«Questo è l’inizio, non la fine»
Una “non recensione” di Christiana de Caldas Brito in bilico «Sull’orlo delle cose», primo libro poetico di Livia Claudia Bazu
La “bottega del Barbieri” parla di poesia, pubblica poesia, semina poesia. Non solo dà un esempio di lotta per la cultura in questo periodo di crisi, ma ci ricorda che è arrivato il momento di essere «SULL’ORLO DELLE COSE» ed è l’invito che ci fa Livia Claudia Bazu con il suo primo libro di poesie.
Non si spiega la poesia. I versi non tollerano le teorizzazioni. Cosa potrei fare allora per recensire il libro di Livia? Semplicemente raccontarvi come ho vissuto i versi di Livia e dare spazio alle creatività della poeta.
Uso il termine “poeta” come “patrimonio indifferenziato” dei due generi. Tale uso è stato suggerito dalla Compagnia delle poete di cui Livia Bazu fa parte, come recentemente ricordava Daniele Barbieri qui, nelle pagine della “bottega”.
Chi è Livia Claudia Bazu?
Nata a Bucarest nel 1978, Livia ha 12 anni quando viene a vivere in Italia. Figlia di una traduttrice e di un pianista, a Roma si laurea in Letteratura Comparata e consegue il dottorato di ricerca in Linguistica. Pubblica poesie e racconti on line e in riviste cartacee. Nel 2003 vince un premio di poesia nel concorso letterario “Eks&Tra”.
Conosco Livia dal 2000. Abbiamo condiviso non solo momenti di gioia come la nascita di suo figlio Leonardo nel 2005, ma intensi momenti lavorativi, conducendo laboratori di scrittura.
Vi racconto come sono entrata in contatto con la sua poesia. Due anni fa, Livia venne a casa mia per leggermi i suoi versi. Ci siamo messe davanti al computer. Entrai nei suoi versi (in realtà sono stati i suoi versi a entrare in me) e fui presa dal loro ritmo. I versi di Livia mi riempirono di entusiasmo, parola che viene dal greco e ha a che fare con “Théos”, la forza divina.
La poesia di Livia non è nascosta nelle cose, è sottilmente «SULL’ORLO DELLE COSE». Questo titolo mi porta in mente due immagini.
La prima, un dipinto della Magna Grecia che si trova a Paestum, nella Tomba del Tuffatore: un uomo si trova sospeso nel momento esatto del tuffo. Non si è ancora immerso nell’acqua ma ha già lasciato la terra. Si trova nel passaggio tra due forme di essere: è sull’orlo, una posizione poetica.
L’altra immagine è Il Matto, l’unica carta non numerata dei Tarocchi prima del Mago che è la numero uno. Il Matto ci fa vedere un giovane uomo con un piede a terra e uno su un abisso. Anche lui è sull’orlo … Dopo aver conosciuto la poesia di Livia, ho visto come poetica anche la posizione del Matto.
Per Livia la poesia è qui, è lì, è dappertutto, ma ha una forma diversa di essere: sull’orlo di quel che vediamo. Allora, mi domando: perché non tutti vedono la poesia delle cose? Una ragione potrebbe essere che non tutte le persone hanno l’abitudine della poesia. Si scusano dicendo: “Non ho sensibilità poetica” oppure “Preferisco la prosa” o ancora: “Di poesia non me ne intendo.”
Ebbene, queste persone sono chiamate da Livia, al “blind date”, ossia a un incontro con una sconosciuta, la poesia. Bisognerà trovare la stessa “gioia di conoscenza” di cui parla l’autrice in «Piacere di conoscerti» (alla pagina 21).
Piacere di conoscerti
La stretta di mano
condensa al contatto
vapori d’anima
dai corpi solidi
e raggi nei raggi da occhio a occhio
mentre i fianchi misurano la distanza
spalle e braccia incidono valli
nell’aria affollata
dall’incontro di tanti
marinai in onde terrestri
di magma che danza
vette e strapiombi
Se non fosse lenta
e indicibilmente dolce
la direi feroce
questa mia
gioia di conoscenza
Come conciliare una gioia “indicibilmente dolce” e, allo stesso tempo, “feroce”? Con la poesia «Udito» (alla pagina 34) Livia ci suggerisce qualcosa che ha a che fare con queste opposizioni.
Udito
La musica
e l’abitudine di indossare silenzi
unite in me
un giorno
hanno generato
L’eco
di un senso d’altrove
con il quale – dicono –
il contadino del Laos
sa
ascoltare il riso che cresce
E poiché non ho nemmeno
mai visto una risaia
con quel senso
riconosciuto
ascolto crescere
il bimbo
me
e qualche cosa tutto intorno
che sempre cresce
ed è palpabile
all’orecchio interno
senso dell’equilibrio
ed è sempre movimento
che si innaffia e si concima
ascoltando
Maria Cristina Mauceri afferma che il tratto caratteristico dell’erotismo che Livia canta in versi, è la delicatezza.
Sentiamo «Il segreto di un maschio» (alla pagina 47).
Il segreto di un maschio
Non c’è modo migliore
Per conoscere il segreto di un maschio
Che sapere
Cosa farà
Se l’ingresso è stretto:
Se premerà e spingerà colpendo
Chiudendo di fatto il passaggio
Che vorrebbe aprire
Aspetta, amore,
Ma non aspettare:
Percepisci!
Sei arrivato alla soglia
E questo è l’inizio, non la fine.
Percepisci
Ciò che accade
I petali della conchiglia
Si aprono e la rugiada stilla in onde
Dall’interno
Tocca
Per conoscere
Con l’attenzione calda riservata al mistero
Prima di tutto
L’angolo esatto, la voluta della segreta architettura
Ch’è fatta per nascondere
Prima di rivelare
Se ti chini – come quando vuoi raccogliere
Piegando il collo
Il mio sguardo abbassato,
Io mi alzerò –
S’inarcherà la schiena
E sarà esposto
L’angolo più interno
Scosta col glande
in reciproca carezza
le minute tende frizzanti
che han cominciato a ricevere il fluido
delle correnti sotterranee
e si aprono le labbra nel sorriso che propaga
dal rintocco delle membrane
come quando
sul viso passi dita
che tremano al morbido
e il morbido dilaga
brilla
fiorisce
e accoglie
Livia concilia gli opposti scrivendo versi forti e allo stesso tempo delicati. Qui la forza non danneggia la delicatezza e la delicatezza non impedisce alla forza di manifestarsi.
I suoi versi contengono anche una buona dose di ironia. Guardiamo «Fertilità» (alla pagina 51).
Fertilità
Da ogni amplesso
(Persino quelli non vissuti)
Nasce qualcosa
E non sempre bambini
A volte una poesia
Persino una promozione
A volte un quadro
Persino una rivoluzione
A volte un trasloco
Persino una conversione
Ma il più delle volte
Entrano nel mondo
Piccoli esseri invisibili
Cui anticamente e in ogni luogo
Furono dati tanti nomi
Da non saperli più chiamare:
angeli, fate, spiriti di ogni genere
buoni cattivi o un po’ così
procreazione
lasciata allo sbando
che pullula il mondo
ed è così affollato da impedire
a volte persino il cammino il respiro
a volte aiutare i miracoli
a volte aggrapparsi
implorare di essere nutriti
o vendicarsi dell’abbandono
altre volte volare
leggeri incontro all’altrove
ma
per sapere chi siamo
e quale mondo facciamo
bisogna riconoscere
tutti i figli
«Sull’orlo delle cose» è il libro di una donna la cui sensibilità è impegnata nella difesa dei primi valori che sono per lei la base dell’amore: il rispetto, l’empatia, la libertà.
Userò parole della stessa Livia per affermare che lei è una poeta «avida di umanità».
Nella quarta di copertina ci dice: «Cerco sempre di unire ciò che è separato, lontano». Lo fa con la poesia. Con i suoi versi trova (o ritrova) il «senso dell’altrove».
Livia Claudia Bazu non accetta di vivere in un mondo egoista e aggressivo che difende i privilegi con il filo spinato. Non cresce poesia sull’orlo di quello che separa e aggredisce.
Finisco porgendo una domanda all’Europa: Perché tu, Europa, invece di alzare le mura, non leggi le poesie di Livia Claudia Bazu?
Livia Claudia Bazu
«Sull’orlo delle cose»
collana Kuma Creola, diretta da Armando Gnisci
Cosmo Iannone editore, novembre 2015
pagine 84 per 10 euro