San Lazzaro di Savena: amianto in via Val fiori…

di Vito Totire (*)

Cresce e si consolida il movimento di bonifica territoriale… o potrebbe crescere più rapidamente?

Ci piacerebbe che tutti i Comuni italiani fossero avanti come San Lazzaro nella bonifica del territorio dall’amianto. Le nostre osservazioni muovono allo scopo di suggerire ulteriori azioni di miglioramento.

Abbiamo segnalato nei mesi scorsi la situazione del cemento amianto nel sito ex-Safra, oggi Consorzio cave. L’amianto presente non era ancora censito. Con una tempistica moderatamente rapida sono stati varati alcuni provvedimenti certamente congrui ma, come si preannunciava prima, migliorabili.

Veniamo ai punti:

  1. dopo la nostra segnalazione è stata emessa una ordinanza, la 334/2017, notificata alla attuale proprietà il 23/8 e contenente due istanze: bonifica entro 60 giorni della piccola tettoia all’entrata dell’impianto e bonifica entro un anno del capannone;
  2. non veniva comminata sanzione per la omessa auto-notifica in quanto l’attuale proprietà ha acquistato il sito da un anno; indubbiamente l’obbligo era in primis in carico alla vecchia proprietà (fallita); la questione non quadra: infatti chi rileva un immobile o un sito dovrebbe farsi carico delle questioni da sanare; piuttosto l’obbligo era in capo sia alla vecchia proprietà che alla nuova che al curatore fallimentare; ma non stiamo cercando il pelo (anzi la fibra) nell’uovo; la contraddizione che evidenziamo chiarisce come in Italia vi sia (anche) sull’amianto una situazione di deregulation e di caos; da decenni stiamo proponendo ai vari governi “catatonici” che si sono succeduti in Italia, una norma analoga alla legge francese: quando vendi, vendi solo se hai già bonificato
  3. a ogni modo apprendiamo dall’Urp di San Lazzaro che sono state comminate 31 sanzioni per omessa auto-notifica ai sensi della ordinanza sindacale 48 del 2010; abbiamo già detto in altre circostanze che un Paese in cui in un Comune un comportamento omissivo viene sanzionato e nel Comune confinante ciò non accade, è un Paese in cui la Costituzione repubblicana non è interpretata molto bene… ovviamente, lo abbiamo detto a ripetizione, consideriamo corretta la scelta di San Lazzaro e omissiva invece quella dei Comuni confinanti, in primis di quegli intelligentoni degli amministratori del Comune di Bologna; la “linea” di San Lazzaro, oltre che corretta, è stata lungimirante, visto che il Testo unico amianto depositato in Parlamento adotta questo tipo di approccio (salvo poi vedere se il governo Gentiloni sarà in grado di…)
  4. veniamo al sito: a) quanto meno fino a stamattina e quantomeno dal 20/10 le lastre della tettoia all’ingresso giacciono impacchettate al suolo (ma l’involucro si sta già lacerando); se la bonifica doveva essere finita entro 60 giorni questi sono scaduti il 23 ottobre; non riteniamo che le lastre depositate impacchettate a terra si identifichino con “la bonifica”; ma non proponiamo un approccio “fiscale”. Il tema serio è: quanto tempo è ragionevole che materiale amiantifero resti al suolo in luogo aperto ancorché chiuso in un involucro? Visto che sono passati diversi giorni non ci pare prudente lasciare ulteriormente il materiale nella speranza che non si verifichino eventi meteorici eccezionali capaci di distruggere l’involucro e sparpagliare il materiale amiantifero nel territorio; ci parrebbe congruo un sopralluogo dei vigili o della Ausl lunedì mattina per vedere se il materiale è “ancora lì”… Così ci pare congruo che i piani di lavoro approvati dalla Ausl indichino tempi tecnici ragionevoli e rapidi per il conferimento ai luoghi di stoccaggio protetti;
  5. circa il capannone: l’approccio dell’ordinanza pare coerente con le linee-guida regionali; ma queste linee guida sono secondo noi da modificare. Certo non sono vincolanti per il sindaco che può proporre periodi di bonifica più celeri; è questo il caso. Come per Bologna, via Bignardi 14 dove l’ordinanza, molto tardiva, ma – una volata emanata – non ha “concesso” 12 mesi di tempo. Trattandosi sia in via Bignardi che in via Val Fiori di una struttura abbandonata (elemento di per sé riconosciuto dalla comunità scientifica come fattore di rischio) a nostro parere si può e si deve ragionare su una bonifica entro il 31 dicembre 2017;
  6. il sito in quanto tale sta diventando problematico; INFATTI E’ NOTO (PERSINO LA PSICOLOGIA SOCIALE SI E’ MISURATA SU QUESTO TEMA) CHE DEGRADO ATTIRA DEGRADO. Ne abbiamo avuto conferma per la discarica che si accumulava periodicamente sotto l’area archeologia di Monte Bibele e che dopo le nostre ripetute denunce non c’è più. Questa mattina il piccolo piazzale di via Val Fiori “ospitava” la carcassa abbandonata di un televisore, rifiuti lignei e di altro genere. Il container esterno, anch’esso in stato di abbandono, ha la porta spalancata; l’interno, visibile, mostra i segni di una triste “periferia operaia” con un calendario pornografico e altri materiali di incerta classificazione; anche il container, se è da rottamare si rottami…

Oltre a queste osservazioni ne vogliamo indirizzare altre al Comune di San Lazzaro di Savena.

Come direbbe Alex Langer: continuate in quello che era giusto”; vale a dire andare avanti con il monitoraggio dell’amianto.

  1. quanto ne rimane ancora?
  2. perché continuare a rimuovere la questione dell’amianto delle condutture di acqua cosiddetta “potabile” che solo nel periodo gennaio-agosto 2017 nel solo Comune di San Lazzaro hanno registrato ben 19 rotture! Che cosa si è bevuto oltre la cosiddetta “acqua del sindaco…”?

Per far diventare San Lazzaro totalmente asbestos-free – libero da amianto – non ci vorrebbe tanto, rispetto ad altri Comuni italiani e della stessa provincia di Bologna. Solo che San Lazzaro parrebbe avere affievolito la sua spinta propulsiva … O no?

Bologna-San Lazzaro di Savena 28.10.2017

(*) Vito Totire è portavoce di AEA, Associazione esposti amianto e rischi per la salute

 

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