Racconto cavalleresco, capitolo 3

di Kike

Anno del signore 2012
Re start
Ri attacco

(Dal Cap. 1.
Il poeta urlò: – guerra!! – . . .)

Tutti a quel grido, per un attimo sospesero quello che stavano facendo, poi ripresero il loro, chi, come gli avvocati ed i loro aiutanti, a guardar scartoffie, chi come il pubblico ministero a guardar torvo l’unico imputato. I giurati invece restarono quello che erano, spersi come bicchieri di carta ad un compleanno di un bambino.
– Toc – con suono risoluto e secco il giudice batteva il martello sul legno a richiamar il silenzio.

Il lavoro era organizzato e strutturato dall’alto e da poco tempo erano stati introdotti anche i controlli. Plinio era sconsolato. Plinio sapeva quale sarebbe stata la reazione del conte.
Plinio il conte lo conosceva meglio di chiunque altro.
Plinio sapeva come il conte avrebbe reagito alle sue parole!

– ¿Controllo?-
– ¿Chi osa controllare in casa mia? – urlò il conte.
– Signor conte gli addetti al controllo!- disse il Responsabile per le Esternazioni.
– ¿Ma siamo impazziti!? In casa mia, Io,  faccio ciò che voglio e per di più, Noi !!! abbiamo gli     addetti al controllo! ¿Che vogliono questi che non possono fare i nostri controllori?!
O gli uni o gli altri! Non posso pagare i miei controllori e poi pagare questi! – il conte.
–  Ma lei questi non li paga – disse il Responsabile per le Esternazioni.
–  ¿E chi li paga questi?! – urlò il conte.
– L’Ente Preposto – rispose il Responsabile per le Esternazioni.
– E chi sarebbe l’Ente Preposto? – chiese il conte.
– L’Ente Preposto al Controllo Sicurezza responsabile della Sua contea, Signor conte, che fa parte della Grande Galassia.
Grande Galassia a cui Signor conte anche Lei deve avere riguardo.
Grande Galassia che controlla che anche nella sua Contea non ci sia sfruttamento! che tutti i diritti dei lavoratori vengano rispettati . . . – il Responsabile per le Esternazioni.

Silenzio.

Capitava che i capi turno passassero per controllare che tutte le norme di sicurezza venissero rispettate secondo le ultime disposizioni dell’Ente Preposto di quella contea della Grande Galassia.
I controlli avvenivano sempre dopo un incidente.
Poi più fino al successivo incidente.

–  Questo sviliva un poco la figura dell’ Ente Preposto e della Grande Galassia. In fondo se il controllo avveniva dopo un incidente non aveva un gran senso – dicevano gli Uni.
– Ma comunque meglio tardi che mai – dicevano gli Altri.
– Ma se non c’è l’etica ed i rispetto delle regole votate da un consiglio e si cerca, per risparmiare, di essere furbi, allora si è come furfanti e non come capitani di una nave che porta con sé un equipaggio e un guadagno – aggiunsero gli Uni.
– Sì, ma se il guadagno e la nave sono del capitano, il capitano avrà pure il diritto o la libertà di . . . – gli altri.
– Di fare ciò che vuole?! – gli Uni.
– Non ho detto questo! – gli Altri.

– Ma cosa stai dicendo?! –

Giuseppe spalancò gli occhi che la sveglia strillava chissà da quanto!
Guardò l’ora: le 5 e zero-zero
Non era per nulla in ritardo.
Giuseppe si stropicciò gli occhi e sbuffò come un toro prima di entrare nell’arena.
Accese l’abatjour e si mise a sedere sul letto.
La luce lo violentò: – Ahhh!! –

Si  alzò e si diresse al bagno.
Ne uscì 7 minuti dopo.
Precisamene alle ore 5 e zero-8.
Abbandonò l’antibagno ed entrò nella sala cucina.
Meccanicamente accese la luce della cappa sopra il fornello, illuminando di fatto lo spazio circostante, preparò la moka e la mise sul fuoco del fornello, che accese, per poi dirigersi nello stenditoio e recuperare i vestiti da lavoro.
Ultimo, si infilò le scarpe antinfortunistiche.

Uscì.
Scese le tre rampe di scale, aprì la porta di ingresso del condominio e si diresse verso l’auto.
– Bene – ad alta voce, poi pensò:
– Lo zaino con guanti e caschetto erano sul sedile posteriore della macchina -.
Inserì la chiave, la girò ed il motore si accese.
Il fumo caldo fece reazione con il freddo di quella mattina di gennaio.
Tutt’intorno era buio e bianco-ghiaccio.
Aspettò quei buoni quattro minuti prima di ingranare la retro ed uscire dal portico-parcheggio dove la sera prima aveva scovato quel posto che spesso non c’era.
Gli stop della seicento bianca si accesero e Giuseppe inserì la prima marcia uscendo di fatto dal condominio. Prese come sempre il lungomare in direzione della strada comunale che unisce Lido Adriano e Punta Marina sino a Ravenna, per poi proseguire, attraverso il ponte mobile, fino alla zona industriale.
Unica tappa prima della fabbrica il forno per comperare la colazione-pranzo: due enormi pezzi di pizza con carciofi.
Sono le 5 e 30 come tutti i giorni in cui è di turno al mattino, il turno dalle 6 alle 14.
Alle 5 e quaranta-5 sarà già dentro al capannone di fronte alla macchinetta distributore di bevande per prendere il primo caffè.
Alle 6 la sirena suona e comincia il turno.

Giuseppe arriva nella zona di lavoro, si allaccia le scarpe in modo ottimale, si infila il giubbetto ad alta visibilità, si stira, si “scrocchia” il collo ed emette un rutto atomico come sirena a voler dire: – Sono pronto! -.
I due colleghi che fanno squadra con lui ridono, o meglio uno ride di gusto, l’altro ne è un po’ disgustato,  ma il primo ridendo dice dice al secondo: – A sé raghéz! (Siamo ragazzi!) -.
La fabbrica si mette in moto ed i suoi orchestrali di turno cominciano a suonare i loro strumenti.
Chi con i carriponte: – èèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèmmmm –
– èèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèm . . . èèèèèèèèèèèèèèm . . . èèèèèèèèèm . . . –
Chi con i carrelli elevatori: – frrrrrrrrrrrrrr-uuuu –
– frrrrrrrrrrrrrrrrrr-uuuuu –
Le macchine sbuffano e soffiano aria.
Gli operai con le macchine tira regge slidano: -ziiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii-fuuuuuuu-stok–
– ziiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii-fuuu-stok –
Altri battono il ferro:
– sdeeeeng!!! –
– sdaaaang!!! –
Le linee di produzione tagliano in fogli di varie dimensioni tonnellate e tonnellate di ferro.

ORDINE + PULIZIA = SICUREZZA

capeggiava sulle teste di tutti,
lassù in alto,
ben visibile sul soffitto del capannone

Ognuno pensava al numero (quantità di prodotto da produrre nel tempo dato).
Si creava competizione, così divisione e confusione.
Poi la sirena, momento di stop e avvio.
Uno dentro e uno fuori, moltiplicato per cinquemila.
Così per tre.
Cinquemila più cinquemila più cinquemila.
Turno dopo turno dopo turno.

La musica faceva pausa per poi riprendere subito.
Le voci come note isolate erano udibili solo di notte, nella contea di Vangaglia.
Tanti musicisti, orchestrali, servi di scena e poeti e il Tutto suonava così:

giù giù giù
poi
su su su
giù giù giù
poi
su su su
otto ore e sirena
giù giù giù
poi
su su su
giù giù giù
poi
su su su
e sire-
na

Questo lo spartito!
Tutto quello che di umano c’era era tra il

giù giù giù
su su su
poi
giù giù giù
su su su

le vite si giocavano in quei pochi istanti scanditi dalle macchine.

UNA NOTA SUL CAVALIERE (e povero anche il cavallo, ah-beh, sì-beh)
Saranno 5 puntate … o forse più. Come faccio a saperlo se neppure Kike – l’autore – lo sa?  (db)

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Kike sta cercando lavoro. Sta setacciando gli annunci al centro per l’impiego, le agenzie interinali. Batte la città come la batteva da ragazzino in bicicletta. Non trova. – Il lavoro non c’è – gli dicono. – In questo particolare momento storico, il lavoro non c’è! – aggiungono.
    – In questo particolare momento storico?! – ripete Kike ad alta voce.
    Finalmente sono dentro ad un “particolare momento storico”!
    Quando ero piccolo, ai tempi della scuola elementare, mi sono sempre domandato se mai in vita mia sarei finito dentro ad un “particolare momento storico”.
    E finalmente ci sono!
    Ma voi tutti, anime di questo blog, ci siete?
    Siete anche voi in questo “particolare momento storico”?!
    Kike però, in questo particolare momento storico, si trova senza lavoro. la cooperativa non gli ha rinnovato il contratto perché, cito la “voce”, – Ha rotto i coglioni con il sindacato! –
    Così il Kike quando torna al calduccio di casa si mette, di buona lena chino sul tavolino e pensa . . . pensa . . . pensa: – Che culo che mio nonno mi ha lasciato una casa in questo particolare momento storico! –

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