Scor-data: 26 aprile 1998

Guatemala: omicidio di monsignor Juan Gerardi

di David Lifodi (*)

È il 24 aprile 1998 quando viene presentato ufficialmente Guatemala Nunca Más, il volume che denuncia lo sterminio delle comunità indigene del Guatemala lungo gli oltre 30 anni della guerra civile: si trattava di un prezioso rapporto di controinformazione compiuto dalla Chiesa cattolica locale, e in particolare del vescovo di Città del Guatemala, monsignor Juan Gerardi.

Il religioso si era speso in prima persona per denunciare i massacri di un regime brutale e oppressivo che, soprattutto nei primi anni ’80, aveva condotto una vera e propria opera di sterminio dei maya, una pulizia etnica in quel Centroamerica che molti speravano si trasformasse in un nuovo focolaio rivoluzionario grazie al Nicaragua sandinista. Ancora oggi, invece, i massacri delle comunità indigene e contadine e le torture inflitte alla guerriglia, sono rimaste impunite: dopo una lunghissima controversia giudiziaria l’ex generale guatemalteco Ríos Montt era stato dichiarato colpevole di almeno 1771 indios maya dell’etnia Ixil, ma la sentenza è stata annullata in seguito dalla Corte Costituzionale guatemalteca. La presentazione di Guatemala Nunca Más si era svolta in un clima di grande speranza nel paese: due anni prima, nel 1996, era stata ratificata la firma degli accordi di pace tra Alvaro Arzú, il primo presidente del paese dal ritorno in democrazia, e le organizzazioni guerrigliere. Due giorni dopo che il libro era stato presentato alla stampa, il 26 aprile 1998, monsignor Gerardi veniva assassinato fuori dalla sua Chiesa: si trattava di un monito fin troppo chiaro proveniente dai paramilitari e da quel settore della società guatemalteca escludente e razzista che si era dichiarato ostile fin dall’inizio agli accordi di pace e che considerava le comunità indigene alla stregua delle bestie. Il religioso, che era coordinatore dell’Oficina de Derechos Humanos del Arzobispado de Guatemala, non fu semplicemente ucciso: il suo volto venne sfigurato e il cervello gli fu spappolato. Gli autori erano gli stessi macellai che per anni avevano agito impunemente contro le comunità maya, terrorizzandole e costringendole alle torture più atroci in un’opera di annientamento fisico e psicologico.  L’omicidio di Gerardi stava a significare che non solo la parte più retrograda dello stato guatemalteco rifiutava la riconciliazione nazionale, ma anche che si guardava bene dal riconoscere le proprie responsabilità per le atrocità commesse e tantomeno il risarcimento delle vittime per il quale il vescovo si era battuto esponendosi più volte in prima persona. Non solo: una settimana dopo la pubblicazione di Guatemala Nunca Más, le autorità guatemalteche acquistarono uno spazio a pagamento su due quotidiani nazionali per negare quanto denunciato nel volume. Sull’assassinio di monsignor Juan Gerardi, nemmeno una parola.  Nonostante tutto, la diffusione di Guatemala Nunca Más non si fermò. Il 25 febbraio 1999 il volume fu consegnato alla Commissione per il chiarimento storico istituita dall’Onu per denunciare le sistematiche violazioni dei diritti umani in Guatemala: da qui derivò il volume Memoria del silenzio, un poderoso documento di oltre quattromila pagine reso possibile grazie anche al lavoro di controinformazione condotto, finché era stato in vita, da monsignor Gerardi e dalla Chiesa cattolica. Ne emerse un quadro sconvolgente, quello di un vero e proprio piano di sterminio assai superiore, per numero di morti, a quelli imposti dalle dittature del Cono Sur negli anni’70, nel segno della Dottrina della Sicurezza Nazionale di cui erano fautori gli Stati Uniti, ossessionati da un viscerale anticomunismo. Edgardo Gutiérrez, poeta, giornalista e direttore del Proyecto Interdiocesano de Recuperación de la Memoria Histórica, ha scritto: “La tragedia guatemalteca di massacri, torture, sparizioni, rifugiati, vedove e orfani, terra bruciata, si somma all’olocausto degli ebrei, alla persecuzione stalinista, alla repressione in Indonesia, al milione di morti per mano degli Khmer rossi, alle stragi di kurdi in vari paesi e diverse epoche, alla guerra nei Balcani, ai massacri contro cinquecentomila tutsi, al milione di morti afgani e ai loro sei milioni di rifugiati, alle migliaia di giovani menomati dalle mine e ad altre centonovanta guerre avvenute nel corso di questo secolo, la maggior parte di loro dimenticate o sconosciute”. In trenta anni furono assassinate oltre duecentomila persone, scomparvero intere comunità e almeno quattrocento villaggi furono rasi al suolo: per questo Gerardi volle intitolare il rapporto della Chiesa cattolica Nunca Más, mai più, perché il paese non fosse costretto a rivivere un dramma di quelle proporzioni. Il vescovo fu tra i primi a denunciare le responsabilità di Ríos Montt e, prima di lui, quelle di Romeo Lucas García (il mandante morale dell’omicidio del leader del movimento studentesco Oliverio Castañeda), alla presidenza del paese prima di essere spodestato proprio da un colpo di stato militare dello stesso Montt. Per il generale i villaggi indigeni dovevano scomparire dalla carta geografica perché accusati di essere vicini alle formazioni guerrigliere e di dar loro ospitalità: in quel periodo, soprattutto negli altipiani, operavano l’Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca (Urng), l’Organización de Pueblo en Armas (Orpa) e l’Ejército Guerrillero de los Pobres (Egp). Gerardi disse apertamente che gli indigeni maya furono costretti al desplazamiento forzato: alcuni riuscirono a raggiungere il Messico, dove per anni rimasero in esilio, in seguito a viaggi drammatici, braccati dall’esercito guatemalteco, altri scelsero di dar vita alle comunità in resistenza. L’assassinio di monsignor Gerardi servì per far fallire il processo di pace. Oggi Juan Gerardi riposa nella cattedrale di Città del Guatemala, ma probabilmente non sarebbe affatto contento dell’attuale situazione sociale e politica del paese: la vita continua a non avere alcun valore, soprattutto se si tratta di indigeni e campesinos, e la repressione continua come e più di prima. Allora, come oggi, si vuol cacciare le comunità dalle loro terre per impadronirsi di un territorio ricchissimo di minerali. L’attuale presidente Otto Pérez “Mano Dura” Molina, ai tempi delle operazioni di limpieza social era ai vertici dell’esercito ed ha gravi responsabilità sui massacri denunciati da Gerardi, ma si è sempre guardato bene dal riconoscere le responsabilità dello stato nel genocidio maya, giocandosi la carta della guerra civile come necessaria per reprimere la guerriglia.

In Guatemala continua ”l’olocausto silenzioso” denunciato dallo scrittore e accademico guatemalteco Dante Liano nella sua nota in Guatemala-Nunca Más, in cui ricorda tutti i caduti del suo paese, religiosi, studenti, guerriglieri e leader sociali, uccisi da uno Stato che non ha mai chiesto scusa per il genocidio e ancora oggi è tra i più arretrati dell’intero continente latinoamericano.

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

 

Redazione
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  • E’ importante che tutti i genocidi vengano ricordati. Per esempio è importante il riconoscimento del genocidio del popolo armeno da parte del governo turco. A mio avviso bisognerebbe, però, evitare di essere generici. In Indonesia il genocidio ha riguardato oltre un milione di comunisti. La Kampuchea “democratica” ed il regime di Pol Pot, abbattuti dai comunisti vietrnamiti sono stati dei Khmer rouge o dei Khmer noir?

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