Rosa, la ribelle

Nella ricorrenza della nascita: Licata, 21 marzo 1927

di Domenico Stimolo (*)

RosaCanta

Ribelle contro il sistema e le su articolate piovre.

Animatrice del riscatto femminile, dal basso (popolare), quello vero.

Contro il patriarcato, l’autorità maschile e il potere secolare dei “parrini” (preti).

Contro la mafia e le illegalità imperanti.

Contro lo sfruttamento e il servile «vossignoria».

Vicina agli ultimi, sempre.

Voce potente, palpitante, seducente e coinvolgente.

Rosa Balistreri cantava – in dialetto – la vita. Le tribolazioni della quotidianità.

Amore, dolore, speranza, collera, impegno sociale, protesta, riscatto furono gli elementi portanti delle sue canzoni. Con il canto “interpretava” e rappresentava i sottomessi “per mestiere” della storia siciliana, gli sfruttati di sempre, nei campi, nelle miniere, nei cento luoghi del patimento, nelle carceri. I morti di fame analfabeti, i mangia pane e cipolla, gli emigranti fuggenti per disperazione. Costituivano la grande folla della popolazione siciliana.

Conosceva sulla sua pelle la sofferenza e l’angoscia. Proveniente da una famiglia poverissima, la prima parte della sua vita fu molto tribolata, patendo anche il carcere. Poi, emigrò a Firenze.

Iniziò la sua attività di «cantatrice del Sud» (definizione di Ignazio Buttitta) alla fine degli anni sessanta, “accompagnando”, con la sua presenza e le sue note, i grandi movimenti di lotta, i profondi processi di cambiamento sociali che caratterizzarono quella fase storica nazionale.

Novella “Madonna” dolorante, laica e popolare, rappresentò i drammi atavici della Sicilia. Una realtà, oggi, ormai certamente trasformata, ma con un passato ancora potente che cova sotto le ceneri rimaste sempre ardenti, con le tanti violente contraddizioni, povertà, diseguaglianze, dolori, che caratterizzano ancora l’isola.

Rosa, libera e libertaria, genuina e indomita figlia di un popolo sofferente e sfruttato, che usò le vibrazioni della suo canto e le parole delle sue canzoni per cercare di contribuire a dare voce ai senza voce, per rompere le catene secolari.

Con grande passione di moderna cesellatrice recuperò nella memoria antica, della tradizione della canzone popolare isolana; precedentemente indagate e raccolte da famosi ricercatori delle tradizioni popolari, storici sociali e antropologi siciliani, quali Giuseppe Pitrè , Alberto Favara, Antonino Uccello, Lionardo Vigo. In diversi casi furono rimodulati i testi. Reinterpretati e attualizzati. Andò anche direttamente a cercare nella memoria ancora tramandata. Per questi interventi fu in stretta collaborazione con il grande cantante calabrese Otello Profazio.

I suoi “racconti”, in un repertorio che fu vastissimo – cantati per lungo tempo nei festival dell’Unità – furono uno strumento potente di divulgazione sulla realtà isolana, e non solo, quindi, di forte sensibilizzazione sociale e politica. Con parole semplici e con la sua fisicità coinvolgente insegnava il rispetto umano, la solidarietà, l’amore e la lotta. L’impatto affettivo potente. Il pathos di sintonia con le tante persone che partecipavano alle sue “presenze”, unico, insostituibile; molto più profondo ed efficace di mille parole comiziali.

Il grande poeta dialettale siciliano Ignazio Buttitta così la definì: «La voce di Rosa, il suo canto strozzato, drammatico, angosciato,  pareva  che   venisse  dalla terra arsa della Sicilia. Ho avuto  l’impressione di averla conosciuta sempre, di  averla vista nascere e sentita per tutta la vita: bambina, scalza, povera, donna, madre, perché Rosa Balistreri è un personaggio favoloso,  direi un dramma, un romanzo, un film senza voce».

Scelta tra le tante. Una sua canzone, di forte impatto emotivo, è «Terra ca nun senti» (Terra che non senti). Il grido di dolore del siciliano emigrante. Qui sotto il testo originale e la traduzione.

TERRA CA NUN SENTI

Malidittu ddu mumentu
ca grapivu l’occhi ‘nterra
‘nta stu ‘nfernu.
Sti vint’anni di turmentu
cu lu cori sempri ‘n guerra
notti e gghiornu.
Terra ca nun senti ca nun voi capiri
ca nun dici nenti vidennumi muriri.
Terra ca nun teni
cu voli partiri e nenti cci duni
pi falli turnari.
E chianci, chianci, ninna oh
Maliditti tutti st’anni
cu lu cori sempri ‘n guerra
notti e gghiornu.
Malidittu, cu t’inganna
prumittennuti la luci
e a fratillanza
Terra ca nun senti ca nun voi capiri
ca nun dici nenti vidennumi muriri
terra ca nun teni cu voli partiri
e nenti cci duni pi falli tu
rnari
e chianci, chianci, ninna oh

 TERRA CHE NON SENTI

Maledetto quel momento
che ho aperto gli occhi sulla terra,
in questo inferno.
Questi vent’anni di tormento
col cuore sempre in guerra,
notte e giorno.
Terra che non senti, che non vuoi capire,
che non dici niente vedendomi morire.
Terra che non trattieni
chi vuole partire e niente dai
per farli tornare.
E piangi, piangi, ninna oh!
Maledetti tutti questi anni
col cuore sempre in guerra,
notte e giorno.
Maledetto chi ti inganna
promettendoti la luce
e la fratellanza.
Terra che non senti, che non vuoi capire,
che non dici niente vedendomi morire.
Terra che non trattieni chi vuole partire
e niente dai per farli tornare
e piangi, piangi, ninna oh!

(*) Come sa chi frequenta codesto blog ogni giorno – per due anni, cioè dall’11 gennaio 2013 all’11 gennaio 2015 – la piccola redazione ha offerto (salvo un paio di volte per contrattempi quasi catastrofici) una «scor-data» che in alcune occasioni raddoppiava o triplicava: appariva dopo la mezzanotte, postata con 24 ore di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; ma qualche volta i temi erano più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi.
Tanti i temi. Molte le firme (non abbastanza probabilmente per un simile impegno quotidiano). Assai diversi gli stili e le scelte; a volte post brevi e magari solo una citazione, una foto, un disegno… Ovviamente non sempre siamo stati soddisfatti a pieno del nostro lavoro. Se non si vuole copiare Wikipedia – e noi lo abbiamo evitato 99 volte su 100 – c’è un lavoro (duro pur se piacevole) da fare e talora ci sono mancate le competenze, le fantasie o le ore necessarie.

Abbiamo deciso – dall’11 gennaio 2015 che coincide con altri cambiamenti del blog, ora “bottega” – di prenderci un anno “sabbatico”, insomma un poco di riposo, per le «scor-date». Se però qualche “stakanovista” (fra noi o all’esterno) sentirà il bisogno di proporre una nuova «scor-data» ovviamente troverà posto in blog, come accade oggi con Domenico Stimolo; la redazione però non le programmerà.

Nell’anno di intervallo magari cercheremo di realizzare il primo libro (sia e-book che cartaceo?) delle nostre «scor-date», un progetto al quale abbiamo lavorato fra parecchie difficoltà che per ora non siamo riusciti a superare. Ma su questa impresa vi aggiorneremo.

Però…

(c’è quasi sempre un però)

visto il “buco” e viste le proteste (la più bella: «e io che faccio a mezzanotte e dintorni?» simpaticamente firmata Thelonius Monk) abbiamo deciso di offrire comunque un piccolo servizio, cioè di linkare le due – o più – «scor-date» del giorno, già apparse in blog.

Speriamo siano di gradimento a chi passa di qui: buone letture o riletture

La redazione (in ordine alfabetico): Alessandro, Alexik, Andrea, Barbara, Clelia, Daniela, Daniele, David, Donata, Energu, Fabio 1 e Fabio 2, Fabrizio, Francesco, Franco, Gianluca, Giorgio, Giulia, Ignazio, Karim, Luca, Marco, Mariuccia, Massimo, Mauro Antonio, Pabuda, Remo, “Rom Vunner”, Santa e Valentina.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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