Sardegna: Eja tv fra radici e ali

di Ignazio Sanna

Eja Tv trasmette sul canale 172 del digitale terrestre in Sardegna, oltre che sul web (https://www.ejatv.com/) dove si presenta così: «Cherimus èssere protagonistas de s’istòria de custa terra. E paris a nois cherimus fàghere a manera chi totu sos sardos tèngiant unu logu in ue contare sa cultura e s’identidade issoro» (Vogliamo essere protagonisti della storia di questa terra. E vogliamo far sì che insieme a noi tutti i sardi abbiano un luogo nel quale raccontare la propria cultura e la propria identità). È un programma giustamente ambizioso, che mira a recuperare un patrimonio culturale che ha rischiato seriamente di sparire, a livello linguistico come a livello socio-antropologico, a partire almeno da quando le politiche di omologazione linguistica del fascismo prima e della televisione poi hanno prodotto un pregiudizio sempre più diffuso contro questo patrimonio. Da qualche decennio la vita si è fatta un po’ meno dura per i sardo-resistenti, cioè coloro i quali rifiutano un appiattimento culturale e un’omologazione imposte dall’esterno. È quella che l’archeologo Giovanni Lilliu definiva «costante resistenziale sarda», quel fenomeno che ha permesso nei secoli di respingere o limitare i tentativi di assimilazione e “normalizzazione” provenienti dall’esterno. Ciò nonostante ci sono ancora ambiti, soprattutto nella politica, in cui si strumentalizzano i valori più nobili del sardismo, distorcendoli e di fatto dissolvendoli. Basti pensare alla fine miseranda che ha fatto il Partito Sardo d’Azione, fondato da Emilio Lussu proprio per salvaguardare questi valori: qualche anno fa si è assistito alla scena, patetica e assurda, di vedere alcuni dirigenti di quel partito regalare la bandiera dei Quattro mori a Berlusconi, colui il quale ne incarna più di tutti la negazione. È esattamente come se i repubblicani avessero fatto omaggio dei loro simboli ai Savoia, considerandoli i salvatori della patria. Un’autentica bestialità: fa pensare che costoro abbiano introiettato inconsapevolmente proprio quel servilismo che è l’esatto opposto dell’orgoglio per la propria identità. E le cose non vanno certo meglio oggi, con la sciagurata alleanza con la Lega di Salvini in cambio di qualche poltrona.

La lingua è evidentemente lo strumento principale di comunicazione tra le persone. E Eja Tv, che ha nel proprio nome contemporaneamente un’affermazione e un segno linguistico che la identifica come sarda, sceglie a questo scopo di utilizzare le varianti linguistiche principali del sardo, includendo anche le lingue minoritarie presenti nell’isola, come il catalano di Alghero e il tabarchino di Carloforte. Le produzioni, tutte originali, si articolano in diverse aree tematiche. Fra i programmi segnaliamo Literas, a cura di Ivo Murgia, che si occupa di letteratura sarda; Kentzeboghes, a cura di Daniela Vitellaro, sul cinema in lingue minoritarie; Cua-cua, a cura di Claudia Melis, dedicata ai bambini. Da sottolineare anche Adrià, spazio a cura di Adrià Martin, docente di tecnologie per la traduzione presso l’Universitat Autònoma de Barcelona.

Per saperne di più abbiamo rivolto qualche domanda a Tore Cubeddu, fondatore, amministratore unico e direttore dell’emittente.

Chi è Tore Cubeddu? Un imprenditore? Un intellettuale? Un manager culturale?

Difficile rispondere a questa domanda. Non mi sento un intellettuale. Sicuramente sono un imprenditore nell’ambito della cultura. È la mia vocazione. Credo profondamente nella mission e nella responsabilità etica delle imprese che si muovono in quest’ambito e credo che la cultura sia imprescindibile nel tessuto economico e sociale contemporaneo. La cultura è la nostra green economy più importante, è il mondo in cui mi sento a mio agio e in cui ho avviato il mio progetto professionale.

Come nasce Eja Tv?

Ejatv è nata nel 2014, anche se il progetto l’ho scritto nel 2007, ormai 12 anni fa. Ejatv rappresenta il mio sogno più grande. Ho sempre desiderato l’esistenza di una emittente televisiva che potesse dare dignità alla lingua sarda e alla cultura della Sardegna. Di fatto Ejatv, “sa tv de sas limbas de Sardigna, sa tv de sos sardos”, unisce le mie due passioni più grandi: lo studio della lingua sarda e il mio percorso professionale in ambito cinematografico e televisivo. Nel 2002 ho realizzato la mia prima produzione in lingua sarda e da allora ho capito che sarebbe stata la mia strada. Abbiamo iniziato sul web, dopo che il nostro progetto era stato respinto dalle emittenti regionali, che non ne avevano capito l’importanza e oggi, dopo qualche anno – anche se la nostra casa è e resta il web – siamo sbarcati anche sul digitale terrestre, sul canale 172. C’è ancora molto da fare, ma sappiamo che la strada è quella giusta e che fino a quando saremo in grado di far convergere il lavoro sui diritti linguistici e la capacità produttiva in ambito audiovisivo potremo dare un contributo importante alla narrazione della nostra terra.

Che rapporti ha Eja Tv con il suo pubblico? Avete riscontri diretti da parte di chi vi segue? Penso per esempio ai giovani, allo spazio importante che date ai fenomeni musicali più o meno giovanili (rock e dintorni) declinati in chiave sarda (https://www.youtube.com/watch?v=Wdhd7lJStwY) (https://www.youtube.com/watch?v=jo-fPHZPXmA)

Ejatv ha incrementato il suo pubblico negli anni, convincendo le persone con la qualità delle produzioni e la forza delle idee. Ejatv è un canale che devi cercare e volere, perchè – di fatto – ha traslato dal web al digitale terrestre un imprinting che richiede da parte del pubblico una partecipazione attiva e una scelta militante. Oggi, a prescindere dai follower sui social network e dai dati d’ascolto, i sardi conoscono Ejatv. Esiste una grande aspettativa nei nostri confronti e, benchè il panorama televisivo sardo continui a essere asfittico e statico, credo che potremo avere grandi soddisfazioni dal nostro progetto.

Uno dei punti di forza di Eja Tv mi sembra l’apertura verso una dimensione internazionale

Di sicuro abbiamo rovesciato il paradigma che per anni ha accostato la nostra lingua al concetto di vecchio e sorpassato, al folk e alla cultura di serie B. In questo ci hanno aiutato artisti, musicisti, intellettuali di tutta l’isola, che ogni giorno ci danno un importante contributo. Ejatv è un canale aperto a chi vuole compiere una reale rivoluzione culturale nella nostra terra, a chi desidera “le radici e le ali”, come diceva Giovanni Lilliu, il legame forte e autentico con le radici e la voglia di volare per conoscere altri mondi, altre lingue, altre culture (sapendo da dove partiamo). Quest’anno abbiamo ricevuto l’invito da parte di Elen (European Language Equality Network) in Francia. Ci hanno chiesto di presentare il progetto ai partner Europei nell’ambito del Convegno internazionale sui diritti linguistici e l’assemblea generale della organizzazione. Per noi è un grande onore. Con il Babel Film Festival, di cui sono direttore artistico con Paolo Carboni e Antonello Zanda, abbiamo avviato il percorso di partnership internazionale già nel 2010. Oggi, con entrambi i progetti, contiamo su collaborazioni sia in Italia (in particolare in Friuli, Piemonte e Puglia) sia a livello europeo (con un debole in particolare per i baschi).

Che rapporti ha Eja Tv con le istituzioni, locali e non?

Ejatv è un brand giovane, che in questi anni ha costruito una rete in Sardegna, in particolare con Areavisuale Film di Paolo Carboni, con l’Associazione culturale Babel, con Sardegna Produzioni, con Arionline (Youtg) e Inoke di Nuoro. Da 5 anni collabora stabilmente con il Cagliari Calcio, con Sardegna Teatro e con importanti enti e aziende della Sardegna. È un brand che viene associato ai diritti linguistici e civili (abbiamo creato il primo TG migranti in Italia “NOIS”, e dal 2014 siamo la TV ufficiale del Sardegna Pride). Tuttavia le istituzioni sono fossilizzate su uno status quo che difficilmente lascia spazio all’innovazione, specialmente in ambito tecnologico. Basti pensare che alcuni anni fa una legge per l’editoria televisiva ha escluso le webtv, premiando i possessori di antenne. Per quanto la situazione stia cambiando, soprattutto grazie a funzionari regionali giovani e attenti, il percorso sembra essere ancora lungo e tortuoso. Prima delle leggi bisognerà cambiare la testa della classe dirigente, ma affinchè questo possa accadere dovremo lavorare assiduamente per informare e formare chi prenderà le redini delle attività produttive della nostra terra. Il rischio è che la si finisca come tziu Antoni dei Malavoglia, che si ostinava a ripetere: «Chi cambia la via vecchia per la nuova, peggio trova» e invece…

 

Ignazio Sanna

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