Scor-data: 11 febbraio 1963

E la campana di vetro si spezzò

di Remo Agnoletto (*)

«La cosa peggiore, la peggiore di tutte, sarebbe vivere senza scrittura» – Sylvia Plath

Sylvia Plath nasce a Boston il 27 ottobre 1932, muore suicida a Londra l’11 febbraio 1963. È seppellita nel cimitero di Heptonstall nel West Yorkshire.

Poetessa e scrittrice che oppose una posizione di duro rifiuto all’oppressione maschile, e per questo simbolo delle battaglie femministe degli anni ’60.

Autrice di vari racconti e di un unico dramma teatrale, per lunghi periodi della sua vita ha tenuto un diario, di cui sono state pubblicate le numerose parti sopravvissute. Parti del diario sono invece state distrutte dall’ex-marito, il poeta inglese Ted Hughes, da cui Sylvia ebbe due figli, Frieda Rebecca e Nicholas. Morì suicida all’età di trent’anni.

Era nata in un distretto di Boston da genitori immigrati tedeschi: la madre, Aurelia Schober, apparteneva ad una famiglia austriaca emigrata nel Massachusetts, abituata in casa a parlare solo tedesco, mentre suo padre, Otto Emil Plath, professore di college, figlio di genitori tedeschi, si trasferì in America a sedici anni per diventare in seguito uno stimato entomologo, in particolare in materia di api.

Sylvia dimostrò un talento precoce, pubblicando la sua prima poesia all’età di otto anni. Nello stesso anno, suo padre morì di embolia in seguito a un’operazione chirurgica, il 5 ottobre1940. La scrittrice continuò a cercare di pubblicare poesie e racconti su varie riviste americane, raggiungendo un successo marginale. Sylvia soffrì durante tutta la sua vita adulta per una grave forma di depressione ricorrente fra periodi di intensa vitalità. Era entrata nello Smith College con una borsa di studio nel 1950, ma nel penultimo anno fece il primo dei suoi tentativi di suicidio. In seguito descrisse la crisi che l’aveva colpita nell’estate e inverno 1953 nel suo romanzo semi autobiografico, «La campana di vetro» (The Bell Jar).

Al tentativo di suicidio seguì il ricovero in un istituto psichiatrico, il McLean Hospital. Uscita dall’ospedale si laureò, ottenendo la lode nel 1955. Sylvia ottenne una borsa di studio Fulbright per l’università di Cambridge, dove continuò a scrivere poesie.

A Cambridge conobbe il poeta ingleseTed Hughes. Si sposarono il 16 giugno1956. Plath e Hughes trascorsero il periodo dal luglio 1957 all’ottobre 1959 vivendo e lavorando negli Stati Uniti. Venuti a conoscenza del fatto che Sylvia era incinta, ritornarono in Gran Bretagna.

Sylvia e Ted vissero per un breve periodo a Londra e in seguito si stabilirono a North Tawton, piccola città commerciale nel Devon. Sylvia pubblicò la sua prima raccolta di poesie, «The Colossus», in Inghilterra, nel 1960. Nel febbraio 1961 abortì; diverse poesie fanno riferimento a questo evento. Il matrimonio si incrinò e i due si separarono poco dopo la nascita del loro secondo figlio. La loro separazione traumatica fu dovuta alla relazione che Hughes aveva iniziato con la moglie di un amico poeta.

Sylvia Plath ritornò a Londra con i figli, Frieda e Nicholas. Affittò un appartamento. L’inverno tra il 1962 e il 1963 fu molto duro. Scrisse intorno a questo periodo il romanzo «La campana di vetro», pubblicato nel 1963 con lo pseudonimo di Victoria Lucas.

Torturata dalla sua ansia di vivere e di esprimersi, che contraddiceva il ruolo “tradizionale” di moglie e madre, lacerata dal conflitto dall’essere per sé e l’essere per gli altri, Sylvia lasciò un’infinità di poesie violente e disperate e un unico elemento di disordine nella cucina del suo appartamento: il suo corpo senza vita. L’11 febbraio 1963, un mese dopo la pubblicazione del romanzo, preparò fette di pane imburrato per i figli, li mise al sicuro, sigillò porte e finestre con nastro adesivo, aprì il gas, infilò la testa nel forno e si tolse la vita. Una settimana prima aveva scritto l’ultima poesia, «Orlo».

ORLO

La donna è a perfezione.

Il suo morto

corpo ha il sorriso del compimento,

un’illusione di greca necessità

scorre lungo i drappeggi della sua toga,

i suoi nudi

piedi sembran dire:

abbiamo tanto camminato, è finita.

Si sono rannicchiati i morti infanti ciascuno

come un bianco serpente a una delle due piccole

tazze del latte, ora vuote.

Lei li ha riavvolti

dentro il suo corpo come i petali

di una rosa richiusa quando il giardino

s’intorpidisce e sanguinano odori

dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.

Niente di cui rattristarsi ha la luna

che guarda dal suo cappuccio d’osso.

A certe cose è ormai abituata.

Crepitano, si tendono le sue macchie nere.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata», di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o un evento che per qualche ragione la gente sedicente “per bene” ignora, preferisce dimenticare o rammenta “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sull’11 febbraio avevo ipotizzato: «Giornata del ricordo» (le foibe tra vere tragedie, bugie e amnesie); 1886; nasce Pia Nalli; 1898: nasce Bertolt Brecht; 1903: nasce Abel Meerepoz; 1907: Nobel a Teodoro Moneta; 1923: muore Rontgen; 1942: va in onda «Lili Marleen»; 1945: a Dachau muore Giovanni Palatucci; 1960: muore Stepinac; 1979: legge anti-donne in Pakistan; 1986: il più grande processo anti-mafia; 2011: il primo ministro indiano promuove il riso Ogm. E chissà, a cercare un poco, quante altre «scor-date» salterebbero fuori ogni giorno.

Come vedete e vedrete molte le firme e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevissimi, magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le “scor-date” o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo che sta nascendo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

Remo Agnoletto

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