Scor-data: 14 febbraio 2007

I mapuche rioccupano il terreno della provincia patagonica di Chubut espropriato loro dal gruppo Benetton

di David Lifodi (*)

È il 14 febbraio 2007 quando un gruppo di mapuche occupa il lotto agricolo di Santa Rosa (Leleque, provincia di Chubut, Patagonia argentina) in segno di solidarietà con la famiglia di Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco, denunciati dall’impresa italiana per essersi installati abusivamente, a dir loro, su un terreno di proprietà dell’azienda trevigiana.

In realtà, il conflitto tra i mapuche e Benetton va avanti almeno dal 1991, quando l’impresa italiana acquisisce la Compañia de Tierras Sur Argentino S.A., proprietaria di buona parte della Patagonia argentina. È grazie a questa mossa che Benetton si ritrova improvvisamente padrona di oltre 900mila ettari di terra in cinque province patagoniche, buona parte delle quali proprio dei mapuche, il cui nome significa “popolo della terra”: “che” corrisponde a “popolo” e “mapu” a terra. L’acquisto di Benetton avviene attraverso la holding Edizione Real Estate, permette all’impresa trevigiana di diventare la proprietaria del più grande latifondo dell’Argentina e di sviluppare una serie di attività collaterali assai redditizie, dall’allevamento del bestiame alla gestione di una stazione turistica, fino all’apertura del Museo Leleque, ufficialmente dedicato alla cultura e alle tradizioni mapuche in una tipica operazione di greenwashing: in realtà per l’edificazione del museo è stata sfrattata proprio una famiglia mapuche. In Italia il furto della terra ai danni dei mapuche viene raccontato dalla rivista Carta. I mapuche non vogliono abdicare ad un’impresa sbucata dal nulla che pretende di farla da padrona sulle loro terre, e così scelgono il 14 febbraio 2007 come la data della rioccupazione delle terre: più semplicemente, si riappropriano di un territorio su cui hanno abitato da sempre. Una delegazione mapuche, composta dalla famiglia di Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco, giunge in Italia ricevendo l’appoggio dei movimenti sociali del nostro paese e denunciando le minacce e le intimidazioni di Benetton, che nel 2002 aveva cacciato la famiglia dalla terra di sua proprietà. Interviene anche il Premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel: scrive una lettera alla famiglia Benetton sottolineando come la terra dei mapuche sia stata venduta all’impresa italiana a causa di un giudice a digiuno delle conoscenze minime del diritto. Inoltre, il Premio Nobel argentino evidenzia come la Benetton impedisca alle comunità native l’accesso all’acqua. Non è l’unica accusa: Benetton ha isolato le comunità mapuche, si è resa responsabile di episodi di discriminazione ai loro danni e li ha sradicati con la forza dai territori dove hanno sempre vissuto, mettendone a rischio la sopravvivenza basata sull’agricoltura e sull’allevamento. Luciano Benetton finge allora di redimersi per trasformarsi nell’imprenditore buono della situazione e promette la restituzione economica di tutti i danni morali e materiali derivanti dallo sgombero. I mapuche però non abboccano: esigono la restituzione del territorio ancestrale di cui sono stati privati ingiustamente e rilanciano, chiedendo che Benetton restituisca le terre della discordia allo stato argentino affinché quest’ultimo le consegni ai legittimi proprietari. I Benetton prima nicchiano, poi non rispondono: la loro strategia è quella di restare in silenzio, nella speranza che il caso si sgonfi. Del resto, l’ipocrisia di Benetton era venuta a galla quando aveva garantito ai mapuche di voler donare loro un’area di 2500 ettari sentendosi rispondere: “Benetton non ci può donare qualcosa che non gli appartiene”. Il fatto che Luciano Benetton preferisca che non rimanga niente di scritto dell’incontro tra lui e Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco, la dice lunga sulla trasparenza dell’impresa italiana. La vendita del fondo di Santa Rosa e l’acquisto della Compañia de Tierras Sur Argentino S.A. è avvenuto sotto la presidenza di Carlos Menem, colui che ha aperto le porte del neoliberismo in Argentina: Benetton, come altre imprese, ne ha approfittato subito, cominciando a recintare tutte le terre appena comprate e cacciando i mapuche. Eppure, in più circostanze i legali di Benetton hanno dichiarato  che il rapporto tra loro e i mapuche è sempre stato “eccellente”. Il gesto di solidarietà chiesto a Benetton da parte di Adolfo Perez Esquivel, cioè la restituzione della terra ai mapuche, resta lettera morta, nonostante il Premio Nobel parli di “una vergognosa truffa ai danni degli indios della Patagonia”. Nella sua missiva inviata a Benetton nel luglio 2004, Perez Esquivel scrive: “Signor Benetton, Lei ha comprato 900mila ettari di terra in Patagonia per accrescere la sua ricchezza e potere e si muove con la stessa mentalità dei conquistatori; non ha bisogno di armi per raggiungere i suoi obiettivi, ma uccide, con la stessa forma, usando il denaro. Vorrei ricordarle che non sempre ciò che è legale è giusto, e non sempre quello che è giusto è legale”. Benetton, però, continua a fare orecchi da mercante. Inoltre, i Benetton fingono di ignorare, spalleggiati in questo dalle permissive istituzioni argentine, che nel 1994 la riforma della Costituzione argentina sancisce, all’articolo 75, la “pre-esistenza etnica e culturale delle popolazioni indigene e il possesso e la proprietà delle terre tradizionalmente occupate”. Inoltre, lo stesso articolo “regola l’assegnazione di altre terre adatte e sufficienti allo sviluppo umano e decreta che nessuno di questi punti può essere alienabile o suscettibile di oneri o embarghi”. La prima occupazione di Rosa Nahuelquir e Atilio Curiñanco del fondo Santa Rosa avviene nell’agosto del 2002. Seguirà un primo sgombero nell’ottobre dello stesso anno, caldeggiato da Benetton, ad opera di agenti della polizia provinciale il cui finanziamento per l’addestramento di reparti militari specializzati nella repressione è opera proprio dell’impresa trevigiana, che solo un mese prima aveva già provveduto a denunciare la famiglia Nahuelquir- Curiñanco e altre sei famiglie mapuche per costringerle ad abbandonare le loro terre. La vicenda si protrae fino al 7 luglio 2011, tra nuovi sgomberi dei mapuche, ricorsi al tribunale e il gioco sporco del gruppo Benetton, mentre i movimenti denunciano l’azienda trevigiana, che si dipinge come paladina dei diritti e dello sviluppo sostenibile, ma in realtà è tale e quale alle altre multinazionali. Purtroppo il tribunale di Esquel ribadisce la legittimità dello sgombero ai danni dei mapuche, ma Benetton non è ancora sazia e chiede al suo avvocato di farsi portatore presso il giudice dell’istanza di sgombero tramite l’intervento della polizia provinciale di Chubut.

Benetton, united colors of desalojos.

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

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