«Se non puoi sedurla… puoi sedarla»

Lella Di Marco su una felpa fascioleghista : non un caso isolato ma tipico dell’Italia misogina e violenta

Ho appreso la notizia il 23 agosto da una pagina interna del quotidiano La Repubblica, accanto ad altre che riferivano di mogli uccise e di bambine abusate dai padri. Poi sui social la notizia è diventata “virale” tanto da suscitare anche una denuncia da parte di una associazione di avvocati che operano in difesa dei diritti umani.

Si tratta della scritta su una maglietta: «se non puoi sedurla ..puoi sedarla» esibita a una festa paesana in provincia di Verona da un vicesindaco di quella zona, forse leghista forse Fratelli d’Italia, forse marziano… perchè, a questo punto, tutti lo disconoscono.

Tutto come da copione, visto tante altre volte nel nostro “belpaese”.

Non intendo commentare né fare dell’ironia su tale pensiero raffinatissimo (tanto chiaro quanto sibillino) ma prenderlo a pretesto per introdurre altro su cui le donne – e non solo – da decenni pensano, riflettono, agiscono. Si mobilitano anche, prima di essere “sedate”… come giustamente era scritto nel cartello durante una manifestazione contro la violenza alle donne, dalla tomba non possono uscire.

Faccio riferimento a studi internazionali, ad analisi annualmente pubblicate dal World Economic Forum – rapporto Gender Gap Report – che, dati alla mano, quantifica nel tempo la portata della disparità di genere: in 134 Paesi monitorati si riconosce all’Italia un posto particolare fra le democrazie occidentali definendola “laboratorio sociale del maschilismo”. Infatti con dati allarmanti, il nostro Belpaese si distingue per l’ubiquità, la forza e la linearità del modello sessista voluto dalla Chiesa e da ampi settori della politica, dei media, della società. I media italiani sono “riconosciuti “ fra i più maschilisti d’Europa. La violenza sessista da noi è facilitata dal clima culturale e sociale, mentre nel lavoro e nella politica le italiane sono fra le ultime in Europa, per la qualità e quantità di impiego. I vertici ecclesiastici si permettono in Italia intromissioni impensabili in altri Paesi, soprattutto a proposito delle tematiche di genere.

Per non parlare di responsabilità nelle aziende, nell’informazione o nei vertici politici (dati forniti dal CENSIS) in cui la presenza femminile è irrisoria.

I media poi si distinguono per l’alto grado di stereotipi sessuali, a cominciare dalla pubblicità ma non solo.

E’ però nella politica che l’Italia ha conosciuto un degrado senza confronti nel mondo occidentale: le donne per lunghi anni sembravano il fiore all’occhiello dei partiti alla guida del Paese che però hanno utilizzato machismo e sessismo come strumenti di riconoscimento e consenso.

I legisti della prima ora tanto per fare un esempio (forse la nostra memoria è labile) cioè quelli del CELODURISMO, continuazione del FALLOCENTRISMO mai contrastato e debellato: sempre plaudenti, sghignazzanti nonché virilmente compiaciuti quando il maschio – leader e non – si abbandonava al turpiloquio e al gesto osceno. Tutto questo non lascia indifferenti. E’ un certo tipo di educazione, di formazione alla vita: un rito di passaggio per essere ottimo dirigente, amministratore, rappresentante, eletto el popolo in una società dal potere schiacciantemente maschile che, soltanto, nel simbolo di virilità intravede il suo strumento di comando: sedurre o sedare come parole d’ordine.

E’ ovvio che tale pensiero è arcaico (anche se oggi è espresso talora in forme meno rozze) e non viene fuori a caso. Io non voglio apparire la “grillo parlante” nel ripetere elaborazioni che hanno fatto la storia del pensiero femminile mondiale. Mi prendo soltanto lo spazio di ricordare la concezione sessista, la donna succube e la virilità del maschio latino che durante l’amplesso arrivava a rompere il letto… Tutti stereotipi celebrati durante il fascismo e ripetuti in miriadi di espressioni letterarie da D’Annunzio a Marinetti. Fallocrazia e naturalmente misoginia. Maschilismo e omofobia, difesa del maschio (settentrionale è meglio) e della razza: «prima gli italiani» appunto ma senza le italiane.

A conferma della teoria sostenuta da Adorno – e colleghi – che nel 1950 hanno affermato: «tali caratteristiche confermano quella che è stata definita una personalità autoritaria».

Fin troppo ovvio che questo è un pericolo per la nostra democrazia.

 

Non riteniamo significativo né utile inserire la foto con maglietta esibita dal vicesindaco in oggetto. Il problema non è lui: chiunque (nel gruppo dominante dei maschi) avrebbe potuto indossarla per autorappresentarsi e rappresentare pregiudizi, incultura, odio, ignoranza e violenza.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

3 commenti

  • Antonella Selva

    Riflessioni molto giuste che condivido in pieno e condivido la necessità di diffonderle il più possibile.
    A questo proposito racconto un episodio che mi ha molto amareggiato. Qualche giorno fa si parlava con i mei figli, un ragazzo di 21 anni e una ragazza di 18, di un disgustoso e offensivo gioco di carte di cui ci era arrivata notizia, che sembra si stia acquistando una certa popolarità tra i giovani (non solo maschi), in particolare universitari. Si tratta di un gioco dal funzionamento simile ai giochi di carte per bambini tipo yu gi oh, in cui ogni carta del mazzo possiede determinati “poteri” che interagiscono in vario modo con le carte degli aversari. Solo che, rivolgendosi a un pubblico giovane-adulto (ma evidentemente non più maturo del pubblico di yu gi oh!) e amante della trasgressione, il gioco in questione, chiamato “Squillo!”, ha uno sfondo pesantemente pornografico.
    Ma non è questo il grave, è triste ma non ci sarebbe davvero niente di nuovo. Quello che mi ha colpito, anzi ferito, è il compiacimento nel tono offensivo, degradante e deumanizzante nei confronti delle prostitute – definite sempre unicamente con la parola “troie” – che nel gioco rappresentano la merce, comprata, venduta, noleggiata o al limite fatta a pezzi per venderne gli organi da parte dei giocatori-papponi (o eventualmente nel ruolo di altre figure del sottobosco della malavita, che devono cercare di impadronirsi a loro volta di un certo numero di “troie” e farle fruttare al meglio per guadagnare punti-dollari).
    Siamo ben oltre il cattivo gusto. Il punto è che queste cose, se uno non le capisce da solo (come il sindaco della maglietta) è quasi impossibile spiegargliele, è come spiegare una barzelletta: poi non fa più ridere.
    La reazione dei miei due figli tardoadolescenti è stata opposta.
    Lei: disgustata, è andata immediatamente al punto: diffondendo questa robaccia si banalizza e si sdogana la violenza, si declassa l’abuso, non capirlo è da poveri imbecilli che suscitano più pena che rabbia;
    Lui: ecco, arriva la bacchettona, non sai stare allo scherzo, allora pensi che chi gioca a Risiko voglia davvero conquistare il mondo coi carriarmatini?
    Insomma il ragazzo ha scelto una lettura tutta goliardica della cosa, una specie di Animal house portato all’estremo.
    E il bello è che lui sarebbe il primo a redarguire severamente chiunque utilizzasse parole non politicamente corrette in ambito di colore della pelle. Però sul sessismo è cieco (e va detto a suo onore che mi sembra molto rispettoso e corretto nel suo rapporto di coppia).
    Essendo fratelli, gli input educativi familiari sono stati più o meno gli stessi. Cambia il genere e, evidentemente, dev’essere un fattore molto significativo per la capacità di provare empatia verso altre donne (ma perché poi? le donne non sono meno sensibili degli uomini verso le sofferenze di persone di genere maschile, ad esempio vittime dell’olocausto o dello schiavismo, perché allora gli uomini dovrebbero essere di default meno sensibili verso le sofferenze di persone di genere femminile?).
    Dal punto di vista culturale, in questa cecità di fronte al sessismo, anche in forme così eclatanti, io ci vedo divverse matrici. Da un lato la vecchia cultura patriarcale-fascista che ancora trova il modo di sedurre mascherandosi con venature goliardiche, irriverenti e falsamente trasgressive; dall’altro anche quell’immaginario violento, manicheo (con l’opposizione vincenti/perdenti che predomina su tutto), nichilista e dichiaratamente sessista che, da una certa sub-cultura dei ghetti americani si propaga attraverso cinema e rap e ripropone ai ragazzi il decrepito modello maschile del “duro” rivestendolo di una nuova patina glamour.
    Il giovane precario frustrato e umiliato italiano si identifica nel giovane gangster nero senza speranza dei vicoli di Atlanta?
    E qui sorge un altro grosso problema dell’attualità: l’evidente smarrimento dei giovani maschi, che dietro una maschera di tracotanza tradiscono fragilità e insicurezza, a fronte di ragazze che sembrano trovare sempre più il loro posto nel mondo. Il terremoto del femminismo sta ancora producendo forti scosse di assestamento…

  • Sexaul Insults to young girls and women is not unusual in England as well, but it is not something that you could easily hear in British society if they are used in public palces. The main reason for that is that respect must be safeguarded at any time. Insults, even those with sexual references, are subject to legal consequences, as a result of the Equality Act 2010.
    A woman has the right to report to the police any form of harassment, which could be seen in
    -spoken or written words or abuse,
    -offensive emails
    -images and graffiti
    -physical gestures
    -facial expressions
    -jokes

    Decency and decoration in public places is a “must,” people would not tolerate disrespect and disgraceful tones against everyone, including women. It is not just part of the British mentality, but it is also a legal policy that is fully employed everywhere within society. This does not mean that women’s issues have vanished, and we all live in a paradisiac environment. This means that TV, institutions, politicians, and so on must be aware of the legal consequences and more importantly of the public opinion if their words suggest discrimination.

    The slogan that Lella has mentioned in her article would have produced reactions of disdain and disgust in England , and perhaps brought to the attention of the authority if some organisations would put pressure on the case.

  • … il post è stato inserito in qualche pagina F.B. e purtroppo in una , nella zona del Garda, si sono scatenate le ire più furibonde contro il”falso problema” l’incapacità di chi scriveva a non sapere capire le manipolazioni delle false notizie-lei si, fascista che crede alla prima agenzia di stampa , pronta a denigrare i leghisti, come attacco a Salvini… ed altro che non ha senso riportare …La questione mi sembra grave sia perchè non dà possibilità di discussione sia perchè lancia soltanto odio rancore disprezzo vendetta…ma quello che mi PREOCCUPA, sinceramente è non riuscire ad intervenire sull’elemento culturale che c’è alla base del processo educativo e della formazione identitaria di maschi femmine e gay …Una lettrice invece suggerisce di lavorare sul valore semantico delle parole,anche di uso corrente, sulla loro ambiguità , sul linguaggio che denigra le donne, antico e sempre moderno in quanto , pur mantenendo il senso, si adegua alle mutazioni dei periodi storici. CREDO CHE SU QUESTO LA BOTTEGA POSSA INTERVENIRE , MAGARI NON ESSENDO ESPERTI LINGUISTI, CON LA COLLABORAZIONE DI MOLT* CHE ABBIANO UN CONTRIBUTO CONCRETO DA DARE.

Rispondi a lella di marco Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *