Scor-data: 9 gennaio 1959

«Mi chiamo Rigoberta Menchù»

di Remo Agnoletto (*)  

Rigoberta Menchù Tum è la vincitrice del premio Nobel per la pace 1992. La sua figura e la sua vicenda meritano di essere narrate e approfondite. Nasce il 9 gennaio 1959 in Guatemala, in un’aldea (piccolo villaggio) di nome Chimel nel municipio di S. Miguel de Uspatan nella regione del Quichè. La sua attività in favore del popolo guatemalteco ha inizio quando suo padre Vincente, insieme al figlio e ad altri compagni, occupa pacificamente l’ambasciata di Spagna a Città del Guatemala per richiamare l’attenzione internazionale sull’arbitraria espropriazione delle terre ai contadini e sull’oppressione che il governo esercita sulla popolazione indigena. Nell’assalto che ne seguì, da parte delle truppe militari guatemalteche, Vincente muore nell’incendio dell’ambasciata. Era il 31 gennaio 1980.

Nella durissima repressione degli anni successivi, Rigoberta riesce a sfuggire alle persecuzioni dei militari, nascondendosi anche sotto falso nome. Nonostante la perdita di tanti membri della sua famiglia e di altri della sua etnia, continua la sua lotta perché come lei stessa dirà «nella mia vicenda personale è racchiusa la condizione di tutto un popolo». Instancabile percorre le strade della Terra perché il suo Paese – come tutti quelli che hanno simili conflitti – possa giungere alla pacificazione e a una vera giustizia. Per questi motivi le viene riconosciuto il Nobel per la pace nel 1992 a 33 anni di età, come meritato premio per la sua opera di pace che dal piccolo Guatemala si era estesa a tanti altri popoli in lotta.

La popolazione indigena, quella dei Maya, è costituita da 22 etnie diverse (la Menchù è di etnia Quichè) e ognuna di queste etnie parla una lingua differente, per cui fanno fatica e a volte non riescono nemmeno a capirsi fra loro. La lingua ufficiale del Paese, che è il castigliano, è invece parlato da una ventitreesima etnia, quella dei ladinos, originariamente i meticci, cioè tutti coloro che, a prescindere dalle proprie condizioni economiche, rifiutano il retaggio della cultura indigena Maya. Il contrasto fra indios e ladinos è forte: anche se non tutti i ladinos sono ricchi molti lo sono e costituiscono l’etnia dominante, apparentata con il potere politico e militare, che disprezza e sfrutta le altre. Anche chi non è ricco, fra i ladinos, ritiene che gli indios siano esseri inferiori. Gli indios vivono quindi, nella grande maggioranza, in condizioni di estrema povertà, di sfruttamento e sono condannati a subire orrende ingiustizie.

Il merito di Rigoberta Menchù è duplice e può essere colto e sintetizzato con la lettura della sua biografia, intitolata «Mi chiamo Rigoberta Menchù» scritta in collaborazione con Elisabeth Burgos, una antropologa di origine venezuelana che le ha dato voce, essendo la Menchù, all’epoca della stesura del libro, praticamente analfabeta. Il primo merito è aver narrato e denunciato, attraverso la storia della propria vita, la condizione degli indigeni poveri del Guatemala, sfruttati in maniera indegna dai latifondisti e perseguitati dal potere politico e militare ogni volta che tentavano di rompere il loro stato di schiavitù. Secondo merito è l’aver portato a conoscenza di tutti il meraviglioso mondo culturale dei Maya, fatto di tradizioni di vita a contatto strettissimo con la natura, vista come una entità viva e benevola, con la quale interagire da quando si è ancora nel grembo materno fino alla morte.

La testimonianza della Menchù è fondamentale anche per farci capire come l’opera di informazione e di formazione delle coscienze, pur se produce risultati non immediati va sempre preferita alla lotta armata e alle azioni violente.

Una curiosità, che però può essere illuminante per farci capire lo stato in cui vivono gli indigeni Maya: nel 2007, quando era già da tempo un personaggio conosciuto e rispettato in tutto il mondo e aveva ottenuto il Nobel già da 15 anni, mentre era ospite di un grande albergo a Cancun (nota località turistico-balneare del Messico) la Menchù è stata cacciata dall’albergo stesso, perché scambiata per una mendicante, a causa del suo abbigliamento, tipico dell’india maya, che stava indossando evidentemente nel posto sbagliato.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

Remo Agnoletto

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