Se la storia inciampa in Jean Pezet

E’ il 20 aprile 1961 quando si annuncia che “su richiesta del tribunale militare di Metz (…) e del Signor Generale del corpo d’armata, diamo citazione al nominato Pezet Jean, soldato di seconda classe (…) sui fatti del rifiuto di obbedienza”.

Anche chi ricorda o sa cosa fu la guerra d’Algeria – un milione di morti fra gli algerini e torture sistematiche organizzate dai comandi francesi – non ricorda il nome di Jean Pezet e magari neppure che il giorno dopo l’inizio di quel piccolo, insignificante processo, un gruppo di generali colonialisti tentarono un colpo di Stato contro De Gaulle che era disposto a trattare con i ribelli algerini.

Eppure la piccola storia di Jean Pezet, coraggioso obiettore, è importante proprio perchè sta dentro la macchina della Storia maiuscola che sembra inarrestabile e invece talvolta può essere inceppata o rallentata anche dai piccoli Pezet. O dai pochi corasggiosdi intellettuali francesi che (come Jean-Paul Sartre) denunciarono le torture. Ed è proprio perchè questi esempi di civile disobbedienza si perda che il potere cerca in ogni modo di cancellare i loro nomi. Grazie dunque a Enrico Peyretti che, quasi per caso, ha trovato questo libretto – stampato a cura dell’autore nel 1994 – e ha voluto tradurlo in italiano, trovando ascolto nelle edizioni Il pozzo di Giacobbe (0923 540339 se volete contattarle) che nel 2010 ha pubblicato “Tu non ucciderai: diario di un obiettore di coscienza alla guerra di Algeria” (164 pagine per 18 euri) con la bella prefazione di Raffaele Nogaro e una utilissima post-fazione di Sergio Tanzarella.

Sono abbastanza appassionato di storia eppure nel diario di Pezet come nella post-fazione ho trovato notizie importanti e sconosciute a me come (temo) ai più. Per citarne due soli le dimissioni del generale De Bollarderie o di Paul Teitgen (segretario della Prefettura di Algeri) contro la pratica delle torture. Coraggiosa e durissima la lettera di Teitgen che denuncia di aver “rivisto sui corpi martoriati dei prigionieri algerini gli stessi segni delle sevizie e delle torture da me subite da parte della Gestapo durante l’occupazione nazista”.

Verità difficili. E’ stato a lungo vietato in Francia “La battaglia di Algeri”, il bel film di Gillo Pontecorvo. Ma è forse bene ricordare che (dagli anni ’80) nelle sale francesi circola liberamente un filmone – con i pregi e difetti dei kolossal hollywoodiani – sugli orrori del nostro colonialismo: si chiama “Il leone del deserto” (ne ho già parlato su codesto blog) ma in Italia non circola grazie a una censura strisciante ma efficacissima.

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