Scor-data: 26 novembre 2009

Simone la Penna: morire di carcere in tempi di “democrazia”

di Daniela Pia (*)

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 È il 27 gennaio 2009 quando Simone La Penna, 32 anni, viene condannato a due anni e quattro mesi per possesso di stupefacenti. Bastano 10 mesi per ucciderlo: il 26 novembre, alle 8 di mattina due infermieri del carcere di Regina Coeli tentano inutilmente di rianimarlo. Una grave forma di anoressia gli aveva fatto perdere quaranta chili, 40 non 4: ne pesava appena 49 e le cause del decesso raccontano di un arresto cardiaco provocato da uno squilibrio elettrolitico. Ancora oggi risulta incomprensibile come sia stato possibile che il centro clinico di riferimento presente in carcere non abbia potuto formulare una diagnosi di anoressia nervosa. Nemmeno dopo la consulenza dei sanitari dell’ospedale Pertini, il suo stato di salute venne percepito come incompatibile con il carcere. Nessuno si assunse la responsabilità di certificare che simili condizioni di salute rappresentassero un terribile segnale d’allarme. Per far luce sulla vicenda sono dovuti trascorrere cinque anni dalla morte e solo lo scorso ottobre la Procura di Roma ha indagato, per omicidio colposo, sette persone, tra medici e infermieri del carcere di Regina Coeli. Secondo gli inquirenti, alcuni di loro avrebbero scritto relazioni per il Tribunale di Sorveglianza in cui si attestava che il giovane era compatibile con il regime carcerario. Cinque anni per stabilire di chi sia la responsabilità della morte di una persona che, privata della libertà, era stata affidata allo Stato, massimo garante e responsabile dell’incolumità fisica e psichica di un cittadino, per il suo recupero. Eppure anche in questo caso, come avvenne per Stefano Cucchi, lo Stato non risulta capace di tutelare la salute e la vita di un giovane detenuto: l’ennesimo caso di una “inspiegabile” morte in carcere. Di questi detenuti che muoiono in silenzio, poco si sa: figli di un dio minore debbono essere motivo di grande preoccupazione, segnale di una diversa considerazione della vita. Persone che spesso vengono considerate alla stregua di cose. Lo sottolineava già Cesare Beccaria quando avvertiva che «Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che, in alcuni eventi, l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa». Ed è in questa mancanza di libertà che si consumano certe vite più fragili di altre.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (
db)

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

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