Scor-data: 7 ottobre 1976

Documenti segreti Usa accusano Kissinger per il golpe in Argentina

di David Lifodi (*)

Due giorni dopo il colpo di stato militare del 24 marzo 1976 che instaurò la dittatura in Argentina, l’allora segretario di Stato statunitense Henry Kissinger dette l’ordine di appoggiare politicamente il regime e offrire un consistente appoggio finanziario. “Prima avrete finito e meglio sarà”, disse Kissinger al ministro degli Esteri Cesar Augusto Guzzetti in merito alle torture e allo sterminio degli oppositori politici a cui aveva dato impulso la giunta militare. Quella conversazione tra Kissinger e Guzzetti, avvenuta il 7 ottobre 1976 e resa pubblica dal National Security Archives (Nsa) rivela, se ce ne fosse ancora bisogno, il coinvolgimento delle più alte cariche degli Stati Uniti nel golpe che portò il terrore in Argentina tra il 1976 e il 1982.

Il National Security Archives è un’organizzazione dedita alla ricerca e alla diffusione dei materiali desecretati dalla Cia: nel 2006 la Nsa ha reso pubbliche le trascrizioni di tutti i colloqui tra i militari argentini e la Casa Bianca. Ne emerge un quadro ampiamente conosciuto, quello del coinvolgimento Usa nelle dittature che hanno imposto il regime nei paesi del Cono Sur dell’America Latina, ma soprattutto viene sottolineato il ruolo di Kissinger come grande burattinaio delle torture e dei massacri che tra gli anni ’70 e ’80 hanno insanguinato il continente definito, proprio per questo motivo, desaparecido. Quello del 7 ottobre 1976 non era il primo colloquio tra Kissinger e i militari argentini: questi ultimi si attendevano da lui, e dalla Casa Bianca, il definitivo via libera per attuare una repressione indiscriminata. La licenza di uccidere era giunta qualche mese prima, in un memorandum datato giugno 1976, in cui Kissinger disse allo stesso Guzzetti: “Sappiamo che siete in difficoltà… sono tempi curiosi quelli in cui attività politiche, criminali e terroristiche tendono ad emergere senza una chiara separazione. Capiamo che dovete stabilire un’autorità… farò quel che posso”. Fu questa l’autorizzazione definitiva che il segretario di Stato statunitense fece giungere alla Casa Rosada, da cui sarebbero derivati trentamila desaparecidos e centinaia di campi di detenzione clandestini nella sola Buenos Aires. Il destino dei diritti umani in Argentina, in pratica, era appeso a Kissinger, il quale non mostrò alcun scrupolo o preoccupazione nemmeno quando William Rogers, segretario di Stato per le questioni interamericane, lo avvertì sulla posizione assai imbarazzante degli Stati Uniti a seguito dell’intensificarsi della repressione dei militari argentini. Alcuni dei documenti più scottanti che coinvolgevano Kissinger furono pubblicati nel libro di John Dinges Gli anni del Condor e furono ripresi dall’archivio del National Security Archives. In buona parte dei colloqui tra la Casa Rosada e gli Stati Uniti emerge la linea tracciata da Henry Kissinger: il golpe, le torture e le sparizioni si rendevano necessarie per ristabilire l’agibilità politica in un paese sconvolto da almeno un anno dagli scontri tra gli squadroni della morte filogovernativi e le organizzazioni guerrigliere. Ufficialmente, Kissinger ha sempre fornito questa spiegazione in merito alla situazione argentina: “Il nostro interesse è che la dittatura si consolidi”, ripeteva, suggerendo anche l’eliminazione di sindacalisti e politici, non solo dei guerriglieri”. Kissinger si preoccupò di coordinare il Plan Condor fin dai primi giorni della sua attuazione: fu grazie al suo lavoro di raccordo che gli apparati repressivi dei paesi del Cono Sur cominciarono a scambiarsi informazioni per cercare ed uccidere i dissidenti anche al di fuori del loro paese. Tra i primi a cadere nelle rete del Plan Condor una sessantina di appartenenti all’organizzazione guerrigliera OPR-33, identificati dall’intelligence uruguaiana con il sostegno delle polizie politiche degli altri paesi latinoamericani. Lo stesso ambasciatore statunitense in Argentina, Robert Hill, che pure aveva plaudito al colpo di stato definendolo come el golpe más civilizado de la historia, rimase disgustato dal cinismo di Kissinger in materia di diritti umani, tanto da chiedere la sospensione degli aiuti economici forniti a Buenos Aires da parte degli Stati Uniti. Decine di migliaia di oppositori politici argentini pagarono con la loro stessa vita l’appoggio degli Stati Uniti alla giunta militare nell’ambito della dottrina di sicurezza nazionale. I documenti dell’Nsa rivelano però altri aspetti del piano diabolico ordito da Kissinger. L’esperienza del colpo di stato cileno aveva insegnato agli Stati Uniti che l’appoggio della Casa Bianca al macellaio di turno non doveva essere divulgata in alcun modo per evitare le critiche a livello internazionale. Le immagini dello stadio di Santiago avevano fatto il giro del mondo e avevano provocato un certo isolamento internazionale degli Stati Uniti. Fu per questo motivo che Kissinger progettò una strategia che prevedeva una linea da tenere in pubblico ed una, clandestina, da tenere in privato. Prudenza ed equilibrio, quindi, nelle dichiarazioni ufficiali (vedi il sostegno finanziario concesso con il pretesto della crisi economica), e repressione selvaggia nei sotterranei di Buenos Aires insieme agli aguzzini della dittatura. Del resto, la stessa destituzione di Isabelita Perón avvenuta ad opera dei generali Videla, Agosti e Massera, era stata seguita con molta attenzione dagli Stati Uniti. Circa dieci anni fa Peacelink si rese protagonista di una coraggiosa iniziativa, chiedendo che a Kissinger fosse ritirato il Nobel di cui era stato insignito il 16 ottobre 1973 in relazione ai negoziati di pace in Vietnam. Poco più di un mese prima, l’11 settembre dello stesso anno, il segretario di Stato aveva svolto un ruolo di primissimo piano nel colpo di stato che avrebbe fatto cadere Salvador Allende a seguito dei bombardamenti sulla Moneda organizzati dai militari di Augusto Pinochet con il solito beneplacito statunitense. All’appello online di Peacelink aderirono oltre cinque mila persone. Questo l’atto d’accusa del sito pacifista: “Kissinger non merita quel Nobel, perché ha appoggiato i regimi militari sudamericani negli anni ’70 e ’80  e risulta coinvolto direttamente nelle trame che portarono all’instaurazione dei regimi latinoamericani”.

Una proposta: perché non riprendere quella campagna e attivarsi per togliere a Kissinger un riconoscimento, quello del Nobel per la Pace, che è del tutto estraneo alla sua cultura?

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili, molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (
pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su 
http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *