Rrs e Rpg: quando la narrazione diventa di ruolo

di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia

RPGmelodia

«Solo la narrativa può restituire, in parte, il sapore di ciò che accadde. Gli odori, i colori: una verità che lo storico, vincolato a criteri quantitativi e a valutazioni asettiche, non può permettersi» ebbe modo di affermare Valerio Evangelisti.

La narrativa è la base di ogni organizzazione del discorso umano, fin dai primordi della propria formazione, prima ancora della sua messa per iscritto.

Una lingua prima è parlata e dopo trova la sua via nella scrittura, veicolo diverso ma considerato anche dal buon Platone come assolutamente inadeguato: «O ingegnosissimo Theuth, c’è chi è capace di creare le arti e chi è invece capace di giudicare quale danno o quale vantaggio ne ricaveranno coloro che le adopereranno. Ora tu, essendo padre della scrittura, per affetto hai detto proprio il contrario di quello che essa vale. Infatti, la scoperta della scrittura avrà per effetto di produrre la dimenticanza nelle anime di coloro che la impareranno, perché fidandosi della scrittura si abitueranno a ricordare dal di fuori mediante segni estranei, e non dal di dentro e da se medesimi: dunque, tu hai trovato non il farmaco della memoria, del richiamare alla memoria. Della sapienza, poi, tu procuri ai tuoi discepoli l’apparenza e non la verità: infatti essi, divenendo per mezzo tuo uditori di molte cose senza insegnamento, crederanno di essere conoscitori di molte cose, mentre come accade per lo più, in realtà, non le sapranno; e sarà ben difficile discorrere con essi, perché sono diventati portatori di opinioni invece che sapienti».

La narrazione e il dialogo reciproco sono dunque le vie maestre per la vera sapienza e la memoria come luogo di conservazione reale e indistruttibile.

Per tutta la sua vicenda terrena, l’umanità ha sempre cercato nuove vie alla narrazione, per fare in modo che l’immensa memoria collettiva trovasse sempre un posto sicuro di conservazione ma anche nuova forza vitale e propulsiva per cercare sempre sapienza e altri modi/mondi d’espressione.

Nel precedente articolo in blog ho parlato abbastanza brevemente del librogame, veicolo alternativo… a intendere la lettura del libro come qualcosa di interattivo e non solo come bacino dal quale attingere informazioni.

Qui parlerò di una narrazione ancora più diversa, dove il dialogo filosofico, oltre che umano, trova la sua massima espressione pratica.

Iniziamo dalla cosiddetta «Round Robin Story»: è una specie di creazione narrativa in collaborazione, dove due o più autori, a turno, scrivono un capitolo o un paragrafo a testa della storia. Di solito “al buio” cioè senza preventivamente accordarsi sulla trama.

In un certo senso, si potrebbe far risalire questo modo di fare al vecchio gioco dei bambini «Facciamo finta che….». In tal senso, ognuno contribuisce alla storia, fino a formare un corpo unitario.

Nell’era di internet questo “gioco” ha continuato a crescere, passando dalle mailing list fino ai siti di fan fiction, dove autori di ogni età si cimentano a scrivere anche storie corali ispirandosi a personaggi e ambientazioni proprie o a quelle tratte da libri, fumetti, serie tv, cartoni animati.

Facendo qualche passo indietro ancora, si potrebbe far risalire tale modo alla commedia dell’arte del sedicesimo secolo, dove la trama della commedia era un semplice canovaccio e gli attori improvvisavano tutto il dialogo dinanzi al pubblico.

Negli anni ’60, nacque la Society of Creative Anachronism, dedita principalmente alla particolareggiata ricostruzione storica di battaglie famose, contaminandole con elementi dichiaratamente fantasy. Tale società fu battezzata in tale modo da una delle prime partecipanti, la nota scrittrice Marion Zimmer Bradley, che si definì un’anacronista in aperta protesta contro il ventesimo secolo, un movimento che avrebbe poi trovato sfogo anche nella fantascienza detta steampunk.

Procedendo per varie origini, nel 1780 Johann Christian Ludwig Hellwig, «mastro dei paggi» (Pagenhofmeister) all’accademia militare di Braunschweig realizzò il proprio gioco da tavolo a tematica bellica. Questo era composto da una mappa di 1666 caselle codificate secondo vari tipi di terreno, pezzi da gioco che rappresentavano ognuno un gruppo di soldati (fanteria, cavalleria, ecc) e regole per il movimento e il combattimento. Georg Vinturius ampliò le regole nel 1795 e sostituì la mappa quadrettata con una mappa del confine franco belga nel 1798.

Il wargame (chiamiamolo “anacronisticamente” così) divenne successivamente un’attività ludica vera e propria grazie all’apporto fondamentale del noto scrittore britannico di fantascienza, nonché presunto padre della medesima, Herbert George Wells. Costui, fervente attivista pacifista di forti idee comuniste (altri affermano socialiste ma taluni – compreso il db di codesto blog – avanzano dubbi perfino sul suo “progressismo”) creò uno splendido wargame dal titolo «Piccole guerre», edito nel 1913, confidando moltissimo in esso quale “rimedio omeopatico” per tutti gli strateghi, i politici e i guerrafondai, i quali avrebbero sperimentato il brivido della guerra reale senza i tragici «effetti collaterali».
Il regolamento di Wells era un wargame tridimensionale, giocato con miniature di soldatini e cannoni-giocattolo a molla che tiravano piccoli proiettili. Le unità venivano eliminate se colpite dal proiettile di un cannone. Emerse un mercato di nicchia per adulti che ricreavano battaglie militari dall’epoca napoleonica in avanti. Sebbene ogni “segnalino” o pedina rappresentasse tipicamente una squadra di soldati, esistevano alcuni giochi di livello «schermaglia» (uomo contro uomo) in cui ogni figura rappresentava un singolo soldato.

Nel 1959 Alan D. Cahlamer pubblicò un wargame di nuova concezione, dal titolo «Diplomacy», dove l’interazione e i rapporti interpersonali erano alla base del gioco.

E siamo ormai arrivati a quelli che saranno poi definiti (wikipedia docet) GdR cioè giochi di ruolo o Rpg (dall’inglese role-playing game).

Greg Stafford poco dopo avrebbe creato un “gioco di guerra” ambientato in una struttura fantasy ma sarebbe stato l’apporto inaspettato di Gary Gygax a creare il primo vero gioco di ruolo da tavolo, unendo le regole del wargame all’interazione interpersonale dei giocatori con l’aiuto di un arbitro, senza far nascere ogni volta una disputa fra i giocatori.

«Dungeons & Dragons» vide la luce nel 1974 e sarebbe presto diventato una pietra miliare nella creazione cooperativa di storie, la simulazione di combattimenti e ambientazioni particolareggiate dove chi gioca si muove usando solo carte, matite e dadi multifaccia (da 4 facce ma anche a 20 facce, arrivando a 100 con l’unione di due dadi a 10 facce).

La creazione di una storia in cooperazione nasceva così dall’interazione dei giocatori con l’arbitro (chiamato Dungeons Master o più semplicemente Master) il quale s’incaricava dell’ambientazione e dei personaggi non giocanti… oltre ai mostri da affrontare in ogni labirinto partorito dalla sua fantasia malata.

Il sistema verrà copiato più volte ma mai eguagliato; solo la Chaosium tenterà un modo diverso, con il suo sistema a D100, ovvero basato solo sull’uso del dado a 100 facce. Ciò rende più semplice la gestione e la risoluzione degli scontri, permettendo ambientazioni e storie sempre più ricche, complesse e particolareggiate, come per il mondo della scrittore H. P. Lovecraft. Il D100 dimostrò la sua validità rispetto al D20 di Gygax, trovando una sua pubblicazione autonoma come libro in «Basic – Gioco di ruolo universale» dove il suo sistema permetteva la creazione di qualunque tipo di storia e ambientazione.

Negli anni ’90, la casa editrice White Wolf pubblicò un gioco di ruolo basato sul rivoluzionario sistema «Storytelling System»: è il noto «Vampiri – La Masquerade» di tematica orrorifica, in cui i personaggi potevano essere interpretati in modo assolutamente teatrale e con un profondo sostrato filosofico, eguagliato poi dai successivi «Maghi – L’Ascensione», «Lupi Mannari – L’apocalisse» e «Spettri – l’oblio», forse il più tragico in assoluto, in cui i giocatori impersonano fantasmi persi nel dolore della morte e dello sprofondamento nell’oblio.

In contemporanea, la Wizard of the Coast pubblicherà il primo gioco di carte collezionabili e «Magic, l’adunanza» sarà un successo mondiale, generando una scia di cloni che mai andranno a intaccare l’originale. Nel gioco s’impersona un mago contro un altro, armati delle carte, ognuna delle quali rappresenta una magia e una energia magica adatta ad attivare le altre carte, artefatti, creature, magie d’evocazione e altro.

Di poco tempo fa, è la pubblicazione del bellissimo gioco di carte collezionabili «Netrunner»: qui le carte sono i programmi che il pirata informatico usa per spaccare le fortezze virtuali.

La serie televisiva «Star Trek:The Next Generation» ebbe l’onore di vedersi tradotta in un gioco di carte collezionabili, con le quali si potevano ricreare le avventure del coraggioso equipaggio dell’Enterprise.

Il gioco «Once upon a time», di cui recentemente è uscita pure una espansione, è un gioco di carte in cui – usando gli archetipi della fiaba come sono stabiliti dai narratologi russi come Vladimir J. Propp – i giocatori narrano insieme una fiaba liberandosi man mano delle carte prima che lo facciano i loro compagni, impresa tutt’altro che semplice e divertentissima.

Altri giochi di carte in cui s’impersonano personaggi e si narrano storie, sono quelli della serie «Sì, Oscuro Signore» e «Sì, Caro Padrino», in cui i giocatori impersonano orchetti che devono giustificarsi in modo convincente nientemeno che con il signore delle tenebre Rigor Mortis o interpretando gangster inetti nel tentativo di sfuggire alle ire del Padrino.

Emiliano Sciarra ha di recente creato un gioco di carte interpretativo di simulazione di sparatorie western, in cui un giocatore incarna il povero sceriffo alle prese con fuorilegge pronti a fargli la pelle.

Per chi fosse interessato, l’editore Giochi Uniti è attivo al sito http://www.giochiuniti.it dove potrete trovare tutti i giochi di cui ho parlato.

Come si è visto la narrazione è l’evoluzione stessa del gioco del bambino, il quale parte dall’azione per giungere alla parola, come forma più alta dell’azione.

«(…) ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura, nelle sue fasi originarie, porta il carattere di un gioco; viene rappresentata in forme e stati d’animo ludici: in tale “dualità-unità” di cultura e gioco, gioco è il fatto primario, oggettivo, percepibile, determinabile concretamente; mentre la cultura non è che la qualifica applicata dal nostro giudizio storico dato al caso»: così lo storico olandese Johan Huizinga nel suo fondamentale saggio «Homo ludens» del 1938.

Dunque giocare non solo è il fondamento fertile della cultura, ma ogni cultura che esula dal gioco porta non alla democrazia e allo sviluppo armonico dell’individuo ma alla tirannia.

La narrazione cooperativa, il gioco da tavolo, il gioco di ruolo, lo sport, la letteratura, la filosofia, la matematica sono le più alte forme d’espressione culturale di un popolo.

Una curiosità: il Comune di Milano ha istituito da molti anni uno spazio di oltre 300 metri quadrati nei pressi della stazione centrale ferroviaria, dove trovano ospitalità 45 associazioni ludiche (di Milano e dintorni): dagli scacchisti ai giocatori di ruolo. Tale luogo porta il meritevole nome di Università Europea degli Sport della Mente, si trova in via S. Uguzzone 8 e sul loro sito trovate tutte le informazioni utili http://www.uniesm.it/index.htm. «Gens ludens sumus» è il loro motto.

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

Un commento

  • Daniele Barbieri

    Astro-Melodia ne sa una più del diavolo (sono stupefatto da quante cose io non sapevo, a partire… dalla sigla Rpg) ma proprio come Satanasso ciurla nel manico e sulla Round Robin Story dice poco.
    Va beh…
    … quando troverò il tempo racconterò qualcosa io. E’ una minaccia (o manaccia) non una promessa (o premessa).

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