Scor-data: 26 agosto 2004

Viene ucciso Enzo Baldoni

di d. b. (*)  

Giornalista, instancabile traduttore (di famosi fumetti per le riviste «Linus» e «Corto maltese»), insegnante, volontario della Croce rossa, militante pacifista: Enzo Baldoni venne rapito in Iraq il 21 agosto 2004 da un gruppo che si firmò Esercito islamico dell’Iraq, il quale diede un ultimatum all’Italia per il suo ritiro delle truppe entro 48 ore. Poco si sa di cosa accadde nelle ore successive: ma di certo Baldoni fu ucciso, quasi certamente il 26 agosto. Nel luglio 2005 la Croce Rossa entrò in possesso di un frammento di osso che si pensò appartenere al corpo di Baldoni; ipotesi confermata il mese successivo dalle analisi del Dna. I resti di Baldoni vennero riportati in Italia solo nell’aprile 2010 e i funerali si tennero a Preci il 27 novembre. Nel 2009 la sua storia è stata raccontata da Daniele Biacchessi in «Passione reporter».

Se mai si farà un memoriale dell’infamia giornalistica di certo vi troveranno posto gli articoli scritti dalle più famose penne della destra italiana per insultare e sbeffeggiare Baldoni dopo il rapimento.

Era invece una persona coraggiosa, oltre che un vero giornalista. Ma era anche una persona dotata di grande ironia. Perciò per ricordarlo ho scelto alcuni brani dell’irriverente “testamento” che aveva lasciato.

« […] Ordunque, trascurando il fatto che io sono certamente immortale, se per qualche errore del Creatore prima o poi dovesse succedere anche a me di morire – evento verso cui serbo la più tranquilla e sorridente delle disposizioni – ecco le mie istruzioni per l’uso. La mia bara posata a terra, in un ambiente possibilmente laico, ma va bene anche una chiesa, chi se ne frega. […] Se non sarà stato possibile recuperare il cadavere andrà bene la sedia dove lavoro col mio ritratto sopra. Verrà data comunicazione, naturalmente per posta elettronica, alla lista EnzoB e a tutte le altre mailing list che avrò all’epoca. Si farà anche un annuncio sui miei blog e su qualsiasi altra diavoleria elettronica verrà inventata nei prossimi cent’anni. Vorrei che tutti fossero vestiti con abiti allegri e colorati. Vorrei che, per non più di trenta minuti complessivi, mia moglie, i miei figli, i miei fratelli e miei amici più stretti tracciassero un breve ritratto del caro estinto, coi mezzi che credono: lettera, ricordo, audiovisivo, canzone, poesia, satira, epigramma, haiku. Ci saranno alcune parole tabù che *assolutamente* non dovranno essere pronunciate: dolore, perdita, vuoto incolmabile, padre affettuoso, sposo esemplare, valle di lacrime, non lo dimenticheremo mai, inconsolabile, il mondo è un po’ più freddo, sono sempre i migliori che se ne vanno e poi tutti gli eufemismi come si è spento, è scomparso, ci ha lasciati. Il ritratto migliore sarà quello che strapperà più risate fra il pubblico. Quindi dateci dentro e non risparmiatemi. Tanto non avrete mai veramente idea di tutto quello che ho combinato. Poi una tenda si scosterà e apparirà un buffet con vino, panini e paninetti, tartine, dolci, pasta al forno, risotti, birra, salsicce e tutto quel che volete. Vorrei l’orchestra degli Unza, gli zingari di Milano, che cominci a suonare musiche allegre, violini e sax e fisarmoniche. Non mi dispiacerebbe se la gente si mettesse a ballare. Voglio che ognuno versi una goccia di vino sulla bara, checcazzo, mica tutto a voi, in fondo sono io che pago, datene un po’ anche a me. Voglio che si rida – avete notato? ai funerali si finisce sempre per ridere: è naturale, la vita prende il sopravvento sulla morte -. E si fumi tranquillamente tutto ciò che si vuole. Non mi dispiacerebbe se nascessero nuovi amori. Una sveltina su un soppalco defilato non la considererei un’offesa alla morte, bensì un’offerta alla vita. Verso le otto o le nove, senza tante cerimonie, la mia bara venga portata via in punta di piedi e avviata al crematorio, mentre la musica e la festa continueranno fino a notte inoltrata. Le mie ceneri in mare, direi. Ma fate voi, cazzo mi frega».

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 26 agosto fra l’altro avevo ipotizzato: è la notte del «doppio 7». 1672: il più antico racconto sulla tratta; 1743: nasce Lavoisier; 1906: nasce Sabin; 1914: nasce Julio Cortazar; 1920: rivolta di Ancona; 1944: fucilato Hans Schmidt; 1968: assedio alla convenzione di Chicago; 1975: muore Hailè Selassiè; 1976: rapita Maria Claudia Irueta Goyena Gelman; 1978: muore papa Luciani; 2010: muore Panikkar (Brunetto Salvarani ne ha scritto qui in blog). E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

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