Scor-data: 30 settembre 1977

A Roma i neofascisti uccidono Walter Rossi

di David Lifodi (*)

“Fratelli di Giorgiana Masi, Fabrizio Ceruso, Walter Rossi, figli della stessa madre, figli della stessa rabbia…”: comincia così una delle più celebri canzoni di lotta della band militante Banda Bassotti, “All are equals for the law”, e in effetti la rabbia per l’omicidio di Walter Rossi, avvenuto il 30 settembre 1977 a Roma ad opera dei neofascisti del quartiere della Balduina, resta tanta a distanza di 37 anni.

Nei giorni precedenti al 30 settembre, i missini della Balduina, quartiere romano notoriamente destrorso, avevano cercato di attaccare militarmente i militanti della sinistra antagonista. Il 29 settembre la diciannovenne Elena Pacinelli fu ferita da alcuni colpi di pistola mentre si trovava nei pressi di una casa occupata nel quartiere Trionfale: fu proprio per questo che il giorno successivo, Walter Rossi e i suoi compagni, organizzarono un volantinaggio di protesta proprio nel quartiere della Balduina. Quel 30 settembre 1977, così come era già accaduto in numerose altri occasioni, negli anni ’70, ma anche ai nostri giorni, l’ultradestra poté contare sul supporto della polizia. I fascisti che uscirono dalla sede del Movimento Sociale Italiano di viale delle Medaglie d’Oro, approfittarono di un blindato della polizia che gli fece da scudo, avanzarono verso i militanti di sinistra impegnati a volantinare e spararono alcuni colpi di pistola: Walter Rossi, appartenente a Lotta Continua, fu colpito alla nuca e morì prima di arrivare in ospedale. L’omicidio del giovane, poco più che ventenne, rappresentò uno dei tanti tentativi di mettere a tacere la sinistra rivoluzionaria, ma non è stato mai messo troppo l’accento sulla presenza, tra i neofascisti armati che uscirono dalla sede dell’Msi, di personaggi quali Flavia Perina, giornalista di primo piano del Secolo d’Italia e già deputata di Alleanza Nazionale, e Andrea Insabato, bollato ipocritamente da tutta l’estrema destra come una scheggia impazzita a tutti sconosciuta quando nel 2000 progettò e portò a termine un attentato dinamitardo contro la sede del quotidiano il manifesto che avrebbe potuto avere conseguenza ben più serie. Walter Rossi fu ucciso per il suo impegno di antifascismo militante e la rabbia cantata dalla Banda Bassotti cresce se pensiamo agli esiti giudiziari derivanti dalla spedizione missina. Per tutti i 17 indagati pian piano cadranno le accuse di omicidio, porto abusivo di armi da guerra (la pistola che ha ucciso Rossi non sarà mai trovata) e addirittura quella di ricostituzione del Partito Nazionale Fascista. A questo proposito, vale ricordare che tra gli esponenti della sezione missina della Balduina figuravano personaggi come Pino Rauti e Giulio Maceratini, invitati dal regime dei colonnelli greci a partecipare ad un campo di addestramento militare: difficile non pensare che stessero mirando alla ricostruzione del Pnf. Non si tratta, però, dell’unico fatto di gravità inaudita legato all’omicidio di Walter Rossi. I neofascisti della Balduina erano da tempo conosciuti per e loro operazioni di pulizia sociale nei confronti dei giovani della sinistra extraparlamentare. Non solo: nei confronti di Walter Rossi e dei suoi compagni i neofascisti si dirigono armati di sassi e bottiglie. La polizia si guarda bene dal disarmarli, anzi, di fatto li scorta fino a raggiungere i giovani di sinistra, che saranno addirittura caricati mentre cercano di soccorrere Walter Rossi. Nel 1981 emersero i nomi di Alessandro Alibrandi e dei fratelli Cristiano e Valerio Fioravanti (quest’ultimo condannato per la strage di Bologna), indicati come gli assassini di Rossi. Cristiano Fioravanti, a cui lo stato ha concesso senza alcuna vergogna lo status di “collaboratore di giustizia”, ha sempre addossato la responsabilità della sparatoria ad Alibrandi. L’esponente dei Nar, a suo dire, avrebbe fatto parte del gruppo uscito dalla sezione Msi della Balduina, ma ha sempre sostenuto che la sua arma si inceppò e che i colpi mortali per Walter Rossi furono sparati dalla pistola di Alibrandi, anch’esso informatore della polizia, che decise di metterlo al sicuro chiudendo un occhio sul suo espatrio all’estero (prima a Londra e poi in Libano, nei campi militari dei falangisti cristiano-maroniti), avvenuto proprio grazie ad un regolare passaporto rilasciato dalla polizia. Quando Alibrandi morì, nel 1981, a seguito di uno scontro a fuoco con la polizia, anche lo stato italiano tirò un sospiro di sollievo poiché era stato messo a tacere uno dei principali esponenti e conoscitori della strategia della tensione. Da tempo i compagni e le compagne di Walter Rossi chiedono di riaprire le indagini affinché i colpevoli vengano assicurati alla giustizia, ma purtroppo, anche tra gli alti vertici della polizia che coprirono la scorta del blindato dei militari ai missini, nessuno ha mai pagato: l’omicidio del 30 settembre 1977 è rimasto tuttora impunito. Eppure, anche allora, le testimonianze sulla connivenza tra polizia e neofascisti non erano mancate: i partecipanti ad una festa su una terrazza poco sopra il luogo dell’omicidio videro lo svolgersi dei fatti, ma non riuscirono a riconoscere gli squadristi fermati e molti degli aggressori se la cavarono con la sola accusa di rissa aggravata. Nel 2001, tre compagni di Walter Rossi sono stati indagati per falsa testimonianza, mentre Cristiano Fioravanti se la cavò con il non luogo a procedere “per non aver commesso il fatto”. L’assassinio di Walter Rossi portò ad una serie di imponenti manifestazione dell’antifascismo militante in tutta Italia: diverse sedi dell’Msi furono assaltate e date alle fiamme, anche in quartieri storicamente neri della capitale come la zona di piazza Bologna.

I funerali di Walter Rossi si svolsero il 3 ottobre 1977 sulle note dell’Internazionale, ma ciò che ancora oggi i suoi compagni di allora e tutti gli antifascisti chiedono è verità e giustizia: purtroppo, finora, hanno prevalso impunità e silenzi da parte dello stato e delle istituzioni.

*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili, molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su 
http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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