Renzi: il bue che chiama cornuto l’asino

di Mauro Antonio Miglieruolo

Ovverossia, la trave e la pagliuzza.
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Presidente del Consiglio e Presidente della Repubblica si affannano a definire conservatori i pochi che si ostinano a difendere la civiltà dell’art. 18. Sia pure, lo sappiamo, il linguaggio alla 1984 è diventato ormai regola imprescindibile della comunicazione governativa.

Chiamateci pure conservatori (una tantum non provo vergogna a accostare la mia opinione a quella degli sciagurati politicanti dell’opposizione interna al PD): a fronte della REAZIONE che rappresentate, la reazione di Berlusconi, Sallusti, Meloni e compagnia cantando, questo essere considerati conservatori è già qualcosa. Può essere considerato persino titolo di merito.
Un tempo era l’Inquisizione a sostenere che straziando i corpi venivano salvate le anime; voi reazionari di oggi andate ben oltre: proponete di straziare il corpo già martoriato dei lavoratori per renderli ulteriormente impotenti rispetto ai cannibali della Finanza e agli zombi dell’imprenditoria.

Sicuro, vero, è la modernità che avanza, il moloch che richiede sacrifici umani di sofferenza e di morte (gli ultimi 4 a Adria: morti per l’incuria e l’avarizia padronale, che nessuno ormai è in grado di contrastare. Meno diritti, più morte per tutti). Una modernità che prende oggi il nome di libertà di licenziare ingiustamente con annessa esclusione della possibilità del reintegro ed è presentata come iniziativa di luminoso progresso. Il progresso da sempre auspicato dalla reazione, quello di imporre l’arretramento dei lavoratori, meta che rappresenta la loro specifica ragione di vita. Non potrebbe sopravvive neppure un giorno la reazione senza l’appoggio del padronato; un appoggio che continuerà a ricevere finché fornirà la garanzia di perseverare nell’obiettivo di far diventare i forti sempre più forti e i deboli sempre più deboli; di offrire la possibilità a pochi di spassarsela alla grande e imporre alla maggioranza una vita grama fatta di stenti, diritti negati e umiliazioni. C’è progresso migliore? Maggiore testimonianza di volontà di cambiamento? Che, forse, non si è capaci di considerare che cambiamento vuol dire soprattutto modifica a favore del padronato dei rapporti di forza tra Capitale e Lavoro?
No, per molti questa oscena capacità di stravolgere i fatti non esiste. Anzi è considerata una perversione. Esiste invece l’aspirazione a forme di progresso vero e migliore. Un progresso che può essere realizzato iniziando con il rimettere per il verso giusto tutto ciò che il ventennio berlusconiano ha completamente ribaltato e stravolto: descrivere le cose come effettivamente sono.
E sono: che Renzi non vede la trave nel proprio occhio, mentre denuncia la pagliuzza in quello dei “conservatori” presi in contropiede dalla sua controrivoluzione; e che dopo tanto esitare si sono decisi (forse si sono decisi) quantomeno a tentare di salvare la faccia.
Si sono accorti anche loro che il Re è sempre più nudo, verità che, magari solo sussurrando, tentano di proclamare. Purtroppo non otterranno niente. A meno che non trovino il coraggio di raggelare i cortigiani pronunciando a voce alta la verità appena scoperta. Che il RE E’ NUDO. Sì, bisogna dichiararlo alto e forte: Renzi ha gettato la maschera e solo la foglia di fico di media sempre più affannati nasconde le sue vergogne.

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