Scor-data: 2 agosto 1876

L’omicidio di Wild Bill Hickock, giocatore e pistolero

di Luca Barbieri (*)

Hickok partì da Cheyenne diretto verso la piccola cittadina mineraria di Deadwood, sulle Black Hills, il 27 giugno 1876 insieme all’amico “Colorado” Charlie Utter e una piccola comitiva ospitata in parte all’interno di carri Connestoga in parte sopra la sella di qualche buon cavallo. Non mancavano le prostitute, che a Deadwood avevano la certezza di piazzare qualche buon colpo. Alla speranza si univa però una certa preoccupazione per la propria incolumità, visto che il Settimo di Custer era stato spazzato via pochissime settimane prima. A Fort Laramie alla carovana si aggregò Calamity Jane, la famosa eroina della Frontiera. La donna era in uno stato pietoso; incarcerata per ubriachezza portava ancora ben visibili sul volto i postumi della recente sbronza. I soldati, volendosi liberare della loro scomoda “ospite”, chiesero ad Utter di prenderla con sé e quest’ultimo non ebbe nulla da obiettare. Per Calamity, che ormai non poteva più lavorare per l’esercito, Deadwood era un posto buono come un altro, con il vantaggio di poter racimolare qualcuna di quelle pepite che si raccontava fossero numerose come le cavallette, per cui non fece alcuna storia e montò sul primo carro disponibile.

Il 12 luglio Wild Bill e i suoi amici si accamparono nei sobborghi dell’abitato di Deadwood, scegliendo un claim1 qualche miglia a Nord della città. E’ comunque abbastanza evidente che Wild Bill non puntasse proprio su pala e piccone per fare soldi sulle Black Hills, quanto piuttosto sulle carte da gioco e il tavolo da poker. Un proficuo accordo fu subito stretto con Carl Mann, proprietario del Saloon Number 10: infatti un locale nel quale il famoso Hickok si fosse recato a bere e a giocare a carte avrebbe avuto un enorme vantaggio sulla concorrenza, attirando clienti a frotte. Facendo leva sull’alone di leggenda che lo seguiva ovunque avrebbe potuto garantirsi un certo reddito senza doversi necessariamente spezzare la schiena sui campi auriferi. Ma ogni medaglia ha due facce, e, in questo caso, la sua fama di pistolero gli portò anche una certa, diffusa antipatia da parte degli abitanti di Deadwood, abituati a vivere nell’illegalità e nell’impunità. Tutta la risma di truffatori, biscazzieri e delinquenti di varia specie che bazzicavano la città, infatti, prosperavano come grasse sanguisughe sulla pelle dei minatori, e non avevano certamente voglia di farsi rovinare la festa da un pistolero con la fama di giustiziere. Hickok, in realtà, non aveva alcuna intenzione di mettersi a fare il tutore degli oppressi appuntandosi al petto la stella di Marshal; ma questo i criminali di Deadwood non potevano certo saperlo. Perciò non passò molto tempo prima che sei tipacci del Montana, tra i quali Tim Brady e John Varnes, leader dei bassifondi della cittadina, si mettessero ad organizzare il suo assassinio. Non riuscirono però a mantenere sufficiente riserbo sui loro propositi e la voce cominciò a rimbalzare fra i vicoli della città e a serpeggiare nei saloon, fino a giungere al fango dei campi minerari e quindi alle orecchie di Hickok. Wild Bill affrontò la questione a modo suo: i sei uomini che volevano fargli la pelle erano soliti incontrarsi nel Saloon Number Three, ed è proprio lì che Hickok andò a snidarli, armi in pugno. Confidava che la sua fama avrebbe intimorito i fuorilegge ben più di quanto potessero fare le sue due Colt; anche perché l’esito dello scontro, solo contro sei tiratori, era tutt’altro che scontato, complici gli occhi malandati. Hickok fu piuttosto chiaro e parlando ai sei banditi del Montana volle dare un messaggio all’intera Deadwood: se qualcuno voleva ucciderlo, benissimo, lui era lì, quindi che si facesse avanti. «Ho saputo che qualcuno vuole farmi la pelle alla prima occasione. Io non sono venuto a Deadwood per cercar rogne o per darne: quel che voglio è vivere in pace. Ma vi avverto, al primo segno sospetto ci saranno dei funerali di prima classe in città!»: così disse.

L’azzardo risultò vincente, perché nessuno mise mano alle pistole.

Nei giorni seguenti Hickok si divise fra il lavoro massacrante nel claim, che non dava ancora alcun profitto, e quello più redditizio ai tavoli da gioco del saloon di Mann. Infatti, a causa del caldo opprimente dell’estate, Wild Bill prese l’abitudine di cercare un po’ di fresco durante il pomeriggio proprio all’interno del Saloon Number Ten, dove non mancava certo la compagnia per organizzare lunghe mani di poker che duravano, a volte, fino a tarda notte.

E’ lì che lo trovò Jack McCall il 2 agosto.

Quando venne ucciso, Wild Bill aveva in mano le canoniche cinque carte da gioco necessarie per fare punteggio a poker. Su quattro non c’è alcun dubbio: si trattava degli “Aces and Eights”, e cioè doppia coppia di assi e otto, entrambi di seme nero, un punteggio che sarà talmente legato al fatto di sangue in questione da venir chiamato da quel momento in poi “la mano del morto”.

Secondo un avventore del saloon, un tale Frankie Wilstach, che assistette alla scena, le cose andarono nel seguente modo: «Jack McCall, l’assassino, entrò nel locale senza lasciare indovinare affatto i suoi propositi criminali. Raggiunto il banco del bar, fece qualche altro passo portandosi alle spalle di Wild Bill. Improvvisamente estrasse una Colt e sparò. Il proiettile trapassò la testa di Bill, andando successivamente a spezzare il braccio al capitano Massey, che stava giocando con lui2». Il «Black Hills Pioneer» del 5 agosto, che pubblicò il primo articolo sull’omicidio di Hickok, informa i lettori che McCall, prima di sparare, urlò un isterico «Damn’you, take that!» (e cioè “Prendi questo, maledetto!”); le parole esatte hanno poca importanza.

Ma perché McCall sparò a Hickok? Il movente più conosciuto è quello fornito dallo stesso McCall durante il primo processo a suo carico, svoltosi a Deadwood, e cioè che avesse agito per vendicare il fratello, ucciso da Hickok quando era Marshal ad Abilene; è anche una delle più grandi menzogne processuali della storia (e bisogna tenere conto che quello legale è un settore molto inflazionato da panzane di vario genere) dato che in seguito venne incontestabilmente accertato che McCall non aveva mai avuto un fratello. Questa versione dei fatti è, comunque, quella più diffusa nelle ricostruzioni romanzesche dell’episodio. In realtà i motivi di attrito tra i due erano stati ben più futili: una partita a poker, il giorno prima, durante la quale McCall aveva perso tutto il proprio denaro, tanto che Hickok, mosso a compassione, gli aveva lasciato qualche spicciolo per pagarsi la cena3, avvertendolo però di non azzardarsi mai più a sedersi al suo stesso tavolo. McCall, probabilmente, si sentì umiliato di fronte a tutto il saloon e dunque questo può essere un valido movente per spiegare il suo successivo scatto d’ira.

C’è però un’ipotesi più affascinante da prendere in considerazione e cioè che la rabbia di McCall sia stata in qualche modo strumentalizzata dalla cricca di delinquenti che desideravano la morte di Hickok senza avere il coraggio di agire in prima persona. Il «Black Hills Pioneer» del gennaio 1877 suggerisce che il mandante sia stato un suo vecchio nemico, John Varnes, uno dei sei uomini del Montana di cui ho parlato in precedenza, con il quale Wild Bill avrebbe avuto una violenta lite a Denver, sempre, pare, per motivi legati al gioco d’azzardo. Non ci sarebbe nulla di strano se qualcuno avesse pagato McCall per assassinare Hickok. La plausibilità di questa versione dei fatti potrebbe essere avvalorata da un episodio mai del tutto chiarito: dopo l’omicidio di Hickok, McCall venne processato da un’improvvisata giuria di minatori riunita all’interno del McDaniel’s Theater, che lo ritenne innocente e, semplicemente, lo espulse dalla comunità di Deadwood. Un verdetto che assolve chi uccide un uomo sparandogli alle spalle è paradossale, eccessivo anche per una giurisprudenza sui generis come quella del West, ed è forse spiegabile nei termini esposti in precedenza e cioè che McCall sia stato coperto da qualche personaggio influente della città, che potrebbe aver voluto evitare che l’assassino, messo con un cappio al collo, cercasse scampo facendo i nomi dei suoi mandanti. Certo è che quel processo fu davvero una farsa e infatti viene ripetuto ancora oggi, quasi tutte le domeniche dell’anno, da un gruppo di comparse che hanno reso il «Trial of Jack McCall» uno stravagante intrattenimento per turisti, o, per dirla con le loro parole, «a fun melodramma for all ages4». Uscito dalle Black Hills da uomo libero, McCall ebbe la pessima idea di visitare quasi tutti i saloon lungo la pista per Cheyenne e poi per Laramie, vantandosi di aver ammazzato il famoso Wild Bill Hickok. La clamorosa pubblicità che McCall fece del proprio gesto (insieme alla denuncia ufficiale presentata da “Colorado” Charlie Utter, che ne aveva seguito le tracce), attirò l’attenzione delle autorità del Territorio del Dakota, che spiccarono nei suoi confronti un mandato di cattura. L’uomo venne arrestato il 29 agosto a Laramie, nel Wyoming, e processato qualche mese dopo, il 6 dicembre, nonostante negli USA vigesse allora, come oggi, il divieto del doppio giudizio sulla medesima accusa5. La corte, infatti, giudicò il precedente processo nullo in quanto avvenuto su un territorio formalmente ancora appartenente ai Lakota e quindi al di fuori del territorio degli Stati Uniti: come già detto gli insediamenti sulle Black Hills erano illegali e dunque illegale era qualsiasi pronunciamento giuridico emesso in seno a quelle comunità. Il primo marzo 1877 McCall venne impiccato a Yankton, nel Dakota, e seppellito nel locale cimitero cattolico. Una curiosità: quando nel 1881 si rese necessaria esumare la salma per il trasferimento ci si accorse che l’uomo era stato seppellito con il cappio ancora annodato intorno al collo.

Chi era davvero Jack McCall? A Deadwood si faceva chiamare Bill Sutherland6, ma non è l’unico nome fasullo che utilizzò nel corso della sua breve esistenza. Già, breve, perché McCall, era nato intorno al 1851 e dunque quando sparò a Hickok aveva appena venticinque anni: un ragazzo, dunque, ben lontano dall’iconografia che lo vuole di mezza età7. Inoltre spesso ci viene presentato come molto basso, stempiato e grassoccio, con labbra grosse e uno sguardo un po’ ottuso (probabilmente è come ci si può raffigurare un tale che ti spara alle spalle); e, chissà poi per quale motivo, nelle ricostruzioni indossa sempre una palandrana sdrucita e porta la bombetta, mentre è quasi certo che quel giorno fosse vestito con una camicia blu di flanella e un grembiule marrone8. Il vero McCall non era precisamente così, anche se di lui non abbiamo fotografie ma solo un disegno stilizzato e qualche vaga descrizione. Pare che avesse capelli castani e folti, e che portasse un pizzetto per nascondere il doppio mento. Probabilmente era leggermente strabico e doveva avere un brutto profilo, visto che era da taluni soprannominato “crooked nose”, e cioè “naso curvo”. Anche sulle sue qualità morali ci sarebbe da discutere. McCall è passato alla storia come uno dei peggiori assassini della Frontiera, ed è tutto dire vista l’accozzaglia di tagliagole che la popolavano; il giornalista E. D. Cowan definisce il suo gesto come “uno degli atti più vili che si ricordino nei campi minerari”. Ma sparare alle spalle era un’abitudine tutt’altro che rara all’epoca, soprattutto se si aveva a che fare con micidiali tiratori: Jesse James e Billy The Kid, a esempio, furono entrambi ammazzati in questo modo. Non con questo che il gesto di McCall perda il proprio disvalore, ma, forse, potrebbe non essere stato quel vigliacco che tutti credono. Tanto più che le cronache ci raccontano che, prima di essere impiccato, abbia sussurrato “Stringi più forte” all’orecchio del boia che gli stava legando la corda al collo. Una macabra ironia, dettata forse dalla disperazione dell’ultimo minuto, ma che male si quaglia con la versione che lo vuole subdolo e vile.

Ancora qualche annotazione sull’accaduto, per concludere.

Hickok venne assassinato nel pomeriggio del 2 agosto, intorno alle quattro; era un mercoledì. Al tavolo con lui sedevano Carl Mann, proprietario del locale, il capitano Willie Massie, pilota di battelli a vapore del Missouri, e il pistolero Charles Rich. Quest’ultimo sedeva con le spalle al muro, posto di solito occupato da Hickok, che aveva preso questa saggia abitudine durante il proprio mandato di Marshal ad Abilene; per tali motivi Wild Bill gli chiese di poter cambiare posto, ma Rich rifiutò, mostrando anzi un certo divertito stupore per la richiesta. Pare che durante la partita Hickok abbia rinnovato la richiesta: visto che stava perdendo una forte somma di denaro, era suo diritto, secondo consuetudine, quello di cambiare sedia. Ma ancora Rich gli rifiutò il favore, prendendolo bonariamente in giro per la sua paura. Alla luce di quanto accadde poco dopo, le parole di Rich suonano come un’atroce beffa del destino; è assai probabile, infatti, che se Hickok non gli avesse dato le spalle McCall non avrebbe mai osato affrontarlo. Se si deve, invece, credere alla “teoria del complotto”, le cose potrebbero assumere una sfumatura meno casuale ma un coinvolgimento diretto di Rich non è mai stato dimostrato.

Hickok venne colpito da breve distanza alla testa, come detto; la ferita non fu certo né pulita né bella a vedersi. Il proiettile perforò il cranio alla base, vicino alla nuca, e attraversò il cervello in linea retta, quindi fuoriuscì dalla guancia destra, fracassando l’osso mascellare; sul tavolo furono rinvenuti frammenti di molari e liquido cerebrale che era colato fuori dalla ferita. Non c’era molto sangue, perché la morte di Hickok era stata istantanea e il cuore aveva cessato immediatamente di pompare. Il decesso venne constatato dal dottor Ellis Pierce, che in effetti era più che altro un barbiere, e i curiosi vennero tenuti a bada da Carl Mann, che fece avvicinare il solo Colorado Charlie, affinché si occupasse del cadavere.

Dopo lo sparo McCall tentò di fuggire balzando in groppa a un cavallo legato fuori dal saloon, ma, purtroppo per lui, le cinghie della sella erano lente e la sua fuga terminò nella polvere della strada. Rialzatosi, cercò salvezza dalla folla inferocita che voleva linciarlo asserragliandosi all’interno di una macelleria (la Shroudy’s Meat Market) dalla quale venne snidato a colpi di frusta da Calamity Jane, o almeno così si racconta.

Del processo si è detto. Resta da aggiungere che si svolse a partire dalla nove del mattino e che McCall si presentò di fronte alla giuria di minatori con aria spavalda e sicura di sé. Il verbale riporta che fece le sue dichiarazioni con la mano appesa ai bottoni della camicia, all’altezza del petto, e con un’espressione ostile sul viso, simile a quella di un bulldog; parlò con voce dura, senza mostrare alcun pentimento, e disse «Well, men, I have but few word sto say. Wild Bill killed my brother, and I killed him. Wild Bill threatened to kill me if I ever rossed his path. I’m not sorry for what I have done. I would do the same thing over again»; possiamo tradurlo più o meno nel seguente modo “Bene, allora, gente; non ho che poche parole da dirvi. Wild Bill ha ammazzato mio fratello e io ho ammazzato lui. Mi ha promesso che mi avrebbe ucciso se ci fossimo incontrati ancora. Non sono dispiaciuto per ciò che ho fatto, e lo rifarei ancora!”. Rich e Young furono i testimoni d’accusa e raccontarono com’erano andati i fatti; a difesa di McCall parlarono invece altri tre uomini: Pickens, Ford e un certo Smith, che raccontò di aver lavorato per McCall per quattro mesi. Tutti e tre testimoniarono sulla buona indole dell’accusato e sui suoi modi gentili e pacati, e spesero invece pessime parole sul conto di Wild Bill, definendolo come un assassino, incline al vizio e alla violenza, spesso ubriaco, e affermando infine che «erastato il terrore di tutti i posti che aveva visitato» . Spudorate menzogne, che mi convincono che il processo sia stato falsato da qualcuno che aveva interesse a che McCall si allontanasse da Deadwood il prima possibile. Una difesa del genere, in un normale tribunale statunitense, porterebbe l’accusato dritto al capestro (a meno che non fosse parente del presidente o un ricco e famoso giocatore di football); Mc Call ottenne invece il seguente verdetto: «»Deadwood City, August 3, 1876: We, the jurors, find the prisoner, Mr. John McCall9not guilty» . Quindi non colpevole.

(*) Per modestia, Luca Barbieri (non è mio parente) tace qui di aver scritto – per Odoya editore – una gran bella e documentata «Storia dei pistoleri» oltrechè un libro sui licantropi che ho recensito. Per trovare altri suoi testi in blog fate il solito «cerca».

Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Ogni tanto si recuperano vicende più “colorate” (come questa, tipica di un’epopea) o più leggere (che ogni tanto sorridere fa bene).

Molti dunque i temi possibili. Sulk 2 agosto avevo, fra l’altro, ipotizzato:1914: Kafka annota nel suo diario: «inizia la guerra, pomeriggio nuoto»; 1924: nasce James Baldwin; 1943: rivolta a Treblinka; 1964: lo stesso giorno legge sui diritti civili negli Usa e incidente del Tonchino; 1972: muore Paul Godman; 2011: un’infame legge allunga a 18 mesi la detenzione nei Cie senza processo.

 

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

1 Termine tecnico per definire una concessione mineraria.

2 Cfr L’epopea del west. Sceriffi e banditi, AAVV, pag. 26

3 Da indagini successive sembra che McCall, durante quella partita abbia perso 110 dollari. La posta dell’ultimo giro di carte, quello che gli svuotò definitivamente le tasche, fu di dieci dollari ma a McCall non ne restavano che sette e cinquanta, per cui Hickok gliene lasciò cinque ammonendolo che “non era quello il modo di giocare a carte”.

4 Da tradurre come “una divertente rappresentazione teatrale per tutte le età”

5 In termine giuridici il cosiddetto “double jeopardy” è un diritto costituzionalmente garantito dal Quinto Emendamento a tutti i cittadini statunitensi, al fine di limitare eventuali persecuzioni legali da parte dello Stato, e si armonizza perfettamente col concetto della res judicata, derivato dalla common law, che inibisce alle corti il potere di istruire un processo su questioni già oggetto di una precedente sentenza passata in giudicato.

6 Sulla Frontiera l’uso di pseudonimi era cosa assai comune, soprattutto per coloro il cui nome era affiancato da un avviso di taglia. C’era chi collezionava un nome fasullo per ogni posto visitato, cosa che ha generato non poca confusione nei becchini che spesso si trovavano a dover seppellire degli sconosciuti. Per questo motivo le Boot Hills dell’epoca erano zeppe di croci con su scritto “unknown”, come ci mostra Sergio Leone nella conclusione della caccia al tesoro de “Il buono, il brutto e il cattivo”. A proposito di film, un esempio di “identità nascosta” si può trovare nello splendido “Pat Garrett e Billy The Kid” di Sam Peckinpah, dove il poeta del rock Bob Dylan (autore peraltro dell’indimenticabile colonna sonora) impersona un fuorilegge che preferisce l’anonimato e si fa chiamare semplicemente “alias”; purtroppo nei titoli di coda italiani, probabilmente per pressappochismo, il nome è stato storpiato in “Elias”, perdendo del tutto il proprio suggestivo significato simbolico.

7 Così ad esempio nella per altri versi scrupolosissima graphic novel “L’onesto assassino” o nella storia “Vento d’autunno”. Più attenti i film: McCall è molto giovane (forse addirittura troppo) in “Piccolo grande uomo”, mentre appare dell’età giusta nella serie TV “Deadwood”.

8 Così è riportato nei verbali del processo, ed è pacifico che McCall non abbia certamente avuto tempo né modo di cambiarsi d’abito nelle ore precedenti.

9 E’ questo il nome che fornì al processo

Redazione
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