Scor-data: 15 dicembre 1944

Nasce Chico Mendes, l’uomo della foresta

di Loretta Emiri (*)  

Non fu certamente attraverso i mezzi di comunicazione locali che seppi dell’assassinio di Chico Mendes il 22 dicembre 1988. La notizia mi giunse attraverso la rassegna stampa che settimanalmente un’organizzazione non governativa del sud del Brasile faceva pervenire ai suoi collaboratori. Feci subito un giro di telefonate per avvertire amici e conoscenti, sentendomi via via più angosciata perché alla mia si aggiungeva la tristezza degli altri. Umide di pianto o strozzate in gola, le nostre parole non verbalizzarono quanto avremmo potuto dire in memoria di Chico Mendes e cioè che era stato un solido leader rurale, intrepido fomentatore di azioni denominate empate, incorruttibile consigliere comunale, brillante sindacalista, eccezionale organizzatore del movimento popolare nell’Acre, uno dei fondatori nazionali del PT – Partido dos Trabalhadores. Era stato lui, umile lavoratore, a convincere la Banca Interamericana di Sviluppo (Bid) a sospendere i finanziamenti per il prolungamento della strada BR-364; da quel momento i progetti brasiliani sarebbero stati subordinati alla valutazione di équipe specializzate nell’analisi dell’impatto socio-ambientale di tali progetti. Chico Mendes si era guadagnato il “Prêmio Global” dell’Onu, ma anche e soprattutto la riconoscenza di seringueiros, indios e loro alleati, che in lui vedevano incarnate le proprie lotte.

Aquiri è il nome dato dagli indios al fiume che attraversa un territorio vasto quanto il Portogallo; territorio che, deformando il termine indigeno, i bianchi chiameranno Acre. Incastonato fra Bolivia, Perù e Brasile, abbondantemente cosparso di seringais e castagneti, a partire dal 1880 l’Acre comincia a essere penetrato da leve di brasiliani; si tratta soprattutto di nordestinos, cioè di individui procedenti dal Nordest che cercano di lasciarsi alle spalle le secche e la crisi economica. I brasiliani incontrano la resistenza di peruviani e boliviani. Dopo scaramucce, battaglie, rivoluzioni e alterne vicende, il 17 novembre 1903 si arriva al Trattato di Petrópolis: l’Acre comincia a far parte del Brasile, cui vengono assegnati centocinquantaduemila chilometri quadrati di territorio. Oggi il fiume Aquiri demarca la frontiera del Perù con la Bolivia; addentrandosi in territorio brasiliano, non lontano dalla frontiera boliviana, nella sponda sinistra accoglie l’affluente Xapuri che ha dato il nome alla città dove Chico Mendes è stato assassinato.

Nato il 15 dicembre del 1944 in un seringal del comune di Xapuri, dal 1962 al 1965 Chico Mendes è in contatto con l’attivista politico Euclides Fernando Távora che vive in Acre semi-clandestino e che gli fornisce gli strumenti per alfabetizzarsi; curioso e intelligente Chico apprende in fretta anche a leggere il mondo che lo circonda. Nel 1966, il governo della dittatura militare vara il progetto chiamato “Operazione Amazzonia”; sognando di trasformare rapidamente il Brasile in una grande potenza e senza preoccuparsi con le conseguenze delle loro scelte, i militari seducono grandi investitori affinché impieghino i loro capitali nella regione amazzonica. In un primo momento, per creare un mercato di terre, speculatori venuti dal sud comprano a prezzi ridicoli estesi seringais dell’Acre, o se ne impossessano esibendo documenti falsi; contemporaneamente, per “ripulire” l’area dagli abitanti, offrono indennizzi irrisori, o usano metodi violenti. A conferma del fatto che la storia non insegna ma si ripete, i seringueiros debbono lasciare la foresta e dirigersi verso le città, così come i nonni erano stati costretti ad abbandonare il Nordest quasi cent’anni prima. Di nuovo, per far posto alle bestie, gli uomini vengono scacciati dalle terre e l’habitat distrutto. Insieme alla foresta è tutta una civiltà che brucia, con valori e conoscenze accumulate; è un modo di vivere che scompare, non semplicemente un sistema economico. Questa angosciante consapevolezza contribuirà a far prendere a Chico Mendes l’unica decisione possibile per un uomo con la sua personalità e sensibilità: mettersi a capo del movimento dei lavoratori dell’Acre, lottare per garantire migliori condizioni di sussistenza alla collettività cui appartiene, rischiare la vita per difendere il proprio mondo minacciato.

Indios dell’Acre” è la definizione comunemente usata per i popoli indigeni dell’area; popoli che, in alcun modo, possono essere visti come elementi esterni alla storia e alla società regionale. Le varie fasi dell’occupazione economica gli indios dell’Acre le hanno vissute tutte sulla propria pelle e questa non è un’affermazione solo metaforica: fino a qualche anno fa, tra i più vecchi, c’erano individui che portavano marchiate nel braccio le iniziali del seringualista che li aveva sottomessi. All’avanzare degli incendi, del latifondo, dell’agricoltura intensiva, della monocultura e degli allevamenti di bestiame, fa riscontro la presa di coscienza di indios e seringueiros. Dall’unione dei loro sforzi per difendere la foresta e il proprio peculiare modo di viverci scaturisce la forma di resistenza pacifica chiamata empate: quando, cioè, si profila la minaccia dell’insediamento di una nuova fattoria, uomini, donne, vecchi e bambini si recano sul posto per impedire l’abbattimento della foresta. A livello nazionale, in questi anni sorgono i sindacati e la Contag, Confederazione dei Lavoratori in Agricoltura; la Chiesa cattolica opera evangelicamente attraverso le Ceb ovvero Comunità Ecclesiali di Base, la Cpt (Commissione Pastorale della Terra) e il Cimi cioè il Consiglio Indigenista Missionario; segmenti della società civile danno vita a gruppi di appoggio; con le loro cognizioni, gli intellettuali illuminano il percorso del movimento indigeno e popolare brasiliano; comincia ad essere strutturato il PT – Partido dos Trabalhadores. Gli indigeni dell’Acre trovano alleati coraggiosi e competenti persino nella Funai – Fondazione Nazionale dell’Indio. L’inizio della resistenza organizzata contro l’abbattimento della foresta amazzonica coincide con l’assassinio di Wilson Pinheiro, all’epoca il più importante leader sindacale dell’Acre: è il luglio 1980. Alla manifestazione organizzata subito dopo la sua morte, fra le millecinquecento persone convenute per protestare contro la violenza dei latifondisti e la connivenza della “giustizia”, c’è Luiz Inácio Lula da Silva. Nel novembre 2002 Lula verrà eletto presidente della Repubblica Federativa del Brasile e io comincerò a scrivere questo brano.

Per seringueiros e indios dello Stato di Rondônia, l’asfaltatura della strada BR-364 era stata una catastrofe. Chico Mendes sapeva molto bene che se la strada fosse stata in quel momento prolungata fino all’Acre la sua lotta era persa. Simili preoccupazioni ispirarono le sue parole durante la riunione della Banca Interamericana di Sviluppo cui partecipò a Miami nel marzo 1987. Sostenne che bisognava riconoscere e consolidare il diritto di occupazione dei territori da parte di seringueiros e indios e che loro stessi avrebbero dovuto amministrarne le risorse. Chico non difese l’inviolabilità della foresta, ma il suo sfruttamento razionale a beneficio della popolazione locale, ed è questo il principio ispiratore delle reservas extrativistas. Vado matta per il caffè: durante i diciotto anni trascorsi in Brasile, ho provato molte marche e sperimentato fantasiose miscele ma tutte mi hanno lasciato in bocca il sapore della paglia, perché il caffè buono è quello esportato; una volta mi divertii a riunire un gruppo di amici cui offrii un delizioso caffè brasiliano appena giunto dall’Italia con mia madre. In una bottiglia dalle belle forme conservo semi di cumaru, prodotto da cui si ricava un’essenza per profumi e cosmetici; lo consrervo intatto a distanza di tanti anni dal racconto, a volte ne inspiro a fondo l’odore per sentire l’Amazzonia nei polmoni. In un’altra boccetta ho óleo-de-copaíba, portentoso cicatrizzante; avendo anch’esso un odore molto evocante, lo annuso quando più profonde si fanno le ferite che la nostalgia mi provoca. Costretto a vendere l’intera produzione per comprare beni di prima necessità, non di rado il raccoglitore nemmeno fa uso di prodotti esotici e materie prime; o non ha soldi per acquistarne i derivati. I consumatori invece potere economico ne hanno sempre. Un circuito commerciale, ritenuto equo e solidale, elimina l’azione degli intermediari e immette direttamente nelle tasche dei produttori quanto pagato dai consumatori; consumatori così sensibili da essere disposti persino a pagare di più per i già cari prodotti importati, pur di tacitarsi la coscienza e sentirsi bravi e giusti. Riserve forestali per garantire materie prime, legni pregiati, stupendo artigianato, medicinali, profumi, cosmetici, frutti esotici per la vorace comunità internazionale; oppure, come Chico Mendes avrebbe voluto, sfruttamento razionale a beneficio della popolazione locale?

Ero da poco rientrata in Italia, pensando allora che fosse “definitivamente”. Venni a sapere che nella vicina Ancona sarebbe stata tenuta una conferenza su Chico Mendes. Mi organizzai per non perdermela. La conferenza era inserita nell’ambito di quelle fresche iniziative estive durante le quali, nel corso di tre o quattro giorni, i soliti tre o quattro gatti si surriscaldano il cervello pensando alle sorti del mondo; fresche iniziative pseudo-politiche, all’ombra delle quali si realizzano grandi abbuffate. Il conferenziere era uno studente universitario, al quale la lettura di tanti testi aveva conferito l’atteggiamento di chi sa di possedere la verità. Compiaciuto di se stesso e di quanto diceva, parlò a lungo; più parlava più io sbigottivo; quando ebbe vomitate tutte le sue verità, chiesi la parola per precisazioni che, secondo me, dovevano essere fatte prima di procedere al dibattito. Affermai che parlare di Chico Mendes senza dire che era stato leader rurale, consigliere comunale, sindacalista, organizzatore del movimento popolare, fondatore di partito politico, era come asportargli parti di personalità, ciò equivalendo ad ammazzarlo per la seconda volta; definire Chico Mendes un “grande ecologista”, lasciando intendere che dovesse la sua formazione al movimento ecologico internazionale, era negare che civiltà minoritarie, come a esempio quelle amazzoniche, possano generare menti brillanti; mettere a Chico Mendes una striminzita maglietta verde, con su scritte scialbe parole alla moda, per divulgare un movimento prettamente post-industriale, era un’impostura, un modo come un altro per far dimenticare che rosso era stato il sangue versato da Chico per difendere il modo di vivere suo, degli indios e dei seringueiros. Mi dicono che sono concisa e incisiva nell’esprimermi; credo ci riuscissi anche quella sera, ma non servì a niente: i tre o quattro ascoltatori della conferenza se la squagliarono immediatamente alla volta dell’area adibita a ristorante; mancando il pubblico, se la svignò pure il conferenziere, lui sospinto anche dalla convinzione morale che le mie argomentazioni non avrebbero certamente fatto vacillare le sue certezze. Conclusi il mio intervento guardando negli occhi l’unica persona rimasta ad ascoltarmi, l’amico che mi aveva gentilmente accompagnato in auto ad Ancona. Mi ci vollero svariati giorni per smaltire la mia sbornia da indignazione.

GLOSSARIO

Empate = atto o effetto dell’interrompere, sospendere, far smettere.

Nordestinos = individui procedenti dal nordest.

PT – Partido dos Trabalhadores = Partito dei Lavoratori.

Seringal (plurale seringais) = porzione di foresta ove si concentrano alberi dai quali si estrae il caucciù.

Seringalista (plurale seringalistas) = padrone di porzione di foresta e del locale dove si commercializza il caucciù e gli altri prodotti dell’extrativismo.

Seringueiro (plurale seringueiros)= raccoglitore di caucciù.

Reservas extrativistas = aree riservate all’extrativismo.

(*) Alla «scor-data» di David Lifodi aggiungo volentieri questi stralci del racconto «Kulina» che Loretta Emiri ha inserito in «Amazzone in tempo reale» (Andrea Livi editore, Fermo 2013).

Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 15 dicembre fra l’altro avevo ipotizzato: 1953: muore Scotellaro; 1961: Eichman condannato a morte; 1979: decreti anti-terrorismo di Kossiga; 1981: famoso discorso di Berlinguer; 1989: tragedie e farsa a Timisora; 2010: abrogata norma anti-gay nelle forze armate Usa. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

Redazione
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