riporta una frattura alla gamba risultante da una ferita da arma da fuoco, lasciato per oltre venti giorni senza cure in ragione di inspiegabili problemi burocratici che ne avrebbero impedito l’accesso all’ospedale.

Mentre questa prima fase dell’emergenza tende lentamente a sgonfiarsi e i richiedenti asilo vengono inviati presso Cara e Sprar in varie parti del territorio italiano, una tendopoli atta a ospitare oltre duecento persone viene montata nella sezione esterna del Palanebiolo, specificamente nel campo da baseball (esposta dunque a pioggia, freddo e, soprattutto, fango).

A questo punto il Comune apre un vero e proprio scontro istituzionale con la prefettura, proponendo un sito alternativo (il residence Le dune) che, per motivi tecnico-giuridici, non viene neanche considerato dall’autorità prefettizia. A inizio dicembre, e per alcuni giorni, il Palanebiolo si svuota completamente, pur restando in piedi la tendopoli. Mentre la stampa locale parla della “restituzione delle chiavi” del Palanebiolo all’Università, in molti si interrogano sul significato di quelle tende rimaste erette nel campo da baseball. La risposta arriva presto: altri centosessanta uomini, donne e minori vengono fatti affluire nel campo.

Ma questa volta la strategia della Prefettura muta: i nuovi giunti vengono smistati rapidamente e gli arrivi si succedono velocemente. È nel corso di questa seconda fase che la stampa conferma la voce che da tempo circolava fra gli addetti ai lavori: l’Università di Messina entra a far parte di un nuovo programma, non previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione e dalla normativa in materia di richiedenti asilo, consistente nella creazione di strutture di smistamento presso cui ospitare migranti e rifugiati in attesa di fare ingresso presso centri regolamentari.

La struttura sportiva dell’Ateneo messinese è entrata così a fare parte di una tragica storia di contenimento e sostanziale limitazione dei diritti in atto in Europa, in ragione della scelta dell’autorità prefettizia e del ministero degli Interni di tenere insieme centinaia di persone all’interno di una struttura inidonea a ospitare esseri umani per più di qualche ora e del rifiuto netto a distribuirle nel territorio, nonostante la disponibilità manifestata da diverse associazioni, da alcune parrocchie e da singoli cittadini e famiglie.

I risultati delle ricerche accademiche svolte sulle emergenze umanitarie succedutesi negli ultimi vent’anni hanno dimostrato che situazioni molto simili a quelle che si stanno compiendo a Messina, iscritte nella retorica della solidarietà, si sono purtroppo convertite in pratiche di limitazione della libertà dell’individuo migrante, nella sua depersonalizzazione e ghettizzazione, oltre che in “stati di eccezione” insostenibili sul piano teorico e giuridico.

In ragione di queste considerazioni e per potere meglio assecondare quei princìpi di solidarietà che lo hanno certamente indotto a concedere quello spazio, nel nostro ruolo di docenti universitari, ricercatori, studenti e cittadini democratici, chiediamo al Magnifico Rettore dell’Università degli studi di Messina, professor Pietro Navarra: 1) di promuovere un’assemblea pubblica aperta alla comunità accademica, studentesca e amministrativa, oltre che al V quartiere, per valorizzare le competenze interne all’ateneo in vista dell’individuazione di soluzioni alternative; 2) che, così come fatto da altri atenei in situazioni analoghe, venga nominata una commissione composta da studiosi di diritto, medicina e scienze sociali che affianchi i richiedenti asilo e i migranti per offrire supporto; 3) di promuovere una campagna di solidarietà volta all’accoglienza dei richiedenti asilo nelle case di coloro che – studenti, docenti e personale tecnicoamministrativo – ne abbiano volontà e disponibilità; 4) di predisporre un atto di revoca della disponibilità espressa all’impiego del Palanebiolo; 5) di farsi promotore di un rinnovato tavolo istituzionale con l’amministrazione comunale, la prefettura e le altre autorità competenti per discutere delle soluzioni individuate.

Coloro che fossero interessati a supportare l’iniziativa possono scrivere a: Pietro Saitta (psaitta@unime.it).

Sarei lieto se voleste aderire con una semplice firma.

Con preghiera di diffusione.

Fraterni saluti,

Pietro Saitta

pisait@gmail.com

(*) Altre notizie qui: http://www.tempostretto.it/tags/pala-nebiolo («Tempo stretto» è un quotidiano on line di Messina e provincia)

Redazione
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