«Riding on a cloud» dei fratelli Mroué

di Susanna Sinigaglia

Entra in scena da solo e va a sedersi a un piccolo tavolo che si trova sulla sinistra del palco. Dietro di lui, spostato a destra, uno schermo bianco. Con la mano sinistra, aziona i pulsanti del computer e le immagini cominciano a scorrere sullo schermo. Sono immagini di parole, di pensieri, di versi: riflessioni. Vi si dice che nella storia, collettiva e individuale, c’è sempre un “prima e un dopo” che segnano una cesura – una linea di demarcazione – per cui niente, “dopo”, sarà più come “prima”: per esempio prima e dopo Cristo, prima della caduta dell’Impero ottomano e dopo, della Seconda guerra mondiale; prima dell’Olocausto, della Nakba e dopo… prima della guerra civile in Libano e dopo. Ed ecco, in questo quadro a Yasser, fratello minore del regista, capita un evento che segnerà per il resto della vita il suo “prima e dopo”.

È il 1987, aveva 17 anni. Si trovava a casa di un amico e stavano guardando la tv. A un certo punto, lo speaker annuncia la morte del nonno di Yasser – Hussein Mroué, un noto intellettuale – per mano di Amal, la milizia sciita. Il ragazzo esce di corsa con l’amico per raggiungere la propria abitazione, e un cecchino lo colpisce alla testa. Come conseguenza, la parte destra del suo corpo resterà paralizzata e lui perderà alcune facoltà cognitive fondamentali; dovrà reimparare a parlare, poi a leggere e a scrivere e alla fine della fase del nuovo apprendimento, si accorgerà di non riuscire più a collegare l’immagine di un oggetto all’oggetto stesso. A causa di questa menomazione, il fisioterapista gli consiglia di cominciare un lavoro sulla rappresentazione: nasce così la sua arte.

La performance è il racconto dell’elaborazione di una tragedia, quella individuale di Yasser e quella collettiva del Libano; le immagini appaiono spesso frammentate, inframezzate da parole, le parole di Yasser che racconta le sue sensazioni di estraneità da se stesso e da quel che lo circonda attraverso gli anni. Lo vediamo in una foto prima dell’incidente in piedi, con la chitarra a tracolla come tanti adolescenti della sua età.

Poi è disteso su una specie di lettiga, con capelli e barba lunga, e subito l’occhio si sposta sulla sua testa calva perché scopriamo che quell’immagine è stata ripresa solo poco tempo fa. È un chiaro indizio della sofferenza che non l’abbandona. Nello stesso tempo possiamo però apprezzare l’originalità di questo lavoro di cui è regista il fratello Rabih, lontano anni luce da qualsiasi sfumatura che rimandi alla commiserazione o, peggio, all’autocommiserazione. Yasser è nello stesso tempo la persona che racconta la propria storia, il performer che la interpreta e lo spettatore che l’osserva attraverso il video mentre scorre sullo schermo. L’interscambio fra le immagini e Yasser genera il triplice piano che ci mostra quale piega possa prendere il genio artistico di fronte all’esigenza di trovare strade d’espressione diverse; certo non una novità di per sé ma quel che desta sempre meraviglia, è che ci si riesca.

Bello e commovente il finale, quando entra in scena il regista portando una sedia, su cui si sistema insieme al fratello, e una chitarra: così, mentre Rabih muove le corde con la mano destra, Yasser sceglie gli accordi con la mano sinistra: in perfetta sinergia.

 

«Riding on a cloud»1 dei fratelli Mroué: Rabih (regista) e Yasser (interprete)

 

1 Letteralmente “a cavallo di una nuvola”. L’apparizione “fra le nuvole” è un’immagine ricorrente nel Vangeli; Riding On a Cloud è anche il titolo di una canzone di Will Downing.

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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