Scor-data: 30 giugno 1934

La notte dei lunghi coltelli

di d. b. (*)  

La parola d’ordine è convenuta da tempo: «kolibrì». Dopo lunghe esitazioni, il 29 giugno del 1934, Adolf Hitler la pronuncia e la notte successiva si scatena la caccia.

«Kolibrì» vuol dire che il già potente Hermann Goring (ministro della Propaganda del regime nazista) e Heinrich Himmler, alla testa delle Ss, hanno poteri assoluti per gestire quella che poi passerà alla storia come «Nacht der Langen Messer» ovvero «La notte dei lunghi coltelli». Infatti nelle 24 ore successive inizia la resa dei conti fra il regime nazista e le Sa, le «squadre d’assalto», cioè quelle «camice brune» che pure avevano sostenuto l’ascesa al potere di Hitler.

Non ha torto Sergio De Santis a chiedersi perché tanto disinteresse storico per una pagina storica così importante: ma il suo «La notte dei lunghi coltelli» (Avverbi 2008: 208 pagine per 14 euri) reca come sotto-titolo «la vera storia delle Sa» come a suggerire subito che il problema è lì.

Il conteggio dei morti della «Nacht der Langen Messer» è incerto; i 200 ammessi dai nazisti, i 400 dichiarati dagli oppositori oppure i 1076 citati (con un conteggio frettoloso, secondo De Santis) alla fine della guerra durante il processo di Norimberga? Un numero spaventoso specie se si aggiungono «almeno altre duemila persone» che il 30 giugno del 1940 o nei giorni successivi finirono «nei campi di concentramento, soprattutto a Dachau». Eppure questo crimine dei nazisti oggi non desta orrore, forse perché appare quasi un’inezia rispetto ai massacri successivi o  perché lo scontro definitivo fra le Sa e il partito di Hitler ai nostri occhi sembra una faida, uno scontro interno fra gangster nel quale diventa difficile provare simpatia per le vittime.

Il libro di De Santis ci invita a guardare quella pagina della storia con occhi più attenti. Sì, fu «un regolamento di conti all’interno del regime hitleriano» ma alcune domande possono inquietarci e meritano una ricerca ulteriore: perché gli storici anti-nazisti si accodano subito alle versioni del regime sulla «purga»? Com’è possibile che non esistano indagini accurate sulle Sa – «un movimento arrivato a inquadrare parecchi milioni di tedeschi» – e sul suo capo (pur «ripugnante», come lo definisce de Santis) cioè Ernst Rohm? Era possibile un esito diverso dello scontro fra due anime – le Sa e le Ss appunto – del nazionalsocialismo? E cosa sarebbe cambiato? Così l’autore ci invita ad «abbandonare il rassicurante terreno delle definizioni nette e delle etichette in bianco a nero» per addentrarci in una zona più crepuscolare, «con fenomeni contraddittori e verità imbarazzanti».

Nel prologo De Santis ripercorre i primi passi del movimento nazista dal 1918, cioè in un Paese che «al momento della resa ha perso quasi 7 milioni di uomini fra caduti, feriti, dispersi e prigionieri» e che viene condannato a pagare pesantissimi «danni di guerra». In questa fase Hitler muove i primi passi sempre in compagnia di Rohm abilissimo nell’arruolare «malavita, sottoproletariato, lavoratori disoccupati e giovani borghesi declassati».

Poi, fra il 1924 e il ’32, si consuma l’«atto primo» della tragedia ovvero «la resistibile ascesa» al potere. Sono le Sa a «condurre nelle strade e nelle piazze quella permanente campagna di pressione, intimidazione, aggressione che Hitler ha loro affidato; e nel corso degli scontri con i “rossi” hanno pagato un non indifferente tributo di sangue». Esistono nel movimento nazional-socialista diverse anime che non è semplice etichettare con il metro attuale. Hitler sembra prevalere, soprattutto come capo assoluto, mistico e non certo in quanto stratega visto che la sua «linea politica» muterà più volte. In questa fase Rohm sparisce, addirittura nel 1926 lascia la Germania e accetta di riorganizzare l’esercito boliviano. Non è certo il solo leader dei nazisti a pensare, all’inizio degli anni ’30, che «la rivoluzione nazional-socialista» sia incompiuta e che Hitler sbagli ad allearsi con i grandi industriali e il vecchio ceto militare prussiano. Mentre il dissenso interno ai nazisti cresce, con una mossa a sorpresa Hither richiamerà Rohm che «ai primi di gennaio del 1931 può reinsediarsi nel suo vecchio posto di comando».

In questo quadro, parte quello che De Santis definisce «l’atto secondo» ovvero il primo gabinetto di Hitler dove però il peso dei nazisti è ancora debole. Tre date importanti. iìIl 30 gennaio ‘33 Hitler è nominato cancelliere del Reich. Neanche un mese dopo (il 27 febbraio) c’è l’incendio – mai chiarito, quasi certamente una provocazione nazista – del Reichstag, cioè il Parlamento, un ottimo pretesto (non passano neppure 24 ore) per sospendere le libertà costituzionali. Il 24 marzo Hitler assume pieni poteri. Il nazismo ha vinto. Ma nel 1934, un anno dopo dunque, il pericolo viene dagli oppositori interni, soprattutto dalle Sa dove circola lo slogan «fare la seconda rivoluzione», quella sociale. La risposta di Hitler è stringere un patto di ferro con i capi delle Forze armate in aprile. Rohm insiste sulla necessità di uno «sbocco rivoluzionario». L’atto terzo è appunto il 1934, «Verso il massacro», mentre l’atto quarto racconta la notte dei lunghi coltelli e l’atto quinto «quel che accadde dopo».

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 30 giugno fra l’altro avevo ipotizzato:1822: nasce Harriet Tubman; 1849: muore a Roma Andrea Aguyar; 1905: «energia uguale massa per velocità al quadrato»; 1932: nasce Mongo Beti; 1960: Genova si rivolta; 1988: preoccupante dichiarazione dei climatologi a Toronto. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

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