Re, regine, roghi e computer

Per le strade di Marostica nello scorso weekend era facile incontrare re, regine e cavalli ma anche alfieri, torri, pedoni. Dal 1954 infatti, la cittadina veneta offre un appuntamento annuale con «gli scacchi viventi» in piazza sotto la guida di una intelligente regia teatrale e con molte iniziative di contorno. Ogni due anni si rievoca così una (forse leggendaria) partita del 1454 che si giocò in alternativa a un duello mortale fra i due contendenti della bella Lionora.

Il gioco più bello del mondo? Di sicuro uno fra i più antichi. Anche se la versione diffusa da noi – cioè gli ortodossi o scacchi occidentali o della Fide (Federation Internationale des Echecs) – non è la prima e neppure quella, più complessa, che ci arrivò intorno al 700 dopo Cristo dall’India o forse dalla Cina ma attraverso i persiani e gli arabi.

Gli scacchi non ebbero vita facile. Vi fu chi trovò nella Bibbia le citazioni (come del resto nel Corano) “giuste” per proibirli. La Chiesa cattolica ne discusse addirittura in un Concilio del 1255 e poi in altri per ribadire la condanna al punto che – il 23 settembre 1425 – San Bernardino li bruciò in piazza e lo stesso fece, qualche anno dopo, Gerolamo Savonarola. Già nel ‘500 la svolta e nel 1609 la scomunica viene abrogata: probabilmente il merito va a santa Teresa d’Avila che, dal 1944, è infatti patrona degli scacchisti.

La partita tradizionale è a due ma esistono molti altri modi di giocare. Alla cieca per esempio (e con un arbitro) oppure in simultanea cioè uno contro tanti: dal 21 ottobre 2010 il record è dell’israeliano Alik Gerson che, in poco meno di 19 ore, ha concluso 523 partite in contemporanea, vincendone 454, pareggiandone 58 e con solo 11 sconfitte.

Oltre alle sfide politiche – come quella tra Fischer e Spasskij al tempo della Guerra che fu detta Fredda – esistono quelle scientifiche. Una macchina può battere a scacchi un umano? Evidentemente sì, visto che nel 1997 il programma di computer Deep Blue sconfisse, di stretta misura cioè al meglio delle 6 partite, il campione del mondo Garry Kasparov.

Realistica o fantastica, la presenza degli scacchi nelle arti è diffusa ovunque: dall’Alice di Lewis Carroll alle partite nei film «Il settimo sigillo» e «Odissea 2001 nello spazio». La trama di un celebre romanzo di fantascienza – «La scacchiera» di John Brunner – è interamente basata sulla riproposizione, in uno scenario di scontro urbanistico e politico, di una celebre partita del 1892.

Il libro italiano più famoso con al centro gli scacchi è di certo «La variante di Luneburg» di Paolo Maurensig che narra una interminabile partita. E fra poche settimane l’editore Barbera proporrà un nuovo romanzo scacchistico («L’ultima traversa») di Maurensig: stavolta il protagonista è un prete che sulla scacchiera rischia di perdere tutto… ma perché e contro chi?

DOPPIA NOTA

Questa mia breve divagazione scacchistica è uscita (al solito: parola più, parola meno) il 9 settembre nelle pagine culturali del quotidiano «L’unione sarda». Spero che solleciti altre/i scaccofili a intervenire in blog.

Chi frequenta codesto blog e in particolare il «Di Marte si parte» sa che da un po’ di tempo alle 12 qui c’è l’astrofilosofo Fabrizio Melodia. Questa settimana però un super-raffreddore (gli spifferi dello spazio esterno?) lo blocca. Così lo sostituisco, del tutto indegnamente e fuori tema, io ma solo per una settimana. Traaaaaaaanquille/i che fra 7 giorni torna. (db)

Redazione
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