Renè Magritte: un artista fra il riso e il pianto

di Susanna Sinigaglia

La creazione di oggetti nuovi; la trasformazioni di oggetti conosciuti; la modifica della materia di certi oggetti: un cielo di alberi, per esempio; l’uso delle parole associate alle immagini; la denominazione ingannevole di un’immagine; la realizzazione di idee datemi dagli amici; la rappresentazione di certe visioni del dormiveglia furono grosso modo gli strumenti per costringere gli oggetti a diventare infine sensazionali”.

Queste parole scritte da René Magritte e presumibilmente pronunciate durante la conferenza da lui tenuta ad Anversa nel 1938, intitolata “La ligne de vie”, ne racchiudono in sintesi la poetica pittorica. E ha lo stesso titolo la mostra dedicata all’artista inaugurata sabato 15 settembre al Masi (Museo d’arte della Svizzera italiana) di Lugano che ripercorre le fasi della sua pittura, dagli esordi alla maturità.

Durante quella conferenza Magritte espose quindi, a grandi linee, i principi che gli avevano consentito di trasformare la rappresentazione di oggetti comuni in immagini stranianti, sorprendenti, mozzafiato, che suscitano divertimento e angoscia, inquietudine e curiosità. Ne è un esempio impressionante quest’opera del 1937, Le Viol (Lo stupro),

di fronte al quale il riso che ti sale alla gola resta soffocato dall’evidente rimando alla violenza che evoca. Forse il suo percorso fu orientato dalla necessità di elaborare un lutto, il suicidio della madre avvenuto quando l’artista aveva appena 14 anni.

Già agli esordi, quando la sua tecnica pittorica s’ispirava al Futurismo e al Cubismo che ancora dominavano negli anni Venti, vediamo in questo La femme ayant une rose à la place du coeur (La donna con una rosa al posto del cuore) del 1924

l’introduzione di un titolo inaspettato e in La loge (Il palco) del 1925, in cui il pittore adotta invece lo stile surrealista, l’incontro-scontro di immagini incongrue: una buffa donna a due teste che guarda con molta nonchalance l’osservatore mentre si scorge sullo sfondo la figura di una ragazzina affacciata alla finestra aperta su un paesaggio dove s’intravedono altre tre piccole figure scure (al centro di un palco?).

In La traversée difficile (La traversata difficile) e Le visage du génie (Il viso del genio), entrambi del 1926, nella rappresentazione domina chiaramente lo stile metafisico.

Fondamentale infatti per la svolta nella pittura di Magritte è l’incontro sia con il Surrealismo di André Breton sia con l’arte di De Chirico. Ma l’immobilità e il silenzio che turbano l’osservatore nelle creazioni di De Chirico sono in Magritte rotti da un particolare o moto imprevisto che spiazzano, suscitano stupore. Le due tendenze si integrano e compensano dando vita a opere di stile originalissimo come per esempio Les grands voyages (I grandi viaggi), del 1925,

o Les regards perdus (Gli sguardi perduti) del 1927-1928

o Le dormeur téméraire (Il dormiente temerario), del 1928.

Di questo periodo è anche l’introduzione di parole all’interno del quadro, dove la pretesa “descrizione” di quanto si vede è un ulteriore elemento spiazzante, sottilmente umoristico e irriverente. Eccone alcuni esempi, in sequenza: La preuve mystérieuse (La prova misteriosa), del 1927;

L’arbre de la science (L’albero della scienza), del 1929;

Personnage éclatant de rire (Personaggio che sta scoppiando dal ridere) titolo che, in questo caso, corrisponde alla scritta che si legge nell’opera.

In L’arbre de la science troviamo inoltre un accenno al motivo dei vasi comunicanti che Magritte riprenderà in seguito in modo più complesso, per esempio in La lampe philosophique (Il lume filosofico) del 1936 (qui sotto) quando aveva scoperto la possibilità di accostare anche oggetti affini oltre che estranei fra loro.

È infine dello stesso periodo anche la comparsa degli omini misteriosi, quasi sempre di spalle, che sembrano osservare il mondo con stupore e desolazione come in questo Senza titolo del 1926 – “senza titolo” in senso letterale, perché Magritte non gli diede nemmeno il titolo di Sans titreo in Le noctambule (Il nottambulo) del 1927-28, dove il lampione che illumina la scena si trova in una stanza – chiusa da un ampio tendaggio – con tanto di sgabello, tavolino e quadro appeso alla parete.

Non poteva mancare nella mostra almeno un accenno a Ceci n’est pas une pipe, che vi compare con questo disegno del 1948 e

su cui sono stati scritti fiumi d’inchiostro, ma neanche a un periodo buffissimo del percorso di Magritte che lui soprannominò “Periode vache” (che si potrebbe tradurre come “periodo del cavolo”). A quell’epoca l’artista compose dei quadri che nello stile (ma non tanto nei motivi) si discostano molto dai precedenti – e poi dai seguenti – come Le contenu pictural (Il contenuto pittorico) del 1948, dove

compare questo strano personaggio a tre teste – che assomiglia vagamente a Groucho Marx – con una pistola in mano e una banana sbucciata nell’altra, o Flûte

(Accidenti)! sempre del 1948. Vi si può cogliere un doppio senso perché “flûte”, oltre a essere un’esclamazione di disappunto, significa anche flauto e sembra rimandare al fischietto che avevano in dotazione i “flic” (ovvero gli agenti di polizia nel gergo popolare).

Infine, possiamo vedere dispiegarsi la pittura di Magritte con tutti i suoi motivi più celebri attraverso gli anni ‘50 e ’60: Le modèle rouge (Il modello rosso) del 1953,

La chambre d’écoute (La sala d’ascolto) del 1958,

L’agent secret (L’agente segreto) del 1959,

Le prêtre marié (Il prete sposato) del 1960,

Paysage marin avec oiseau (Paesaggio marino con uccello) del 1961

fino al celeberrimo Chateaux ded Pyrenées (Castello dei Pirenei) del 1962

e al quadro-copertina dell’esposizione, La grande guerre (La grande guerra) del 1964.

Completa la mostra la proiezione di un filmato girato dall’artista in cui si vede in particolare un suo carissimo amico, ormai anziano, insieme ad alcune amiche fra cui la moglie di Magritte che indossano strani abiti o un elmetto in stile germanico e infilano sul proprio un gran naso finto munito di baffi, ballano e ridono. Insomma, si divertivano un sacco!

http://events.masilugano.ch/Magritte/?gclid=Cj0KCQjwi8fdBRCVARIsAEkDvnLMd22T2TmQQ9WB2NzH_VWWcGXJjAYVROYckaNk90CMz_m6RofYj8saArwhEALw_wcB

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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