Scor-data: 23 agosto 1923

I fascisti uccidono don Minzoni

di Remo Agnoletto (*)

Nato a Ravenna (1º luglio 1885) e morto ad Argenta, Giovanni Minzoni è stato una figura simbolo del miglior cattolicesimo italiano e dell’antifascismo.

Nato in una famiglia medio-borghese, studiò in seminario e nel 1909 fu ordinato prete. L’anno seguente divenne cappellano ad Argenta (Ferrara), da cui partì nel 1912 per studiare alla Scuola Sociale di Bergamo, dove si diplomò. Animato da totale amore per la Chiesa e dotato di acuta sensibilità per i problemi sociali, si interessò subito alla vita politica e civile del Paese.

Nell’agosto 1916 fu chiamato alle armi per andare soldato nella 7a Compagnia Sanità e poi destinato all’Ospedale Militare di Urbino. Ma l’ambiente dell’ospedale non gli si confaceva: attratto da una vita di maggiore attività spirituale ed anche fisica, fece domanda di cappellano di reggimento. Nominato “tenente cappellano” del 255° Fanteria partì per il fronte. Nel suo diario di guerra notò e descrisse fatti e osservazioni. Da volontario prese parte a ricognizioni, si trovò in azioni e in battaglie gravissime. A monte Zebio, nel giugno 1917, ebbe – come egli si esprimeva – il suo battesimo di fuoco. Un colonnello, in data 25 settembre 1917, scrisse su di lui questo rapporto informativo: «Assai robusto, resistente alle fatiche. Ha carattere forte, franco e leale. Ha gentile l’animo e pratica razionalmente la carità cristiana. È molto coraggioso. Coadiuva efficacemente il comando di Reggimento, conservando nella truppa, sia con opportuni discorsi domenicali, sia con consigli dati amichevolmente ai gruppi di soldati che spontaneamente lo avvicinano, lo spirito di disciplina… È stimato ed amato da tutti gli ufficiali del reggimento, compresi quelli non credenti e di altra religione. Malgrado il suo spirito ardente e battagliero, nelle discussioni fra ufficiali si conserva calmo e prudente. In combattimenti e in trincea è non curante del pericolo; gira per le trincee e per i posti di medicazione a rincuorare i feriti ed i meno animati…».

Al termine del conflitto tornò ad Argenta. Aderì al Ppi (Partito popolare italiano) ma ciò non gli impedì di essere amico del sindacalista socialista Natale Gaiba, prima vittima delle camicie nere nel 1921. Questo e molti altri episodi lo convinsero a disprezzare il fascismo.

Alle numerose iniziative in campo sociale, don Minzoni aggiunse un’adesione convinta al cooperativismo, mettendosi contro il regime fascista che invece sosteneva il corporativismo. Minzoni rifiutò energicamente l’istituzione dell’Opera Nazionale Balilla ad Argenta, preferendo educare in prima persona i giovani della città: grazie all’incontro con don Emilio Faggioli, già fondatore nell’aprile del 1917 del gruppo scout «Bologna I», e poi assistente ecclesiastico regionale dell’ASci, don Minzoni si convinse della validità dello scautismo, per cui decise di fondare un gruppo scout nella propria parrocchia.

L’8 luglio 1923 don Emilio Faggioli fu invitato nel teatro parrocchiale di Argenta a tenere una conferenza sulla validità educativa dello scautismo. Affermò don Faggioli: «noi intendiamo formare degli uomini di carattere». Dalla galleria lo interruppe allora il segretario del fascio di Argenta «C’è già Mussolini…». Faggioli riprese il suo intervento spiegando all’uditorio che lo scautismo agisce sopra e al di fuori delle fazioni politiche. «Vedrete da oggi lungo le vostre strade i giovani esploratori col largo cappello e il giglio sopra il cuore. Guardate con simpatia questi ragazzi che percorreranno cantando la larga piazza d’Argenta».

«In piazza non verranno» esclamò ancora il segretario del fascio.

Gli rispose allora don Minzoni stesso: «Finché c’è don Giovanni, verranno anche in piazza».

L’applauso dei giovani troncò la discussione.

Gli oltre settanta iscritti al gruppo degli esploratori cattolici di Argenta erano una realtà, e le minacce non erano servite al loro scopo.

Il 23 agosto 1923 don Minzoni se ne tornava a casa in compagnia di un giovane, passando dal cinematografo del suo ricreatorio. Erano circa le 22,30. Nel buio della stretta via i due vennero seguiti. L’intervento e l’azione dei sicari furono fulminei e mortali. Un colpo di bastone, vibrato con terribile violenza, colpì la nuca di don Minzoni che cadde a terra. Il giovane Bondanelli, percosso a sua volta, ferito e stordito, dovette abbandonare ogni difesa, mentre gli aggressori si allontanavano velocemente. Lottando contro l’orribile dolore, don Minzoni si rialzò di nuovo, e, aiutandosi al braccio del giovane Bondanelli riuscì a trascinarsi per qualche passo verso la sua abitazione, ma cadde e le forze gli mancarono in modo definitivo. Accorsero alcuni cittadini che sollevato di peso don Minzoni lo trasportarono nella sua camera da letto. Era morente e non riuscì a parlare.

Le ricerche sui responsabili dell’omicidio vennero archiviate, nel giro di pochi mesi. L’anno successivo – sull’onda dello scandalo politico provocato dal delitto Matteotti – i quotidiani «Il Popolo» e «La Voce Repubblicana» ritornarono sull’episodio denunciando Italo Balbo quale mandante: quest’ultimo giornale in particolare pubblicò alcuni documenti riguardanti ordini da lui impartiti di bastonature di antifascisti e sue pressioni sulla magistratura. Nel 1924 Balbo, divenuto nel frattempo Console della Mvsn (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale), a seguito di tali rivelazioni fu costretto a dimettersi dalla carica, perdendo la causa per diffamazione da lui intentata al quotidiano e condannato a pagare le spese processuali. Nel 1925 fu istruito un nuovo processo, che si risolse con l’assoluzione di tutti gli imputati. Un più equo processo si ebbe solo nel 1947, a fascismo ormai sconfitto, presso la Corte d’Assise di Ferrara: esso si concluse con la condanna per omicidio preterintenzionale di due imputati senza che fosse provata la responsabilità diretta di Balbo.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 23 agosto avevo, fra l’altro, queste ipotesi:
«La giornata internazionale contro la schiavitù»; 1572: «la notte di san Bartolomeo»; 1769: nasce Cuvier; 1939: patto Hitler-Stalin; 1973: un famoso sequestro a Stoccolma con “sindrome”; 1994: muore Paolo Volponi. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)

Remo Agnoletto

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