RRS 4 – A che gioco giochiamo?

La quarta puntata (*) – proposta da Bianca Menichelli – di una Round Robin Story (**) che sarà in “bottega” per qualche sabato

RRS-polipoQUATTRO

 

«Sbaglio o ci siamo già passati? Ho la testa confusa. Eufemisticamente parlando… E rispondi a quel telefono, David-E. Mi sta spaccando i timpani».

David-E avvicina cautamente il cellulare prima all’occhio spalancato come per leggervi dentro, poi tentennando la testa, con molta cautela, appoggia l’orecchio a quel coso che non lo convince.

Dall’altra parte una voce tranquilla ma molto ferma lo sollecita: «Attraversate la piazza, mescolatevi per un poco tra i ragazzi della Giornata della Memoria, poi appena possibile con naturalezza svoltate nella prima strada a sinistra; sbucherete in una piccola piazza. Restate lì. Vengo a prendervi».

Seguendo le istruzioni con la maggiore calma possibile, Horty e David-E si fermano infine in una piazzetta circondata da (strani?) alberi sotto i quali sostano alcuni senzatetto. Li raggiunge uno di loro con gli abiti puzzolenti di urina e una bottiglietta di koggi in una mano. Nell’altra stringe un apparecchietto che non somiglia al nuovissimo SmartPhone per il quale oggi tutti impazziscono ma neanche ai modelli meno recenti che scandiscono la giornata di tutti. Quel coso lo illumina tutto con una luce blu.

«Avete visto Webster? Doveva venire qui molto tempo fa per accompagnarci, ma ancora non c’è»: così dicendo agita lo strano apparecchio che lo ricopre di luce rossa, facendogli mutare i lineamenti, ora più decisi e squadrati. «Non sarà successo qualcosa? E noi come faremo senza di lui?». La luce cambia di nuovo, adesso è bianca e la figura dell’uomo sembra svanire senza contorni.

«Ehi, ma che ti succede?»: al grido allarmato di Horty la luce si stabilizza sul blu e l’uomo torna a comparire come il senzatetto che li ha apostrofati, bottiglietta di koggi compresa.

«Cos’è, un gioco di prestigio?»: la voce di David-E riecheggia piuttosto stridula nella piazzetta dove si addensano ombre violacee, «dammi quell’aggeggio, voglio provarlo anch’io»,

«Non fare lo sbruffone. Non avrai paura, per caso?» beffardamente Horty.

«Di cosa, dell’uomo o dell’apparecchietto?» gigioneggia David-E.

Il senza-tetto si sta allontanando in fretta, lasciando Horty e David-E in preda a molti dubbi. Non riconoscono granché del paesaggio che li circonda né le strade che lo intersecano, ma riescono a percepire qualcosa di diverso, come una visione laterale.

Forse potranno chiarirsi con la figura che li sta raggiungendo rapidamente. Almeno lo sperano.

E’ una donna che sembra scivolare senza movimento visibile verso di loro.

«Eccovi finalmente».

«Ma tu chi sei?» sbotta secco David-E.

«Ursula, naturalmente. Chi pensavi che fossi, Nancy? O Joanna? Vi trovo abbastanza bene. E come vi devo chiamare? Horty/Hortensia e David-E/Betsabea?» sorride la donna.

«Cosa stai dicendo, Ursula?» all’unisono i due e con estrema inquietudine.

«Ragazz* non vi siete accort* che per voi tra poco sarà la stagione del kemmer? Non importa, avete molte cose da scoprire in questo e in altri mondi».

«Ma che mondo è questo?» e «Cosa?»: i due sono talmente senza fiato che rinunciano a capire quanto Ursula ha appena detto.

«Uno dei tanti che si susseguono all’infinito».

«Non sembra molto diverso da quello che conosciamo» quasi singhiozza Horty.

«Le variazioni sono ridotte al minimo ma la somma dei particolari fa sì che le strade a volte divergano molto fra loro. Non preoccupatevi, capirete. Ci vorrà un po’ di tempo, forse un centinaio di giorni o giù di lì, quindici o venti settimane, ma alla fine capirete».

«Ma, ma… la rete globale RG Hg4, il trattamento Ludovico… gli uomini in Nero» balbetta Horty.

«Quel ragazzo, sempre con la testa nel complottismo, lui e le sue citazioni letterarie» sbuffa Ursula: «adesso entriamo in casa. Qui davanti a voi».

E’ un palazzetto semplice e decoroso quello che indica Ursula. Il portone si apre senza che gli si ordini di farlo.

«Strano, è tutto strano» borbotta fra sé Horty.

«Cos’è quell’asticella che hai sull’orecchio tra i capelli?» si incuriosisce David-E; ancora non si capacita che il suo sogno di trovare una bella ragazzina disponibile si sia irrimediabilmente infranto di fronte a questa figura quasi materna.

«E’ una matita. Serve per scrivere».

«Perché, TU sai scrivere? Una donna?» irridente David-E.

«Dov’è la differenza tra i nostri processi intellettivi? Fra i tuoi e i miei neuroni? Fra le tue e le mie sinapsi?».

Non so di cosa stai parlando, per me è come se dicessi che sta passando un coniglio bianco con un panciotto e un orologio in mano che corre, borbottando – è tardi, è tardi» sogghigna David-E.

«L’ippocampo e l’amigdala del tuo cervello stanno funzionando, anche se non te ne accorgi!» di rimando lei.

«Ma che dici? La mia era una battuta».

«No, era un ricordo. Ma non perdiamo altro tempo. Non ce ne rimane moltissimo» si spazientisce Ursula, entrando.

Dentro li accoglie un atrio con il pavimento di legno (“legno? che parola è? e perché l’ho pensata?” si chiede David-E) con molte porte, tutte chiuse.

E’ strano, strano, è molto più grande all’interno che fuori” si ripete Horty e guarda spaventato David-E che ha la bocca spalancata dallo stupore.

Ursula si avvicina velocemente a una delle porte, facendo segno a David-E e Horty di seguirla.

E’ uno spazio (infinito?) riempito quasi tutto da contenitori pieni di cilindri di un materiale molto strano; nell’aria risuonano lievissimi suoni armonici.

«Questo cos’é?» David-E precede Horty nella domanda.

«E’ la Biblioteca di Alessandria prima che l’incendio la distruggesse» mormora Ursula «e quella che sentite è la musica delle sfere che accompagna nel loro cammino gli universi. Anche se qualche volta ‘round midnight ci allieta Miles Davis con Kind of Blue oppure Alessandro Scarlatti con le sue sette sonate per flauto, archi e cembalo».

«Basta!» urla David-E: «non ne posso più. Spiegaci perché ricordiamo cose che altri non ricordano, e viceversa mi pare…. Perché ci troviamo qui, che cosa dobbiamo fare perché tutto torni al suo posto E perché tu non sei una ragazza della nostra età?».

«Mi* car* David-E, ogni cosa a suo tempo. Prima di tutto, sappiate che siete passat* dal vostro universo a questo grazie ai fogli che Phil vi ha dato; le spille I-Ching servono solo per scena, Phil ama drammatizzare. Anche perché non trovo che Chien collimi con David-E, mentre Kun potrebbe forse, ma solo forse, visualizzare Horty»: le ultime considerazioni Ursula le sussurra sottovoce. Poi, a voce più alta «Qui le persone sono diverse nella struttura fisica e mentale da quelle dell’universo dal quale provenite, come in tutti gli universi. Anche Phil non ha la vostra età ma è una persona, diciamo così, matura, per quanto parlare di maturità nel suo caso…» sorride Ursula.

«A proposito – interrompe Horty – dov’è Phil?».

«Sta pensando a un romanzo su non morti e mondi paralleli dove la realtà si confonde con la finzione; mi ha proprio mandato l’ultima pagina, scrive a rovescio, soprattutto quando sente la scimmia sulla spalla. Siamo serviti da spettri organici. Spettri che, parlando e scrivendo, attraversano come meteore questo nostro mondo immaginario. E questi spettri osservano quietamente i loro simili, gli spettri in carne e ossa del mondo reale; di quel mondo i cui elementi per noi sono invadenti, ma piacevoli come scintille, di una sostanza che pulsa al centro stesso del nostro immaginario collettivo». Questo è PKindred, sorride Ursula. «Ma d’altra parte cosa scrisse quel poeta dell’antichità che aderì alla filosofia epicurea e fu studiato anche da quell’altro filosofo bruciato vivo da una teocrazia integralista? Quali oggetti commuovono l’anima? da dove viene quel che giunge allo spirito? Ascolta e imparalo. Da ogni parte errano in folla simulacri di ogni specie, sottili e che incontrandosi nell’aria non hanno difficoltà a saldarsi gli uni agli altri, come ragnatele o foglie d’oro. Sono di un tessuto molto più tenue degli elementi che colpiscono i nostri occhi provocando la visione e penetrano attraverso i pori andando a svegliare nei suoi anfratti dentro di noi la sostanza impalpabile dell’anima di cui eccitano la sensibilità. Ecco qualche prima risposta alle vostre domande. O no? Se volete ne possiamo ragionare».

«Neanche per idea» sbotta David-E furente: «io voglio sapere se c’è in atto un complotto che ha cancellato duecento anni di storia dal nostro mondo. E perché solo noi abbiamo flash di ricordi diversi».

«David-E, non essere scortese con Ursula. Probabilmente ci occorrerà tempo e pazienza, ma troveremo il bandolo della matassa». Horty ha ascoltato con crescente curiosità il discorso di Ursula e adesso la sollecita. «Quindi abbiamo attraversato un universo per passare a un altro vicino che è quasi uguale, questo l’abbiamo capito. Ma come abbiamo fatto? E tu?».

«Ve l’ho detto. Siete passat* grazie ai biglietti che vi ha dato Phil dall’altra parte. Leggeteli. Senza paura, non c’è pericolo di inversione».

David-E si fruga in tasca ma è Horty che per primo legge: «I ricordi sono sempre ansiosi di collimare alla perfezione con le cose e i luoghi di un passato rivisitato».

«Ma che vuol dire?» ringhia nervosamente David-E.

«Quello che tu vuoi significhi, niente di più e niente di meno».

«Non fare l’incantatrice di serpenti, Ursula, non ci provare. Voglio sapere, per cominciare, chi era quel pazzo invasato nella piazza e cos’era la macchinetta che gli cambiava i connotati ogni volta che mutava colore».

«E’ un disperso, fuggito da una realtà dove si combattono guerre fratricide dalle quali milioni e milioni di persone scappano, cercando di salvare la vita propria e dei propri familiari anche se spesso trovano la morte in viaggi organizzati dagli stessi loro carnefici. Lui sta cercando la strada per un possibile mondo migliore; il congegno dovrebbe essere l’equivalente dei vostri biglietti, però manca un elemento: il saggio e buon Webster, la guida. Non è ancora arrivato, speriamo che sia presto. Ma ci sono altri modi per passare da un mondo all’altro. So di una ragazza, Aomame, che l’ha trovato scendendo una scala di emergenza che dal livello della sopraelevata tangenziale l’ha portata nel suo mondo con due lune. O viceversa».

«Ma allora chi ricorda … è di un altro mondo? E chi ha interesse a spostare i ricordanti – calca la voce su questa parola – in un altro?». Horty si è seduto sul divano con la determinazione di chi vuole affrontare la situazione con raziocinio (che parolona eh?). «Dai, David-E, siediti anche tu. Se vogliamo venirne fuori, dobbiamo sapere, conoscere, approfondire, correlare. Che sto dicendo? Dico parole strane con naturalezza?». Horty prima di interrogare, si interroga.

«Abbiamo molto da dirci e lo faremo qui. D’altra parte la vostra quota di action per adesso l’avete esaurita quasi tutta nel mondo precedente» sorride Ursula.

«Ma Phil?» insiste caparbiamente David-E

«Te l’ho detto, sta scrivendo. I suoi salti spazio-temporali ricominceranno quando sarà alla ricerca della dose. E succede più spesso di quanto possiate immaginare».

«E tu Ursula… come fai a passare da un mondo all’altro?» si informa cautamente Horty.

«A me basta pensare fortemente a una parola, qualsiasi essa sia, basta che abbia lo stesso significato in tutti i mondi».

«A esempio?».

«Ad esempio guerra».

«E’ uguale dappertutto?».

«Sì, come morte, sofferenza, fame, genocidio, intolleranza, terrorismo, femminicidio…».

«Ma sono tutte orrende. E poi che parola è femminicidio?».

«Ve lo ripeto: ogni cosa a suo tempo. Comunque ci sono altre parole migliori» sorride Ursula: «amicizia, stelle, accoglienza, atomi, musica. Ma sono comunque sempre troppo poche. E abbastanza spesso non funzionano, purtroppo».

Sono sul diwan.

Anche David-E, che prima un po’ nervosamente, poi con più tranquillità si adagia con il braccio su uno strano appoggio: oggetti rettangolari di varie forme e consistenza e colori, impilati con gli angoli abbastanza in squadra perché i vari pezzi non cadano a terra. E non sono tablet.

«Sono i libri del matematico, astronomo, poeta e filosofo persiano Omar Khayyam»: nel sorridere Ursula si illumina.

«Libri? Di carta?» si allarma David-E: «sono pericolosi?».

Stavolta la risata di Ursula è forte e cristallina.

«Sentite questa storia:

Un giorno gli alti ufficiali di Panduria furono presi dal sospetto che i libri contenessero opinioni contrarie al prestigio militare. Essi cominciarono infatti a pensare che, in una considerevole quantità di libri, si sosteneva che anche i generali commettevano errori e disastri, e che le guerre altro non erano che un’inutile immane tragedia per l’intera umana specie.

Allo scopo di appurare la verità, lo Stato Maggiore panduro nominò seduta stante una commissione d’inchiesta alla quale venne affidato il compito di esaminare tutti i libri della più grande biblioteca di Panduria, e di stenderne alla fine una dettagliata relazione. Sì, i libri possono essere pericolosi, ma solo per chi non legge. E adesso credo che dovremo cominciare a giocare».

«Giocare? Poker on line? Bello, non sai quanto mi piace. Passo giornate intere davanti al computer. Vincere non vinco mai, il mio conto è sempre in rosso, ma vuoi mettere l’ebbrezza della sfida…» sembra esaltarsi David-E.

Lo sguardo di commiserazione di Ursula è perfino imbarazzante. «No, tu parli di azzardo, di dipendenza, di patologia. Io parlo di gioco come divertimento, ma soprattutto come sviluppo di attività fisiche e intellettuali; nel nostro caso… la seconda che ho detto, visto che se volete fare sport dovrete aspettare che torni Phil, lui sì che vi farà correre, come nell’altro mondo». L’ultima frase è pronunciata con una sfumatura ironica che Horty e David-E però non colgono.

«Allora insegnaci, noi abbiamo cominciato a interrogarci quando ci siamo incontrati a quella festa che ha dato inizio a tutto, vediamo come si può continuare» si incuriosiscono i due ragazzi.

«Cominciamo a vedere quali sono i ricordi comuni: se dico casa, famiglia, colazione, sorella, madre, marmellata, amic*, voi mi capite vero?».

Segno affermativo con la testa.

«Se dico cinema voi a cosa pensate?».

Ringalluzziti Horty e David-E quasi all’unisono: “Questa la sappiamo… Vediamo tanti film sui nostri SmartPhone, tutti d’azione e di inseguimenti, senza contare le serie tipo CSI o Criminal Minds o Sanctuary o Torchwood…» potrebbero continuare ma Ursula li ferma con una sfumatura di tristezza negli occhi.

«Quindi voi non conoscete/ricordate le proiezioni nel buio di una caverna, no scusate… quella è un’altra storia, forse la sorgente. Dicevo, nel buio di una grande sala, con poltrone, a volte polverose, con molte persone accanto a voi che in silenzio e con partecipazione seguono la storia bidimensionale proiettata su un grandissimo lenzuolo bianco..».

«Alt» la interrompono: «stai parlando di condividere una situazione emozionale con altri? Ma è proibito, si è passibili di Trattamento Sanitario Obbligatorio» urlano Horty e David-E, saltando in piedi con una luce fanatica negli occhi.

«Sto parlando di sala cinematografica dove si svolge la magia del cinema. Dove si proiettano i film, dove le emozioni si dilatano e si moltiplicano fra le persone come atomi sollecitati da un agire comune. Cosa c’è di più naturale?».

L’agitazione è palese, ma Horty sbotta: «Perché mi sembra di sentire una eco? E perché penso a una persona che esce dal lenzuolo e comincia a vivere nella realtà… di un film? Mi si ingarbugliano i pensieri, Ursula».

«No, stai ricordando. Ed è proprio questo il gioco: confrontare i ricordi, suscitarne di nuovi, fare vibrare l’eco di cui parli per collocarli al loro posto affinché si possa completare l’intero disegno, come in un mosaico. Continuiamo. Se parlo del dolce, dolce Ludovico adesso voi mi parlare del metodo usato dagli Uomini in Nero del mondo da cui provenite oppure ….».

«Aspetta, aspetta» salta in piedi Horty con eccitazione «perché sento una melodia forte, maestosa e coinvolgente .. Ludwig qualche cosa, forse re di Baviera?».

«No» ride Ursula «anche quella è un’altra storia, forse hai visto il film di un regista italiano che amava molto la proposta stilisticamente storica e letteraria».

«In un’altra vita, in un altro mondo, in un’altra storia» mormora con improvvisa consapevolezza Horty.

«Ma ci sono altri mondi che ci aspettano? e se sì come ci arriviamo? quale sarà il mezzo, questa volta?» si agita David-E.

«Un altro poco di tempo qui, poi sarete affidat* ad altre persone che come me hanno il compito di farvi da guida tra i ricordi nel continuum. Perché voi avete la chiave per rimettere a posto il disordine e riallineare lo spazio-tempo nel modo che è stato sempre studiato e conosciuto».

«Quindi in un mondo dove anche le ragazze studiano» cerca di scherzare David-E.

«E sono più sagge» ammicca Ursula: «E hanno creato un indovinello che fa al caso nostro. Ve lo propongo; provate a trovare la soluzione. L’indovinello è questo: Un essere femminile protegge nel grembo i suoi piccoli che sono privi di voce ma lanciano un grido che raggiunge gli uomini in terre lontane e questi possono sentire anche se non sono presenti. Che vuol dire? Ma soprattutto cosa dice A VOI?».

Non sembra ci sia molta baldanza sui visi di Horty e David-E. Le fronti corrugate, gli occhi stretti come fessure, le labbra strette sono la dimostrazione di quanto stiano intensamente pensando.

Ursula osserva con un sorrisetto all’angolo della bocca.

Poi… Horty quasi urlando: «L’essere è l’epistola, i piccoli le singole lettere» e, come in trance, David-E continua: «Nello stesso tempo mute e parlanti, le parole che vengono scritte».

Ursula accenna a un applauso: «Visto? E’ proprio così, come l’ha voluto una poetessa greca del IV secolo avanti Cristo».

«E’ uscito dalla mia bocca ma per me era come se ascoltassi una lingua che non conosco. Però nella mia mente ha preso forma questa soluzione e va bene… anche se non capisco come e perché» quasi singhiozza dalla gioia Horty.

«Non è un caso che la scelta sia caduta proprio su voi due per ridare un senso al continuum. Stiamo facendo progressi. Ma dovete avere pazienza. Come vi ho detto e ridetto, ogni cosa a suo tempo. Prima di suonare bisogna provare e ancor prima occorre accordare gli strumenti… Il viaggio è lungo. E adesso un piccolo suggerimento che vi tornerà utile: mentre ci si sposta il movimento che ci porta verso ci disgrega: siamo qui e allo stesso tempo non siamo qui perché stiamo già andando oltre. Non è un rompicapo, solo una constatazione che potrà esservi utile nel proseguimento del vostro viaggio, perché non vi perdiate e con voi non si perda la speranza».

«Wow, grande» ride a gola spiegata, quasi infantile David-E: «altroché IPad e tecnologia connettiva ultraveloce o collegamenti in tempo reale con tutti».

«Adesso il gioco come continua?» febbrile Horty.

«Può continuare con me ancora per poco oppure potete attivare il modo per passare dove… io non so. Scegliete, ricordando sempre che il limite, che gli antichi non superavano per non incorrere nella hybris, nella nostra epoca è qualcosa alla quale non bisogna attenersi, bensì plasmare, modificare, spostare, spingere in una direzione invece che in un’altra». Ursula è consapevole del distacco imminente e sembra dispiaciuta ma serena. «E’ abbastanza probabile che ci ritroveremo. Gli universi sono infiniti. Chiamiamoli multiversi, va bene? E non saranno tutti piacevoli».

«Non ci vedo molto chiaro, ma ci lavorerò» promette sorridendo Horty, decisamente il più tranquillo dei due.

«Ma allora che facciamo? Restiamo ancora un po’ o andiamo?» si ri-agita David-E.

«A me piacerebbe ritrovare Phil ma conoscere anche altri che ci possano aiutare nella nostra anabasi. Anabasi? E questa dove l’ho pescata?» sobbalza Horty.

«Dai, Horty, voglio vedere cosa succederà». D’improvviso David-E si è pacato: «grazie Ursula, per tutto quello che hai detto e fatto per noi. Perché ci sei stata vicina. Andiamo… Ma come?”.

«Ecco, tenete assieme questa conchiglia, chiudete gli occhi e pensate all’oceano. Il resto verrà da sé».

Ursula sussulta vedendo comparire una cabina telefonica blu che però scompare quasi subito.

«Dottore? Non sei tu, vero? Non sei neanche in lista».

«Dottore? Dottore chi?».

Se ne andarono, gli dèi, il giorno della strana marea.

Su dal centro terrestre sette porte

passando, io di Saturno al trono uscìa:

molti nodi discior seppi per via,

non potei quello dell’umana sorte.

[LA RRS CONTINUA fra 7 giorni]

(*) qui trovate la prima puntata http://www.labottegadelbarbieri.org/rrs-1-horty-ci-prova, la seconda RRS 2 – La Giornata della memoria e la terza RRS 3 – Phil, il cieco

(**) Cos’è una «Round Robin Story»? E’ un gioco di scrittura… Una storia dove autori/autrici si susseguono, a turno, per scrivere “al buio” (cioè senza una sceneggiatura) pezzi di una storia; di solito chi inizia… è “condannato” anche a concludere, cioè a tirare fuori il finale.
Divertente ma difficile.

Barare è lecito ma certo molte amicizie si sono rotte per chi trascina una RRS trooooooooppo fuori dai binari. Facciamo un classico esempio. C’è una famosa striscia di SNOOPY alla macchina da scrivere, all’incirca così: nella prima vignetta il bracchetto scrive «era una notte buia e tempestosa»; nella seconda vignetta aggiunge: «in un ospedale un medico fece un’importante scoperta»; terza vignetta: «una nave pirata apparve all’orizzonte»; e nella quarta vignetta uno Snoopy assai perplesso riflette «mi sa che sono nei casini». Ecco questo è un rischio.

L’altro pericolo è che chi scriverà la “puntata finale” alla fine ignori “del tutto” gli altri e le altre che hanno giocato. Scorrettissimo no?

Qui in “bottega” alcune persone hanno accettato di giocare, come vedrete. Ogni sabato… finché ci saranno giocatori/giocatrici: abbiamo messo nel conto una decina di puntate, forse due di meno (diserzioni?) o forse due di più (altre pazze e altri pazzi si vogliono aggiungere?). Il “buio” fa paura e affascina.

Il logo della nostra RRS – Round Robin Story appunto – è stato disegnato da Energu che lo varierà (sempre?) un poco a seconda dell’estro, del sole o no, della variabile Zyx, del vino.

Ci ritroviamo qui fra 7 giorni. (db)

 

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

6 commenti

  • Giorgio Chelidonio

    “Spiegaci perché ricordiamo cose che altri non ricordano, e viceversa mi pare…. ” e/o “Siamo serviti da spettri organici. Spettri che, parlando e scrivendo, attraversano come meteore questo nostro mondo immaginario. E questi spettri osservano quietamente i loro simili, gli spettri in carne e ossa del mondo reale” !!!
    Super hoibò: bastano queste due frasi super-oniriche per convincermi che dovrò rileggerlo più e più volte ………
    PS ma quegli asterischi ?

  • SUBLIME…. tanti, troppi riferimenti per elencarli tutti. Geniale il sistema di passaggio tra un universo all’altro, troppo divertente pensare che c’è grossa crisi sulle terre infinite.
    I riferimenti filosofici mi fanno capire che non solo il mio precedente episodio ti sia piaciuto ma che ti abbia fornito lo spunto per il multiverso. Speriamo che gli altri colgano al meglio la citazione. E che il T.A.R.D.I.S. sia con voi.
    Grazie per questo gioiellino inestimabile.

  • L’idea di utilizzare il Multiverso, gli universi paralleli e le realtà alternative è assolutamente meravigliosa….

  • Ah dimenticavo… gli esagrammi dell’I-Ching avrebbero formato, uniti, l’esagramma con il quale Juliana sarebbe poi andata dallo scrittore Hawthorne Abendsen…una chiave per creare una frattura nel reale andando a connettersi con l’Inconscio Collettivo… ma mi piace moltissimo il divertente espediente escogitato da Bianca

  • grazie Fabrizio, tu sei troppo gentile e io sono troppo timida. Sono una lettrice compulsiva (anche di fantacienza, dalla tenera età di quindici anni perché in biblioteca non mi prestavano letteratura di altro .. genere) e qui ho tentato di fornire una trama in cui l’ordito fosse il segnale delle mie ultime letture. D’accordo con Daniele alla conclusione del RRS ognuno potrà mettere i propri riferimenti (compresi gli asterischi, Giorgio!). E ci sarà da divertirsi, ritengo.

  • avevo dimenticato di inserire a commento finale e a futura memoria quel che segue.
    scusate e credetemi quando dico che non sono una presenzialista.

    /“Quando le righe diventano demiurghe di se stesse, quando assisto, come un miracoloso insaputo, alla nascita sulla carta di frasi che sfuggono alla mia volontàe che si imprimono sul foglio mio malgrado, esse mi fanno conoscere quello che non sapevo né credevo di volere, gioisco di questo parto indolore, di questa evidenza non calcolata e del fatto che seguo senza fatica né certezza, con la felicità delle meraviglie sincere, una penna che mi guida e mi porta.”/

    (da “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery, ed.e/o, 2007 trad. di Emmanuelle Caillat e Cinzia Poli)
    anche se proseguendo nella lettura questo libro non mi ha convinto

    //

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