Scor-data: 31 marzo 1596

Nasce Cartesio (Renè Descartes) filosofo poco dualista

di Fabrizio Melodia (*)  

«Non c’è niente che la mia stessa natura m’insegni più espressamente del fatto che io ho un corpo che ha un qualche male quando sento dolore, che manca di cibo e bevanda quando ho fame o sete, e cosi via […] La natura mi insegna anche, tramite queste sensazioni di dolore, fame, sete eccetera che io non sono semplicemente ‘presente nel mio corpo come un marinaio è presente nella nave, ma che io sono strettissimamente congiunto e quasi fuso con esso, tanto che io ed esso formiamo un’unità»: lo spiegava con grande pazienza Renè Descartes, italianizzato in Cartesio, alla regina Cristina di Svezia, in una delle lezioni mattutine che le impartiva come precettore personale di filosofia.

Cristina ammirava moltissimo quest’uomo, cosi fiero e fiducioso nella ragione, ottimo insegnante di matematica, algebra e geometria; adorava il suo sistema di assi che permettevano di tradurre le equazioni algebriche in prospetti geometrici. Lo amava moltissimo, per questo volle incontrare quel francese, nato a La Haye il 31 marzo 1596: aveva letto moltissimo di lui, era rimasta affascinata dai suoi discorsi sul metodo e sul problema della conoscenza.

Cartesio (o Cartesius come allora si latinizzava) non si poneva tanto il problema di come fosse fatto il mondo o di come funzionasse, non gli interessava il potere che deriva dalla conoscenza. Si poneva il problema di cosa possiamo davvero conoscere. Se la conoscenza è davvero possibile e certa.

La regina Cristina aveva dubbi solidi riguardo a certi pensieri filosofici un poco astrusi che ogni tanto il suo precettore proponeva. Non capiva a esempio il problema della divisione fra res cogitans (pensiero) e res extensa (corpo fisico), non capiva come una realtà immateriale potesse coesistere su due piani diversi e interagire con quella materiale, e non la soddisfaceva del tutto la spiegazione di comodo del maestro, cioè d’identificare l’aggancio delle tue realtà nella ghiandola pineale, l’ipofisi. Se le due realtà sono ben distinte su due piani diversi, allora non possono assolutamente interagire, punto e basta. Cartesio le diede la spiegazione di cui sopra, un serio passo avanti rispetto al dualismo di cui la sua filosofia andava pienamente fiera nel suo rigoroso procedere.

Cristina di Svezia era un’ottima allieva, vispa e intelligente, un po’ troppo viziata: faceva però tante domande e spesso Cartesio si trovava in difficoltà a risponderle, ma non si sottraeva mai. «Dubium sapientiae initium», il dubbio è l’inizio della sapienza , scriveva Cartesio nel suo «Meditationes de prima philosophia», una lezione che Cristina aveva imparato bene. La regina cercava spiegazioni chiare e distinte, le stesse che il suo maestro tentava da anni di mettere in luce, con il suo modo rigoroso di procedere. «Volendo seriamente ricercare la verità delle cose, non si deve scegliere una scienza particolare, infatti esse sono tutte connesse tra loro e dipendenti l’una dall’altra. Si deve piuttosto pensare soltanto ad aumentare il lume naturale della ragione, non per risolvere questa o quella difficoltà di scuola, ma perché in ogni circostanza della vita l’intelletto indichi alla volontà ciò che si debba scegliere; e ben presto ci si meraviglierà di aver fatto progressi di gran lunga maggiori di coloro che si interessano alle cose particolari e di aver ottenuto non soltanto le stesse cose da altri desiderate, ma anche più profonde di quanto essi stessi possano attendersi» scriveva Descartes nel «Discorso sul metodo», mettendo in luce come la filosofia non fosse una dottrina ma una attività pratica che dovesse portare alla luce la naturale capacità di sapienza della Ragione.

Tale naturale capacità doveva essere supportata da un metodo che permettesse di raggiungere risultati certi e attendibili, senza imposizioni dogmatiche. L’esempio del «Cogito» è alquanto calzante. Cartesio ritiene che criterio basilare della verità sia l’evidenza, ciò che appare semplicemente e indiscutibilmente certo, mediante l’intuito. Il problema nasce nell’individuazione dell’evidenza, che si traduce nella ricerca di ciò che non può essere soggetto al dubbio. Pertanto, dacché la realtà tangibile può essere ingannevole in quanto soggetta alla percezione sensibile (dubbio metodico) e al contempo anche la matematica e la geometria (discipline che esulano dal mondo sensibile) si rivelano fasulle nel momento in cui si ammette la possibilità che un’entità superiore (colui che Cartesio soprannomina genio maligno) faccia apparire come reale ciò che non lo è (dubbio iperbolico), l’unica certezza che resta all’uomo è che. per lo meno, dubitando, l’uomo è sicuro di esistere. L’uomo riscopre la sua esistenza nell’esercizio del dubbio. «Cogito ergo sum»: dal momento che è propria dell’uomo la facoltà di dubitare, l’uomo esiste.

Cristina fece notare al suo maestro come questo avrebbe potuto essere inteso come un circolo vizioso, atto a dimostrare le proprie idee di partenze, non una reale conoscenza. Un pensiero che avrebbe tenuto sveglio Cartesio di notte, poiché questo poteva davvero esserci, il dubbio era ragionevole. Non fece in tempo a mettere mano di nuovo alla sua riflessione: purtroppo il clima impietoso della Svezia e le alzatacce mattutine gli provocarono una brutta polmonite che lo portarono alla morte, l’11 febbraio 1650.

Si giunge così alla filosofia moderna in senso stretto, che inizia con Cartesius. Qui possiamo dire d’essere a casa e, come il marinaio dopo un lungo errare, possiamo infine gridare «Terra!». Cartesio segna un nuovo inizio in tutti i campi. Il pensare, il filosofare, il pensiero e la cultura moderna della ragione cominciano con lui: così scrisse Georg Wilhelm Friedrich Hegel in «Lezioni sulla storia della filosofia» (Laterza, Roma-Bari 2009, p. 468.).

Baruch Spinoza avrebbe risolto il problema del dualismo cartesiano, con il suo «Deus, sive Substantia, sive Natura», mentre il filosofo olandese Arnold Geulincx avrebbe fatto propri i dubbi di Cristina di Svezia, proponendo una soluzione ardita al dualismo cartesiano, estremizzandolo: pensiero e corpo sono davvero come il marinaio su una nave, uniti ma separati, essi semplicemente agiscono in totale sincronicità, ovvero si pensa di muovere un dito e il dito si muove, ma sono eventi assolutamente separati e sincronizzati, tanto da dare l’illusione del genio maligno che vi sia una connessione causale.

Dal canto mio, penso alla bellissima e odierna interpretazione del pensiero cartesiano nella serie televisiva di animazione «Ergo proxy» (2006), che riprende il filosofo francese non solo nel titolo, ma anche nella divisione degli episodi, non per nulla definiti «Meditationes», mescolando animazione tradizionale e computer grafica, con elementi cyberpunk e steampunk, senza dimenticare mai il buon Philip Dick. In questo futuro post apocalittico, gli esseri umani, alla ricerca di nuove fonti di energia, hanno distrutto lo strato di metano dell’atmosfera, rendendo la Terra una landa sterile e diffondendo nell’aria un’infezione letale, costringendo i superstiti a rifugiarsi nelle città cupola. Per controllare le nascite e impedire l’estinzione della razza umana, vengono creati androidi chiamati Autoreiv (da «auto-slavery», Auto-schiavitù ) cui relegare i lavori pesanti. In una società in cui dominano il distacco emozionale e il consumismo sfrenato, un virus informatico chiamato «Cogito» si propaga a macchia d’olio, facendo prendere coscienza agli Autoreiv della loro condizione di schiavitù, con una vera e propria rivoluzione alla porte. Come a dire, il pensiero è sempre rivoluzionario.

«Suppongo che il corpo non sia altro che una statua o macchina di terra che Dio forma espressamente per renderla il più possibile simile a noi: per modo che non solo dia a essa all’esterno il colore e la figura di tutte le nostre membra, ma vi metta anche all’interno tutti i pezzi che si richiedono per fare sì che cammini, mangi, respiri e imiti infine tutte quelle nostre funzioni che si può immaginare procedano dalla materia e non dipendano che dalla disposizione degli organi»: così Renè Descartes (in «Opere scientifiche: l’uomo»).

Che cosa meglio del dualismo hardware/software, di cui noi tutti facciamo esperienza ogni giorno, per spiegare tale falso problema?

Infine vorrei ricordare il bellissimo film per la televisione «Cartesius», girato nel 1973 dal grande Roberto Rossellini, che già l’anno precedente aveva realizzato il film tv «Socrate».

I miei auguri di buon compleanno al maestro del dubbio.

Bibliografia minima

John Cottingham, «Cartesio», Bologna, Il Mulino, 1996.

Giovanni Crapulli, «Introduzione a Descartes», Bari, Laterza, 1995.

Stefano Di Bella, «Le Meditazioni metafisiche di Cartesio: introduzione alla lettura», Firenze, La Nuova Italia, 1997.

Reinhard Lauth, «Descartes: la concezione del sistema della filosofia», Milano, Guerini e Associati, 2000.

Jean-Luc Marion, «Il prisma metafisico di Descartes: costituzione e limiti dell’onto-teo-logia nel pensiero cartesiano», Milano, Guerini e Associati, 1998.

Emanuela Scribano, «Guida alla lettura delle Meditazioni metafisiche di Descartes», Bari, Laterza, 1997.

William R. Shea, «La magia dei numeri e del moto. René Descartes e la scienza del Seicento», Torino, Bollati Boringhieri, 1994.

Maurizio Valsania, «Lettura delle Meditazioni metafisiche di Descartes», Torino, UTET, 1998.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 31 marzo avevo, fra l’altro, ipotizzato: 1767: gesuiti espulsi dall’America latina; 1797: muore Equiano (di lui si è parlato in blog pochi giorni fa); 1889: Torre Eiffel; 1872: nasce Alessandra Kollontaj; 1927: nasce Cesar Chavez; 1930: «codice Hays»; 1953: Hammarskjold segretario Onu; 1964: golpe in Brasile; 1984: uccisa Renata Fonte [era la scordata di un anno fa]; 2005: muore Terri Schiavo; 2007: muore Paul Watzalawick; 2013: in Italia non dovevano chiudere gli Opg? (e invece)… e chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info .

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

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