Scor-data: 5 dicembre 1839

Custer e la tromba dell’Apocalypse

di Antonio Fantozzi (*)

 

Nel Locale Manicomio Cittadino di Altrovetusaidove, il famoso regista Alessandro Jodorowsky parla al Nulla.
Prima di tutto, il colonnello George Fortebraccio Custer venne al mondo nell’Anno del Signore 1839, il 5 di dicembre, oggi. E ricordate, voglio che sia un film realisticamente simbolico e simbolicamente realistico. Chissà dove comincia questa storia. Nel futuro o nel passato, da qualche parte di sicuro. Una sera di novembre del 1959, il 17 per l’esattezza, al Five Spot, un jazz club nel Greenwich Village di New York, si presenta per la prima volta un quartetto: tale Charlie Haden, bianco, che suona il contrabbasso, e tre “negri”. Tale Billy Higgins, che suona la batteria, e poi gli altri due, che sagome! Tale Donald Eugene – detto Don – Cherry, come dire Mastro Ciliegia (ma sì, Geppetto, il padre di Pinocchio) dall’Oklahoma. E tale Ornette Coleman – pensa un po’ che nome, da ragazza, come Juliette, Cosette, Georgette – dal Texas. Ah, se Don era strano, questo lo era di più. Una volta fu licenziato dal suo caporchestra, e allora vagolò come un cane bastonato, o un beggar se no, fino a quando non riuscì a guadagnarsi i soldi per comprarsi il biglietto e tornarsene finalmente a casa. Un’altra volta, un altro caporchestra arrivò persino a pagarlo purché non suonasse. Così quella sera al Five Spot presentarono la loro musica, che chiamarono New Thing, la Cosa Nuova, e per essere sicuri che il loro suono fosse inconfondibile, uno – Ornette – suonava un sax contralto di plastica bianca (l’avrà trovato in un banco di pegni o da un rigattiere se no) e l’altro, Don, una tromba minuscola e tutta ammaccata, una pocket trumpet, da tasca… della Guerra Civile americana. Questa qui fra le mie mani, proprio così. Vi ho stupiti, eh?! Maleolente schiuma dei sette mari. Proprio come loro stupirono il pubblico, quella sera, inventando il Free Jazz.

Dizzy Gillespie, parandosi davanti, esclamò: «Ma state facendo sul serio?». Allora noi gireremo un film sulla storia avventurosa di questa tromba. Qualcuno ha detto che fosse una trombetta pachistana e qualcun altro che fosse una Besson francese. Ma io lo so che era una pocket trumpet della Guerra Civile che George Fortebraccio Custer aveva portato al 7° Cavalleria, e che da quel 25 giugno 1876 sulle rive del Little Big Horn… Ma andiamo con ordine, perché tutta la storia fu raccontata da un cavallo parlante a un monello negro fuggito da una piantagione nella Louisiana e… E ancora una volta passato e presente si confondono. Allora, la parte del monello negro la fa Pinocchio. Dov’è Pinocchio? Qualcuno l’ha visto? Come dite? Che Pinocchio è bianco? Ma va’ là, Geppetto l’ha intagliato nel legno d’ebano, perciò è nero come la notte.

Veniamo a noi. Durante la fuga il nostro monello incontra un cavallo parlante, un cavallo pieno di macchie bianche su un mantello bruno, un cavallo Palouse, che veniva dalla regione Palouse, un Appaloosa infine, all’americana. Allevato dagli indiani Nasi Forati che i francesi, per primi in quelle terre, chiamavano Nez Perces. Un cavallo splendido, forte, adatto al lavoro. E i due si fanno un bel pezzo di strada insieme, così il cavallo gli racconta una storia.
«Dì un po’, hai mai sentito parlare della battaglia del Little Big Horn? Senti qua. Devi sapere che Toro Seduto era molto provato. Durante il Rito del Sole si era tagliato via pezzi di carne dalle braccia, donandoli ai guerrieri perché se ne nutrissero. Questa è una grande magia indiana. Toro Seduto aveva avuto una visione. Un giovane e coraggioso guerriero con indosso solo il perizoma e i mocassini e con il corpo e la faccia tinti di bianco e macchiati di nero, Cavallo Pazzo, avrebbe vendicato il Sand Creek e ucciso il colonnello Capelli Gialli Custer. Io ero il cavallo di Cavallo Pazzo, perdona il gioco di parole, un Appaloosa. C’erano tanti formicai attorno al Little Big Horn nell’Anno del Signore 1876. E tutti quei formicai formavano colonie, o clan se vuoi. Allora c’erano formiche Oglala e Dakota e Lakota e Hunkpapa e Minneconju e Cheyenne e Arapaho e… Formiche nere, e rosse, e rosse e nere, e formiche cane e formiche bisonte. Formiche guerriere. Devi sapere che il colonnello Capelli Gialli Custer era un fanatico del surf. Un soldato gli aveva detto che il Little Big Horn era il posto perfetto, con onde mai viste (“Ah, è una fantastica barra. Quasi due metri, sì. E’ davvero stupendo. Un muro d’acqua che ricade a destra e a sinistra, e proprio in mezzo una parte concava. E’ il paradiso del surf” dice un soldato. “Perché non me ne hai parlato prima? Una buona barra. Non ce ne sono mica tante in questo Paese del cazzo. Solo risacca in questa merda di posto” dice il colonnello Robert Duvall. “E’ un posto cazzuto. E’ lì che abbiamo perduto McDonald. Ci hanno tartassato malamente. E’ un covo di Charlie” dice il soldato. “Charlie non fa il surf!” dice il colonnello Robert Duvall) … e da quel giorno lui s’era incaponito che là voleva andare, formiche o non formiche.
Mi piace l’odore del napalm di mattina, disse montando a cavallo. Odora… di vittoria. Noi siamo il 7° Cavalleria dell’Aria! E venne il giorno. Cavallo Pazzo uscì dal tepee, tinto di bianco e macchiato di nero, con indosso solo i mocassini e il perizoma. Io guardai in quei suoi occhi spiritati e sprofondai nelle acque dell’oceano. Vidi tutti i luoghi della terra, tutti i suoi possibili paesaggi e tutte le sue creature in una splendida e portentosa armonia. Era bellezza quella che vedevo, e la bellezza è la cosa più semplice del mondo, perché è il mondo stesso, ragazzo mio. Allora mi saltò in groppa, leggero. Con l’arco e le frecce e un coltello infilato nel perizoma. Cavallo Pazzo, la formica nera degli Oglala, mi fece impennare sulle zampe posteriori e mi tenne così, con leggerezza, per un lungo momento. E’ così che salutò la moglie, a testa alta. Poi galoppò via, io galoppai via. Andò dai suoi guerrieri e parlò senza mentire.

Oggi è un buon giorno per morire, hoka hey! Toro Seduto ha avuto una visione e ci ha dato la sua stessa carne perché fosse l’unico cibo in tre giorni di sudore e digiuno. Ed è in noi adesso e ci dà forza. Cosa può dare di più una formica a una formica? Noi siamo figli della Terra, nostra Madre, e oggi è per lei che combatteremo. La nostra carne per lei, il nostro sangue per lei, la nostra anima per lei. Perché è lei che ci ha nutrito e ancora ci nutre. L’uomo bianco fa il male perché non ha più una madre. L’uomo bianco è orfano. E oggi noi, il popolo delle formiche, sconfiggeremo Capelli Gialli Custer e i suoi guerrieri. Perché noi il mondo lo sogniamo, perché siamo noi il sogno. Hoka hey!

Allora io mi impennai sulle zampe posteriori di mia iniziativa, folgorato dalla sua passione, e così fecero tutti gli altri cavalli, tutti Appaloosa come me. Quel giorno eravamo migliaia, tutti gli Appaloosa d’America. Gli esploratori avevano avvistato il 7° Cavalleria di Capelli Gialli Custer a pochi chilometri dal Little Big Horn. Il reggimento andava al passo. Con espressione spavalda Capelli Gialli Custer cavalcava innanzi a loro e indossava un completo militare color carta da zucchero, e non quella giacca di pelle di daino del colore della sabbia con le frange per le mosche come si vede nei film».
«E cosa sono questi fi… fi…?».
«I film sono il mondo come lo vedono i bianchi, sono i loro sogni. Ad ogni modo, Capelli Gialli Custer era vestito così, occhi turchini e giacca uguale. In cima a una collina si fermò a osservare un formicaio là in basso. Però in quel formicaio non c’erano formiche ma questo lui non lo sapeva. Allora sorrise trionfante. Divise il suo reggimento in tre colonne, cavalleggeri su cavalli Mustang, dal messicano Mestengo che viene dallo spagnolo Mesteno, che vuol dire cavallo non domato.
Tromba! urlò e un ragazzo gli trottò al fianco. Uomini, sciabola! Le colonne erano pronte, le sciabole appoggiate diritte alla spalla. Suona la carica, ragazzo. The show must go on! E il ragazzo cominciò a soffiare dentro una tromba tascabile della Guerra Civile, tutta ammaccata, intonando la Cavalcata delle Valchirie di Wagner. Uomini, noi siamo il 7° Cavalleria dell’Aria! Uomini, caricaaa! E così fu. Galopparono come furie, la colonna di Capelli Gialli Custer al centro e le altre due che si allargavano ai lati. Arrivarono di slancio all’interno del formicaio e capirono troppo tardi dov’erano finiti. I loro Mustang li disarcionarono, e quando arrivarono al galoppo le formiche guerriere, a migliaia, urlanti come lupi nella notte, dovettero combattere appiedati. Combatteva la formica e combatteva il suo cavallo, a calci e a morsi, hoka hey! I soldati si disposero in cerchio, e così uccisero e morirono. Capelli Gialli Custer stava al centro, e teneva la bandiera degli Stati Uniti in pugno e sparava con calma con una Colt Navy della Marina. Uccideva sei formiche e ricaricava. Uccideva sei formiche e caricava ancora. Sei alla volta. I suoi uomini cadevano intorno a lui. C’erano corpo a corpo furiosi ovunque, e nell’aria l’odore del sangue e della polvere da sparo. Cavallo Pazzo galoppò verso di lui. Doveva ucciderlo. Capelli Gialli Custer sparò. Un colpo, un altro. Sparò cinque colpi senza colpire il bersaglio. Gli restava un colpo, e lo sparò a se stesso, nella testa. Cavallo Pazzo gli volò addosso e alzò il coltello e fece per colpire. Allora si accorse che Capelli Gialli Custer era già morto. Cavallo Pazzo si alzò in piedi e gli sputò addosso tre volte.La battaglia era finita. Le formiche si fecero intorno a Cavallo Pazzo.

Che nessuno tocchi quest’uomo. Nemmeno il coraggio di morire ha avuto disse.

Poi mi saltò in groppa. Io mi presi un ricordo quel giorno, e ce l’ho qui con me. E’ quella tromba tascabile della Guerra Civile, e te la regalo. Mi sa che qualcuno dei tuoi discendenti ne saprà fare buon uso regalando bellezza al mondo».

Ed è andata proprio così, ciurma malefica. Allora, qualcuno ha trovato Pinocchio? Se non si fa vedere la parte del monello la dò a Huckleberry Finn. Ah, ancora una cosa. C’è chi dice che il colonnello George Fortebraccio Custer non sia morto e che non fosse nemmeno lui al Little Big Horn, ma un certo Erroll Flynn, un attorino di Hollywood. Come faccio a sapere queste cose? Diamine! Le chiedo a una tavoletta Ouija.
(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 5 dicembre avevo, fra l’altro, queste ipotesi:
1484: «Summis desiderantibus affectis»; 1784: muore Phillis Wheatley; 1901: nasce Heisenberg; 1934; l’incidente di Ual Ual, pretesto per aggredire l’Etiopia; 1941: contrattacco dell’Armata Rossa; 1847: la polizia uccide un operaio a Primavalle; 1952: Londra, «Great Smog»; 1955; sciopero contro bus segregati; 1970: «Morte accidentale di un anarchico» di Dario Fo; 2006: muore Ki-Zerbo; 2007: strageThyssen Krupp a Torino. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (
db)

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *