Sanità toscana “conveniente per i privati”. Corte dei conti docet

di Luca Benci (*)

Sono tre le notizie, uscite questa estate, che riguardano la sanità pubblica e il servizio sanitario toscano che sono degne di essere riportate e commentate e su cui è utile dare una lettura complessiva in quanto, come vedremo, vanno tutte nella stessa direzione. Ecco di cosa si tratta.

1) Un concludendo accordo tra Coop Firenze e Unipol e già  meritoriamente prontamente commentato.

Questo accordo, a quanto è dato saperne, è legato all’emanazione di una tessera – “Si Salute” – che verrà rilasciata nei supermercati Unicoop Firenze (104 punti vendita) in convenzione con UniSalute (gruppo Unipol e convenzionata di numerose strutture come Villa Donatello, Villa Ulivella, Maria Beatrice Hospital e centro Maurizio Bufalini e con decine di centri diagnostici territoriali tra cui il centro Fanfani). In questa tessera si matureranno dei “punti” che potranno essere convertiti in prestazioni sanitarie in relazione a tabelle prederminate.

2) La relazione regionale sullo “Stato di salute dei toscani e del Servizio sanitario regionale

Nell’ampia relazione si legge, tra l’altro, testualmente: “Aumenta la spesa per prestazioni in intramoenia, da 65,6 a 88,9 milioni di Euro, e quella per la compartecipazione sui farmaci erogati sul territorio, da 12,6 a 18,7 milioni di Euro”.

In altre parole la notizia è la seguente: i cittadini toscani per avere prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli si sono rivolti, sempre più spesso, al Servizio sanitario regionale per avere prestazioni a pagamento in intramoenia. Ricordiamo che l’istituto dell’intramoenia (“dentro le mura”), introdotto dal Governo Prodi nel 1999, si caratterizza per lo svolgimento di attività privata permessa ai medici ospedalieri direttamente nella struttura pubblica. La genesi e la natura del discusso istituto sono approfondite qua.

3) La relazione della Corte dei conti sugli ospedali in project financing (già commentata su questa Rivista).

Ricordiamo il complesso istituto finanziario utilizzato, anche, per la costruzione di ospedali. E’ caratterizzato da una metodologia alternativa all’appalto che tecnicamente si caratterizza per un “partenariato pubblico-privato” dove, in teoria il privato mette la maggior parte delle risorse economiche e per poi gestire per un periodo lungo (20 anni circa) le parti commerciali e non sanitarie delle strutture ospedaliere. In Toscana sono stati costruiti con questa tecnica gli ospedali di Prato, Pistoia, Lucca e Massa.

La Corte dei conti è intervenuta stigmatizzando il comportamento della Regione Toscana. E’ da considerarsi vera operazione di project financing solo quella in cui il partner pubblico impiega, al massimo, il 49% delle risorse complessive. In Toscana si è partiti con un 65% per arrivare a conti finali addirittura all’80%!

Non solo: la Corte dei conti ha precisato che in tutta l’operazione si registra “una spiccata convenienza per il concessionario” (soggetto privato) facendo ricadere la gran parte dei rischi sul concedente (la stessa Regione). E ancora: l’attività di controlli effettuata dalla Regione sul concessionario privato è stata definita “modesta”. In pratica quattro ospedali pubblici, costruiti da privati con l’80% dei soldi pubblici, ma gestiti in molte parti dagli stessi privati per un ventennio tornando pubblici quando obsoleti.

Il comune denominatore delle tre notizie: l’aria di privatizzazione

Le tre notizie di questa estate hanno un comune denominatore: il processo, strisciante, ma continuo, della privatizzazione del Servizio sanitario regionale. Tutte aggiungono tasselli non secondari al processo.

L’accordo Unicoop/Unipol nasce nella convinzione di costruire la “seconda gamba” del Servizio sanitario nazionale che, ovviamente, è privata. La cronaca e l’analisi di questi ultimi anni la rende subdola, flessibile adattabile ai diversi “ceti” della popolazione.

La “seconda gamba” può essere privata/pura – la stipula di vere e proprie assicurazioni, generalmente riservate alla popolazione più abbiente – può essere del non profit con le pubbliche assistenze ben radicate nel territorio (favorita dalla Regione Toscana), può essere sindacal/integrativa introdotta nei prossimi contratti collettivi nazionali di lavoro con il “welfare aziendale” sull’esempio del già firmato contratto dei metalmeccanici.

Con l’accordo Unicoop-Unipol può essere, lo sappiamo ora, anche squisitamente commerciale: da consumatori, da clienti. In questo senso si sposa perfettamente l’enfatica, ma vera espressione della trasformazione della salute in merce come qualsiasi altra. I punti di fidelizzazione Coop che danno come premio la “merce salute”. Più acquisti più hai diritto a sconti su prestazioni sanitarie.

La seconda notizia è intimamente collegata alla prima. Il cittadino che ha difficoltà ad attendere le – non sempre trasparenti – liste di attesa – sceglie la via diretta del pagamento del professionista pubblico, in un ambulatorio pubblico, pagato con i soldi pubblici ma che genera, “dentro le mura”, una prestazione totalmente privata, i cui proventi vengono spartiti dal professionista (e dalla sua equipe nel caso di interventi chirurgici) con la stessa struttura sanitaria. I cittadini toscani vedono ampliata la percentuale dei loro pagamenti di prestazioni che dovrebbero essere garantite gratuitamente, o con la sola partecipazione alla spesa (ticket). Il tutto senza porsi ulteriori domande sull’eticità e sul conflitto di interesse di tale scelta di politica sanitaria.
La politica che sottintende a queste prime due notizie è relativa allo riespandersi del “carattere censitario” del diritto alla salute. Chi ha risorse accede prioritariamente alle prestazioni di salute; chi non ha risorse, chi non è un consumatore fidelizzato o non usufruisce di benefici aziendali può aspettare. Il contrario di quell’universalismo che a tutt’oggi campeggia nelle normative generali del Servizio sanitario nazionale.

Attenzione però a non cadere nelle trappole della propaganda ripresa da tutti i giornali sulla “espulsione” dal Servizio sanitario nazionale di oltre 12 milioni di persone che nel 2016 avrebbero rinunciato alle cure. La notizia, ripresa acriticamente, era contenuta nel VII rapporto Rbm-Censis nell’ambito proprio di una giornata sul welfare integrativo. Ricordiamo che l’Rbm è la più importante compagnia assicurativa privata in ambito sanitario. Il dato è contenuto nella parte della relazione firmata da Marco Vecchietti, Consigliere delegato Rbm assicurazione salute Spa, dimostrando un conflitto di interesse che uno studio del Censis che ha avuto il patrocinio del Ministero della salute non dovrebbe avere.

Uno studio “interessato” quindi che non ha trovato riscontro in alcun altro dato. Questo non significa che non ci siano aree di non cura – difficilmente comunque totali – ma che la drammatizzazione dei dati persegue un preciso scopo politico di privatizzazione. Studi più attendibili pongono l’area di difficoltà di cura intorno poco più di cinque milioni il dato: in contrazione al centro nord e in aumento al centro sud. Dati importanti senza dubbio ma non quelli “bufala” e strumentali del Censis-Rbm. Ricordiamo che i dati ricavati sono una “mera proiezione in valori assoluti dei risultati di un’indagine campionaria su 1.000 cittadini ai quali è stato chiesto se, nel corso dell’anno, avessero rinunciato o rinviato ad almeno una prestazione sanitaria senza però specificarne tipologia ed effettiva urgenza” e contraddetti da Istat e Ministero salute. In pratica un’intervista telefonica fatta a un piccolo campione!

L’ultima notizia riguarda l’area ospedaliera toscana e della costruzione in project financing dei quattro ospedali su cui eravamo stati facili profeti. Oggi la Corte dei conti rincara la dose e spazza via ogni dubbio sulla grave operazione di “esternalizzazione del debito” messa in atto dalla Regione Toscana tutta a favore del privato.

Conclusione

Mercificazione della salute con l’accordo Unicoop-Unipol, aumento della spesa privata per visite e prestazioni sanitarie svolte in ambito pubblico da medici pubblici, privatizzazione degli ospedali svolte con soldi pubblici: questa è la sintesi delle tre notizie di questa estate.

Se continua questa tendenza ci avviamo in modo strisciante verso le aree di non cura “auspicate” dal rapporto Censis-Rbm e verso una reale pesante diseguaglianza.

La difesa del Servizio sanitario nazionale, del suo carattere universalistico, delle adeguate forme di finanziamento sono il presupposto fondamentale per combattere questa tendenza che svela in carattere pesantemente anticostituzionale.

“Non può ammettersi” ha scritto la Corte costituzionale in tempi non sospetti, che “in forza del principio di uguaglianza” il diritto alla salute possa dipendere “dalle diverse condizioni economiche” (sentenza n. 185/1998).

Senza la corretta analisi e conoscenza dei fenomeni si rischia, però, di sbandare verso le vie indicate dai fautori delle privatizzazioni che trovano, inaspettati, compagni di viaggio (Ogni riferimento alle organizzazioni sindacali che firmano contratti sul welfare aziendale è puramente voluto).

(*) Tratto da http://www.perunaltracitta.org.

Luca Benci è un giurista esperto di diritto sanitario e biodiritto
Redazione
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