Ricordo di Francesco Rosi

Era nato il 15 novembre 1922

 

QUI Cristo si e fermato a Eboli (completo)

 

 

…Dopo Le mani sulla città – che tra l’altro fu la ragione per cui gli conferirono una laurea honoris causa in pianificazione territoriale e urbanistica – negli anni Settanta Rosi incontrava Gian Maria Volonté, il quale avrebbe girato con il regista il primo di una lunga serie di film. Era Uomini contro, una trasposizione del romanzo di Emilio Lussu Un anno sull’Altopiano, una denuncia pesantemente anti-autoritaria, che costò a Rosi una denuncia per “vilipendio dell’esercito”. L’intento era di mettere in scena le assurdità della guerra, la realtà di contadini che si trovavano da un giorno all’altro a dover accettare la chiamata alle armi come una sorta di calamità, a combattere per ideali astratti che non appartenevano loro, per cause incomprensibili che non facevano parte della loro vita. Con Volonté, negli anni successivi, Rosi girò poi altri lungometraggi – Il caso Mattei, Lucky LucianoCristo si è fermato a Eboli – così come continuò con gli adattamenti cinematografici di opere letterarie firmate da Sciascia, Gabriel García Márquez. Primo Levi. Con Il caso Mattei, Rosi mette assieme una serie di tecniche narrative, con un risultato incredibilmente complesso, una ulteriore nuova forma al cinema d’inchiesta: i punti di vista si mescolano – compreso il suo, che interviene in prima persona con domande e precisazioni – e si intrecciano con stralci documentaristici, come reportage televisivi e ricostruzioni accurate della vita del primo presidente dell’Eni. Una sorta di mosaico di informazioni che dà vita a un giallo politico rappresentativo probabilmente di tutte le più grandi doti del regista, un nuovo manifesto artistico della sua personalità cinematografica. Anche Lucky Luciano, uscito appena un anno dopo, nel 1973, si struttura sulla stessa base solida che Rosi utilizzava per costruire le sue inchieste, ovvero una meticolosa attenzione alla ricostruzione di un fatto storico che già di per sé è degno di essere raccontato, quasi come se si fosse scritto da solo per diventare un film.

Il percorso artistico di Francesco Rosi lo portò a mettere le basi di un genere che rimane interessante da esplorare: si può essere spettatori attivi e stimolati all’apprendimento di temi reali non solo attraverso i documentari, ma anche con il cinema d’inchiesta. Combinare quell’impulso etico-politico a una rappresentazione esteticamente appagante non è una cosa da poco, così come impegnarsi a fruire del cinema non solo come mezzo di intrattenimento ma anche come strumento di apprendimento e di stimolo alla coscienza. Ci sono stati anni in cui sembrava che questo impegno fosse un obbligo morale, come se ci fosse sempre un obiettivo più alto da raggiungere, una sorta di teleologia della cinematografia. È abbastanza inutile crogiolarsi nella malinconia del passato, ma è utile invece esplorarlo per trarne spunto; così come ha fatto Francesco Rosi con i film di Visconti e con il neorealismo, anche oggi si possono guardare i film di questo regista napoletano con gli occhiali a goccia dalle lenti ambrate sempre sul naso e interpretarli come fonte d’ispirazione o come un’ottima ragione per riflettere su qualcosa. Magari uno guarda Salvatore Giuliano e lo trova noioso, non ci trova nulla di affascinante nella rappresentazione della Sicilia degli anni Cinquanta in bianco e nero. Magari poi prova con Uomini contro e tutti quegli spari e quelle trincee gli sembrano ammorbanti, così come il trambusto dei palazzinari di Le mani sulla città. Oppure no, e scopre che in realtà i film inchiesta sono molto più avvincenti di quanto si possa pensare, specialmente se sono fatti bene come quelli di Rosi.

da qui

 

Sono confortato dall’esistenza di un regista come Francesco Rosi, che mi affranca un pochino da quel vago, vaghissimo senso di colpa che talvolta mi insidia quando sono costretto ad ammettere che i problemi sociali, le indagini sociologiche, le passioni politiche mi sono estranee o ancor peggio indifferenti. Il disagio, il senso di inadeguatezza, lo scontento, il sospetto di un’adolescenza protratta oltre i limiti, si dissolvono pensando che gli sdegni, le denunce, le polemiche, insomma, quel tipo di impegno in me così tiepido c’è qualcuno come appunto Franco Rosi che invece lo vive appassionatamente anche per me. Nella strada che abbiamo scelto e cioè fare cinema, Rosi è un compagno di viaggio ideale, fedele, coerente, un cineasta condottiero che riverbera il nostro mestiere di una dignità particolare, da crociato, vivendo il film come un’eroica impresa dove si richiedono volontà, ardimento, onestà, spirito di sacrificio. Quando so che sta per cominciare un nuovo film, è una notizia che mi fa piacere, ridona fiducia in un cinema non ancora interamente confinato nella sciatteria del pretesto e della approssimazione. Nei suoi film Francesco si esprime con talento, vigore, suggestione. È un uomo di cinema che pure raccontando storie del tempo in cui vive non ha rinnegato la grande lezione artigianale del buon cinema americano. E questo per quelli della mia generazione mi sembra gran merito.
(Federico Fellini)

 

Per me Francesco Rosi è uno dei grandi maestri del cinema contemporaneo. È riuscito a delineare un’intera cultura con grande sensibilità artistica, coniugata al suo occhio vigile di etnografo. I suoi film non sono né melodrammi, né thriller, fanno parte di un genere a sé, basato sulle realtà politiche. Sono film di un realismo illuminato: prima di tutto ti coinvolgono e poi esigono l’obiettività. Rosi ha spesso il rigore di Dreyer o di Bresson. Il suo cinema è gremito di momenti memorabili. Potrei parlare per ore intere solo di Salvatore Giuliano.
(Martin Scorsese)

 

Se penso all’Europa, penso a un regista da ammirare, Francesco Rosi. Francesco Rosi è realmente un regista innovativo. Ha realizzato un’opera cinematografica straordinaria sulla storia di Salvatore Giuliano, con immagini che lo raccontano, facendo in modo che lo si veda il meno possibile. Deve essere piacevolissimo ideare forma e contenuti, immaginare una certa visione delle cose, e poter realizzare il film senza grandi ostacoli. Immagino che anche in Europa esistano difficoltà da affrontare nell’ambito del sistema produttivo cinematografico, ma credo sia molto più faticoso lavorare nel sistema americano basato sul potere degli studios, dei sindacati (che non hanno fatto mai nulla di positivo per me, facendomi spesso perdere la testa), dalla stampa – anch’essa parte del gioco – e dei distributori. È come entrare in un particolare sistema vitale fatto di pesci piccoli e di pesci grandi pronti a divorare tutto. Penso a Francesco Rosi come a un autore che ha saputo attuare la possibilità di lavorare da vero artista, esprimendo davvero se stesso.
(Francis Ford Coppola)

 

Rosi bracca la menzogna, la insegue nei recessi, svela le apparenze ingannatrici di un mondo che agisce nell’ombra. Che intrigante oggetto di studio quello dell’ambizione, della sete di potere, della prevaricazione su un popolo o una società! Rosi rischiara di una luce nuova quello che, da Shakespeare a Brecht passando per Corneille, è sato il tema preferito dei grandi drammaturghi. I suoi film serrati come pugni, tesi come molle, gettano bruscamente in faccia allo spettatore il segreto che rinchiudono.
(Michel CimentDossier Rosi, Il Castoro – Museo Nazionale del Cinema, 2008)

http://distribuzione.ilcinemaritrovato.it/per-conoscere-i-film/le-mani/francesco-rosi

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

2 commenti

  • Giorgio Chelidonio

    Ho rivisto recentemente “Uomini contro” e alla scena “basta italiani” urlato dai mitraglieri austriaci ho per l’ennesima volta un nodo alla gola: mi faceva rivivere quello che mio padre, “ragazzo del ’98” mi raccontava delle sue esperienze in trincea, dal Carso a Caporetto. Rosi è stato, è un grande regista!!!

  • (dall’estero) ben d’accordo !

    PS. ed è stato anche lui un grande (scrittore), Lussu, col suo libro adattato da Rosi

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