Ricordando Jannacci

ovvero «Il nostro Enzo» nella versione di Moni Ovadia

di Susanna Sinigaglia


MoniOvadia

Si esce commossi e divertiti dallo spettacolo con cui Moni Ovadia, su proposta di Alessandro Nitti che lo accompagna funambolico al pianoforte, ha scelto di dare il suo tributo a Enzo Jannacci. Come l’artista ha precisato nel corso dello spettacolo, non avrebbe potuto interpretarne le canzoni sostituendosi a lui; ma non ha voluto nemmeno imitarne lo stile e così ha scelto il proprio, di stile, proponendoci una versione tutta inedita del “nostro Enzo”. Dopo aver introdotto quasi ogni canzone con una sorta di esegesi, adottando il linguaggio teatrale che è nelle sue corde, Ovadia ci ha mostrato gli aspetti non così immediatamente leggibili delle canzoni di Jannacci, è entrato dentro le pieghe di quei versi apparentemente sgangherati e malinconici, ironici, irriverenti. Da «Vengo anch’io. No tu no», al cui testo Jannacci diceva di aver contribuito “solo” con la frase che ha dato il titolo alla canzone, fino a «El purtava i scarp del tennis» passando da «Vincenzina e la fabbrica» a «Veronica» – indimenticabile primo amore di tutta via Canonica –, «Il palo», «L’Armando», Moni Ovadia ci conduce per mano nel mondo evocato da Jannacci fatto di periferie, strade battute da barboni e prostitute, ladruncoli e operai ricordandoci l’importanza e la ricchezza linguistica dei dialetti, non certo ultimo quello milanese così bene esplorato e rinvigorito dall’estro del “nostro Enzo”. Con una nota critica, amara e pungente, Ovadia denuncia il crescente svilimento e impoverimento della lingua italiana che, dopo aver perso i dialetti, sta perdendo sempre di più se stessa nella corsa sconsiderata di tanti comunicatori verso “l’inglesizzazione” – la colonizzazione, la sottomissione all’inglese “computerizzato” – dimentichi o forse persino ignari del vocabolario italiano e della sua sintassi.

In un crescendo di entusiasmo del pubblico lo spettacolo, punteggiato qua e là dagli assolo pirotecnici di Alessandro Nitti, si conclude con tre bis: «Vengo anch’io. No tu no», «El purtava i scarp del tennis» e «Veronica». È stato bello ed emozionante assistere dal vivo all’opera che si crea nell’incontro fra due artisti.

PS – «Il nostro Enzo» sarà presto a Brugherio, Abano Terme, San Giovanni in Persiceto, Lugano e Trieste.

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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