Scor-date: ancora sul 12 settembre 2003

di Ismaele (*)

muore Johnny Cash

 

propongo tre modi per ricordare (o conoscere) Johnny Cash:

una bellissima biografia, un concerto dal vivo, del 1994, un bellissimo film,, “Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line, di James Mangold, del 2005, film nel quale Joaquin Phoenix “è” Johnny Cash.

 

Johnny Cash The man in black – Mauro Vecchio

 

Aveva il dono di far sentire chiunque la persona più importante del mondo. Johnny Cash è un vero eroe americano
(Kris Kristofferson)

Era una persona vera ed era straordinario. Quando ha cominciato a cantare ecco che tutta la sua malattia sembrava scomparsa. E ha riacquistato energia. Ho spesso sentito cose del genere, e spesso sono solo stronzate, ma questa era vera sul serio. Mentre sedevo là con lui e gli parlavo, mi chiedevo se sarebbe stato in grado di cantare una cosa qualsiasi. Ma poi quando si è seduto là c’era proprio questa forza vera, questa forza della natura che è uscita da lui. Poi dopo due ore, quando me ne sono uscito fuori, pensavo: accidenti, che cosa è successo? Quella era una cosa straordinaria. Mi sentivo come se avessi davvero visto qualcosa che per me era immensamente confortante, piena di ispirazione e davvero incredibile
(Nick Cave)

L’amore è qualcosa di incandescente e dà vita a un cerchio ardente. Guidato da un desiderio indomabile, sono precipitato in un cerchio di fuoco
(Johnny Cash)

Intro

L’impero di fango

Piccole statue sofferenti e frutta a cascata da una coppa di bronzo. I primi, scheletrici accordi di una nenia struggente. Una chitarra nera tra le braccia di un uomo anziano, capelli radi e bianchi, sguardo perso nel vuoto a ricordare qualcosa che sfugge. “Colpisco me stesso oggi, per vedere se provo qualcosa. Mi concentro sul dolore, l’unica vera cosa che c’è”.
C’è una bandiera americana e un museo chiuso al pubblico. Un tocco leggero di tasti per una decadenza fiera, di chi ha lottato, sudato e bruciato come un anello di fuoco. “Cosa sono diventato, amica mia dolcissima? Tutti quelli che conosco alla fine se ne vanno”.
C’è un treno e un uomo dallo sguardo intenso, sorridente. Poi un disco infranto. “Tu potresti averlo tutto, il mio impero di fango”. Dietro una casa bianca i sentimenti sembrano svanire. Una donna anziana e poi giovane fissa l’uomo con sguardo amorevole, ricolmo di dedizione. Seduto sulla sua “sedia da bugiardo”, bagna l’abbondante cibo con un calice di vino rosso. Forse un modo per iniziare di nuovo. Miglia e miglia lontano. Forse un modo per concludere un viaggio. Un viaggio d’amore, di fede. Il viaggio di una leggenda americana.

Hello, I’m Johnny Cash

Il piccolo J.R. Cash viene alla luce il 26 febbraio del 1932. E’ il terzo figlio per il mezzadro Ray Cash e sua moglie, Carrie Rivers. Entrambi di origini anglosassoni, i due non potrebbero essere più diversi. Lei, alta e socievole, vorrebbe dare al nuovo arrivato il nome di John, mentre lui, robusto e lunatico, vorrebbe chiamarlo come se stesso, Ray. Alla fine, J.R. sembra un buon compromesso nell’angusta casa dei Cash a Kingsland, Arkansas.
I primi anni 30, negli Stati Uniti, non rappresentano certo l’eden. La Depressione butta giù il prezzo del cotone e, di conseguenza, l’economia domestica di migliaia di coltivatori.
E’ il 1935 quando Ray Cash e i suoi figlioli si trasferiscono a Dyess, un progetto di colonizzazione nell’ambito del New Deal del presidente Roosevelt. Un viaggio per terre più fruttuose, per scacciare i fantasmi più cattivi. Dopo soli sei anni, il piccolo J.R. è già nei campi a dare una mano, portando l’acqua che serve per alimentare un sogno di tranquillità e prosperità.
E’, tuttavia, una vita programmata al secondo. J.R. ha subito voglia di evadere, almeno con la mente. Inizia lentamente a far entrare la musica dentro di sé, ascoltando i grandi programmi alla radio in diretta da Nashville o le canzoni di preghiera. A dodici anni, risponde alla chiamata cristiana e viene battezzato presso la First Baptist Church.
Musica e religione occupano improvvisamente il suo cuore, ma una piccola tragedia è appena dietro l’angolo. Nello stesso 1944, l’amato fratello maggiore Jack Cash trova la morte in un incidente con la motosega. Il padre, disperato, arriverà a incolpare J.R. dell’accaduto, dicendogli che sarebbe dovuto morire lui. L’evento lo porta a una sempre maggiore introspezione, introducendolo al piacere di scrivere storie e, soprattutto, di suonare la chitarra…

continua qui

 

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=3RJehnopgR0]

 

(*) Anche un anno fa in blog abbiamo dedicato una «scordata» a Cash: da queste parti lo amiamo assai.

Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info .

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *